Seyman, Ingrid - La piccola conformista

estersable88

dreamer member
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La piccola conformista è un romanzo quasi completamente affidato alla voce di un personaggio. Basta sfogliare qualche pagina, leggere le prime righe, ed eccola lì l’eroina della storia, Esther Dahan. Comica, senza freni inibitori, tagliente, forse indimenticabile.
Esther è una bambina intimamente conservatrice, si autodefinisce «di destra» e si è trovata a crescere in una famiglia di sinistra negli anni Settanta a Marsiglia. Da irriducibile reazionaria sogna l’ordine, il rispetto delle regole, i «vestitini blu» delle brave ragazze cattoliche, desidera una vita inquadrata dalla normalità. In casa sua, a parte lei, tutti sono eccentrici, girano nudi, si lanciano piatti quando litigano, rifuggono regole e comportamenti conformisti, perbenisti, benpensanti. La madre, atea, anticapitalista e sessantottina, lavora come segretaria al municipio. Il padre è un ebreo francese nato in Algeria, ed esorcizza l’ansia di un prossimo olocausto stilando liste maniacali di compiti da svolgere. Si aggiungono poi un fratello minore iperattivo e i nonni paterni, che vivono nel ricordo nostalgico del glorioso passato nell’Algeria francese e trascorrono le giornate giocando alla roulette con i ceci, che serviranno poi a cucinare il cuscus domenicale.
L’esistenza di Esther subisce una svolta quando i genitori, imprigionati nelle loro contraddizioni, decidono inspiegabilmente di mandarla in pasto al nemico, ossia in una scuola cattolica nel quartiere più borghese di tutta Marsiglia. Esther trova forse il suo paradiso personale, osserva e riflette sullo stile di vita dei genitori, dei nonni, delle compagne così diverse da lei, fin quando un segreto custodito a lungo metterà tutto in discussione.
La comicità può raccontare anche gli aspetti più oscuri degli individui, l’ironia e la lucidità possono sondare il mistero della felicità e del dolore. In questo romanzo il desiderio di voler essere come tutti gli altri fa esplodere ogni logica parentale e ogni lessico familiare, e la quotidiana follia e normalità di una famiglia diventano lo strumento di un’appassionata ricerca di vita e di verità, con un sorriso a rischiarare il buio.

Esther, la voce narrante di questo libro, è certamente una narratrice provetta, precisa e puntuale (e con quel caratterino, come avrebbe potuto essere altrimenti?), che ci porta nella quotidianità della sua variopinta, sgangherata famiglia, senza nasconderci nulla. Conosciamo i Dahan così, come in un'onda d'urto, a partire dai loro comportamenti più intimi e privati, fino alle loro convinzioni politiche e culturali, ai loro problemi personali, alle loro debolezze e, solo in ultimo, a quel passato che definisce, condiziona e marca stretta la loro essenza. Una famiglia non convenzionale, anticonformista all'ennesima potenza, nella quale si ritrova incastrata una bambina che nulla, ma proprio nulla ha – o vorrebbe avere – in comune con i suoi familiari. Non dev'essere facile, per Esther, destreggiarsi fra le stramberie del padre e le crisi del fratello, mentre magari cerca approvazione dai compagni di quella scuola esclusiva a cui i suoi l'hanno iscritta a forza. Non dev'essere facile conformarsi alla massa, mantenendo salde le proprie convinzioni, se chi ti educa, ti forma, detta le regole e ti fa da esempio si comporta nel modo opposto al tuo. E sarà forse dovuto a questo che la voce narrante di Esther sembra così adulta, cresciuta, saggia, quasi snob nel suo perfezionismo bacchettone? Sarà forse per questo che, nel finale, sembra quasi che abbia addomesticato anche le emozioni più vere, spontanee e dirompenti? "La piccola conformista" è un bel libro che, con la voce di una bimba troppo cresciuta, fa riflettere sul multiculturalismo, l'intercultura, la libertà di dire, fare, essere ciò che si vuole e la molteplicità dei metodi educativi. Non solo, questo libro fa anche pensare, sotto traccia, a molte questioni culturali e sociali su cui il mondo non smette mai di interrogarsi da oltre quarant'anni. Da leggere, specie se cercate una lettura cuscinetto, leggera ma non troppo, intermedia tra due mattoni, qualcosa che non vi stanchi, ma al contempo vi faccia pensare.
 

alessandra

Lunatic Mod
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"Sono nata da destra, in una famiglia di sinistra [...], il giorno di Natale per la disperazione di quell'atea di mia madre che non mi aspettava così presto - e di quell'ebreo di mio padre".

Possibili spoiler

Così vede se stessa Esther, nata in una famiglia di sessantottini in cui vige la massima libertà di espressione: una famiglia in cui si circola nudi per casa, ci si lancia i piatti a vicenda e non esistono regole, se non quelle legate al rispetto di ogni categoria e all'inclusività.
Con un padre ossessivo, amante delle liste e terrorizzato da un nuovo Olocausto, una madre che aborre ogni conformismo e un fratello esagitato e iperattivo, Esther sogna ordine e normalità. Perciò, forte dell'appoggio del padre (che pure non sopporta), bancario in carriera che a poco a poco si sta allontanando dall'anarchia familiare, Esther si iscrive in una scuola per ricchi, dove le compagne sono cattoliche e possiedono enormi ville al mare...
Questo libro, narrato in prima persona dalla voce infantile di una protagonista fin troppo sveglia, ha un tono schietto e brillante, spesso sferzante. Ben scritto, scorrevole e vivace benché fino a un certo punto non succeda niente, diverte (le prime tre righe o scandalizzano o fanno piegare in due dalle risate) e rattrista. Tutto sommato, questa famiglia così squilibrata sembra mantenere un suo personale equilibrio, finché (SPOILER) le magagne non esplodono tutte insieme e il grottesco si trasforma in tragedia.
Mi è piaciuto molto: i personaggi sono descritti con cura attraverso i fatti, nel senso che l'autrice riesce a renderli vivi e a farci percepire con empatia le loro contraddizioni, a partire da Esther (sarà poi così conformista?). Mi è piaciuta la sincerità nel descrivere i sentimenti, l'amore si chiama amore, l'odio si chiama odio e se si desidera che una persona anche vicina muoia, viene detto apertamente. Altrettanto mi è sembrata realistica la rappresentazione dei disturbi mentali. Certo, una bambina per quanto precoce non parla come Esther, ma si può perdonare. Forse il finale è un po'...troppo.
 
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