Martone, Mario - Nostalgia

Ondine

Logopedista nei sogni
Mi è piaciuto molto, mi sono piaciuti la lentezza della narrazione, i dialoghi essenziali, le riprese labirintiche di una Napoli sofferente.
Il tema del doppio secondo me è reso molto bene, il protagonista è combattuto tra il desiderio di conservare la sua nuova identità confortante e il desiderio di riappropriarsi della sua adolescenza perduta attraverso l'incontro con il suo amico d'infanzia non volendo ammettere a se stesso l'utopia di questo desiderio. Ho trovato un'essenza crudelmente vera ed autentica nel raccontare questa storia. I due protagonisti mi sono piaciuti molto, Favino solitamente non mi piace perché lo vedo troppo "attore" mentre adoro Ragno, lo trovo di una naturalezza meravigliosa.
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
ATTENZIONE CI SONO MOLTE ANTICIPAZIONI. CHI NON LE VUOLE NON LEGGA

Prima di tutto vorrei fare una riflessione. Ammiro molto coloro che riescono a commentare un film in modo analitico, a criticare la fotografia, le luci, il ritmo, la sceneggiatura, la musica eccetera. Magari vorrei farlo e a volte ci ho anche provato, magari con un certo impegno ci riuscirei così così, ma sarebbe come parlare in una lingua non mia.
La mia prospettiva è emozionale, reattiva, introspettiva. Ad esempio, potrei dire che quando Felice compra la moto, lì è un punto di svolta del film che cambia ritmo e diventa un precipitare verso la rovina. E invece devo confessare che in quel momento io provo il desiderio di scrollarlo e di dirgli che è uno stupido bambino che si sta buttando a capofitto in un'illusione e che il passato, quando si tenta di farlo rivivere così com'era, è un mostro che divora.
Felice non ha dato un senso alla propria fuga, ha solo cambiato tutto: paese, lingua, usanze, religione, nell'illusione di rinascere. Poi torna nella città dove è avvenuto il trauma che ha cambiato la sua vita e senza averlo elaborato, spiegato, compreso, senza essersi riconciliato con il ragazzo che lui era allora, pretenderebbe di riallacciare i fili spezzati.
Non sto dicendo che tutti dovrebbero andare in terapia per dare un senso alla propria vita. Anche perché forse un senso definitivo non c'è mai, siamo noi che scegliamo la forma da dare ai nostri ricordi. Ma ricordare, rielaborare, sistemare, riappacificarsi, è un lavoro che va fatto per diventare adulti, per diventare consapevolmente la somma di ciò che siamo stati, (o vogliamo credere di essere stati), di ciò che crediamo di essere in quel momento e di quello che ancora ci aspettiamo di diventare.
*
Oltre a ciò trovo anche dolcissima ma velleitaria la pretesa di ritrovare in una sola volta l'intimità perduta con la madre. Farle cambiare casa, rivestirla di sana pianta, decidere di farle il bagnetto.. ma dai, non è una bambola, è una persona che da 43 anni vive la sua vita senza di te, e tu arrivi e vuoi gestire e organizzare la sua esistenza.
Io nel sorriso mite della madre quando lui le fa il bagno ci vedo rassegnazione, ma so per esperienza che i vecchi quando non possono più reagire e decidere la minima cosa della propria vita si lasciano morire.
Paradossalmente il personaggio più sano - non moralmente, è ovvio - è o'malomm.
Lui sa di essere una merda, sa di essere agli sgoccioli di un'esistenza schifosa, ma è la sua esistenza e lotta per salvarla. L'ha pure detto a quell'illuso di Felice, "Vattene", lo ha avvisato.
E quindi si comporta coerentemente.
Non che questo mi faccia contenta, ma era l'unico finale possibile, perlomeno in questo mondo.
Fine.🙋‍♀️
 
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isola74

Lonely member
Mi è piaciuto, e questo lo so, ma mi ha lasciato un magone indescrivibile.
Il film è bello: bello il ritmo che parte molto lento per poi accelerare nei vicoli della città, belli i contrasti tra passato e presente . Delicati i momenti con la mamma: tutti abbiamo pensato in un primo momento "ci poteva pensare prima" ma in realtà dopo capiamo che lui non è andato via ma è stato mandato via e questo rende tutto diverso e lo mette sotto un'altra prospettiva .
A differenza vostra io capisco anche la decisione di restare: la spiegazione sta tutta del titolo, nella nostalgia che chi è lontano da casa prova sempre. Dopo sedici anni la provo anche io che sono andata via di mia volontà😁
In napoletano c'è una parola precisa "appucundria" che è quasi intraducibile perché è uno stato d'animo più che un significato.
( OT c'è una bellissima canzone di Pino Daniele con questo titolo)
La chiave del film sta nel momento esatto in cui lui non riesce a trovare le parole in italiano e parla di getto in napoletano. Capita ancora oggi anche a me 😅quando mi arrabbio tanto, la prima frase che dico è sempre e solo in napoletano
 
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