annaluna
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Michele Mari è il mio scrittore italiano vivente preferito, ho una venerazione per lui sin dai tempi di Tu, sanguinosa infanzia,raccolta di racconti che mi ha
incantata...
il suo stile ricco, letterariamente aulico mi restituisce la mia lingua in tutte le sue sfumature e preziosità...
i temi a lui cari sono gli stessi a me più cari, quindi l'adesione al suo immaginario è per me totale...
"In genere, più io sono autentico, più parlo di cose urgenti, imbarazzanti, più sento classicisticamente il bisogno di cristallizzarle in una forma alta. L'impressione di molti è che proprio per questa forma in punta di penna io non ci metta le viscere. Per me, invece, tanto di visceralità, tanto di cristallizzazione. Mi sembra poi che abbia preso piede in questi ultimi quindici anni un'idea molto giornalistica della letteratura, un'idea dello scrittore come testimone del proprio tempo, anche dal punto di vista linguistico, che io rifiuto." (Michele Mari, da Avvenimenti, 19 mar 97)
Figlio del designer e artista Enzo Mari, insegna letteratura Italiana all'Università Statale di Milano.
Filologo e cultore di fantascienza (v. Le copertine di Urania in Tu, sanguinosa infanzia, 1997) e di fumetti. Nei suoi racconti ricorre spesso il tema dell'infanzia, o della prima giovinezza, come momento da conservare avidamente (vedi per tutti il racconto I palloni del signor Kurtz, in Euridice aveva un cane, 1993), dell'ossessione postuma per la vita non vissuta (Euridice aveva un cane nella raccolta omonima, 1993, Rondini sul filo, 1999), della letteratura come succedaneo della vita, della memoria e dei suoi meccanismi (Verderame, 2007). Nemico del mutamento (quindi della modernità nelle sue forme più appariscenti e volgari), che è vista come forma di morte, argomenta che le cose permangono solo quando le perdi: come i vecchi giocattoli, che se nessuno viene a rubarteli perderai per sempre: per ignavia, per distrazione. Altrettanto nemico dell'enfasi, prono anzi ad adottare un tono aulico e gelido, quanto più l'emozione si fa cocente. Il suo stile letterario, estremamente composito, trova i riferimenti più plausibili, nella letteratura italiana, in Carlo Emilio Gadda, in Tommaso Landolfi e in Giorgio Manganelli, e fuori d'Italia in Louis-Ferdinand Céline (soprattutto in Rondini sul filo). L'ultimo romanzo, il breve Verderame, mantenendo intatti i caratteri principali dei precedenti, adotta una struttura a investigazione con tocchi di horror e un ambiguo finale sovrannaturale.
Rilevante anche l'attività critico-filologica e saggistica, volta soprattutto alla letteratura italiana del Sette-Ottocento (L'Iliade di Vincenzo Monti, 1982, Venere celeste e venere terrestre, 1988, Momenti della traduzione fra Settecento e Ottocento, 1994) e alla letteratura fantastica in chiave comparatistica (I demoni e la pasta sfoglia, Quiritta 2004).
incantata...
il suo stile ricco, letterariamente aulico mi restituisce la mia lingua in tutte le sue sfumature e preziosità...
i temi a lui cari sono gli stessi a me più cari, quindi l'adesione al suo immaginario è per me totale...
"In genere, più io sono autentico, più parlo di cose urgenti, imbarazzanti, più sento classicisticamente il bisogno di cristallizzarle in una forma alta. L'impressione di molti è che proprio per questa forma in punta di penna io non ci metta le viscere. Per me, invece, tanto di visceralità, tanto di cristallizzazione. Mi sembra poi che abbia preso piede in questi ultimi quindici anni un'idea molto giornalistica della letteratura, un'idea dello scrittore come testimone del proprio tempo, anche dal punto di vista linguistico, che io rifiuto." (Michele Mari, da Avvenimenti, 19 mar 97)
Figlio del designer e artista Enzo Mari, insegna letteratura Italiana all'Università Statale di Milano.
Filologo e cultore di fantascienza (v. Le copertine di Urania in Tu, sanguinosa infanzia, 1997) e di fumetti. Nei suoi racconti ricorre spesso il tema dell'infanzia, o della prima giovinezza, come momento da conservare avidamente (vedi per tutti il racconto I palloni del signor Kurtz, in Euridice aveva un cane, 1993), dell'ossessione postuma per la vita non vissuta (Euridice aveva un cane nella raccolta omonima, 1993, Rondini sul filo, 1999), della letteratura come succedaneo della vita, della memoria e dei suoi meccanismi (Verderame, 2007). Nemico del mutamento (quindi della modernità nelle sue forme più appariscenti e volgari), che è vista come forma di morte, argomenta che le cose permangono solo quando le perdi: come i vecchi giocattoli, che se nessuno viene a rubarteli perderai per sempre: per ignavia, per distrazione. Altrettanto nemico dell'enfasi, prono anzi ad adottare un tono aulico e gelido, quanto più l'emozione si fa cocente. Il suo stile letterario, estremamente composito, trova i riferimenti più plausibili, nella letteratura italiana, in Carlo Emilio Gadda, in Tommaso Landolfi e in Giorgio Manganelli, e fuori d'Italia in Louis-Ferdinand Céline (soprattutto in Rondini sul filo). L'ultimo romanzo, il breve Verderame, mantenendo intatti i caratteri principali dei precedenti, adotta una struttura a investigazione con tocchi di horror e un ambiguo finale sovrannaturale.
Rilevante anche l'attività critico-filologica e saggistica, volta soprattutto alla letteratura italiana del Sette-Ottocento (L'Iliade di Vincenzo Monti, 1982, Venere celeste e venere terrestre, 1988, Momenti della traduzione fra Settecento e Ottocento, 1994) e alla letteratura fantastica in chiave comparatistica (I demoni e la pasta sfoglia, Quiritta 2004).