Recchia, Roberta - Tutta la vita che resta

qweedy

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"Un esordio potente, con personaggi che entrano nel cuore, come Marisa e Stelvio Ansaldo, che nella Roma degli anni Cinquanta si innamorano nella bottega del sor Ettore, il padre di lei. La loro è una di quelle famiglie dei film d’amore in bianco e nero, fino a quando, anni dopo, l’adorata figlia sedicenne Betta – bellissima e intraprendente – viene uccisa sul litorale laziale, e tutti perdono il proprio centro. Quell’affetto e quella complicità reciproca non ci sono più, solo la pena per la figlia persa per sempre. Nessuno sa, però, che insieme a Betta sulla spiaggia c’era sua cugina Miriam, al contrario timida e introversa, anche lei vittima di un’indicibile violenza. Sullo sfondo di un’indagine rallentata da omissioni e pregiudizi verso un’adolescente che affrontava la vita con tutta l’esuberanza della sua età, Marisa e Miriam devono confrontarsi con il peso quotidiano della propria tragedia. Il segreto di quella notte diventa un macigno per Miriam fin quando – ormai al limite – l’incontro con Leo, un giovane di borgata, porta una luce inaspettata: l’inizio di un amore che fa breccia dove nessuno ha osato guardare."

In questo libro si assiste a un “prima” e a un “dopo”, dove nulla è più, dove tutto svanisce in un soffio. Che accade? Si può sopravvivere alla terribile morte di un figlio? Si può sopravvivere a una violenza inaudita, del tutto gratuita e immorale? È come un film degli anni Cinquanta in bianco e nero, che a tratti diventa a colori, per poi spegnersi in un lungo buio che attanaglia il cuore e i sentimenti di chi legge.
Un bell'esordio, l'ho letto con piacere!
 

estersable88

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Ci sono eventi che, inevitabilmente, cambiano le vite di chi si ritrova a viverli: piombano come macigni su quelle che prima erano persone normali, che semplicemente vivevano la loro vita senza far male a nessuno, e la stravolgono, quella vita, la straziano, i sentimenti ridotti a gusci vuoti, molli e informi, i cuori fatti a brandelli sfilacciati ed impossibili da ricucire. Uno di questi eventi – la morte violenta, ingiusta e inspiegabile della figlia adolescente – ha colpito e schiacciato Marisa e Stelvio Ansaldo, una famiglia romana in vacanza sul litorale laziale negli anni '80. Gli Ansaldo erano una famiglia comune, formatasi negli anni '50 con qualche iniziale tentennamento tramutatosi poi in un amore saldo e lieto. Padre, madre, nonna e Betta, l'irrequieta e solare figlia minore (il maggiore era stabilmente all'estero) solevano passare qualche settimana a Torre Domizia in villeggiatura, e quell'anno con loro c'era anche Miriam, la cugina di Betta, adolescente anche lei, ma al contrario timida, introversa e perfettina. C'era anche lei, sulla spiaggia, la notte in cui Betta fu uccisa, solo che non se ne accorse nessuno della famiglia, perché Miriam il suo trauma e il suo dolore aveva scelto di tenerseli dentro, insieme alla colpa, tanto forte da logorarla, tanto straziante da divorarla. Ci è voluta la semplicità di Leo, un ragazzo di borgata, uno che spacciava per necessità, uno schietto e sanguigno. Ci sono voluti i suoi buoni sentimenti, la tigna e la pazienza per scardinare le reticenze di quella ragazza ridotta all'ombra di se stessa e raggiungere finalmente un'amara, dolorosa verità. E nonostante l'ipocrisia, la cieca ottusità, l'egoismo nel dolore, la lezione era lì, alla portata di tutti: nessuno è immune dal dolore, certe disgrazie cambiano tutti, nessuno escluso. Ma, se pur flebile, una speranza di rinascere c'è: un modo per trovare pace forse c'è e passa per un turbante colorato, una collana coi coralli e, ineluttabilmente, per la verità. No, non è facile reagire a tanta sofferenza, ce lo mostra chiaramente Roberta Recchia in queste pagine piene di sentimenti forti e di vita vissuta, però è necessario… per sopravvivere, anzi, per tornare a vivere.
Non è un libro facile, "Tutta la vita che resta": è intriso di dolore, di angoscia, fa arrabbiare e piangere e sorridere, come fanno tutti i libri che sanno raccontare i sentimenti in modo vero, non annacquato e superficiale. E non sono annacquati o superficiali neanche i personaggi: ci sembra di toccare le loro emozioni, li sentiamo vivi accanto a noi mentre ci immergiamo nelle loro vite col rispetto che si conviene. Stelvio, Marisa, Corallina, Leo, la stessa Miriam mettono a nudo i loro sentimenti davanti a noi, perciò meritano comprensione e rispetto. E noi? Cosa ci meritiamo noi? Questa storia ci insegna che meritiamo ascolto senza pregiudizi, comprensione e – sempre – una seconda possibilità: diamoci tutto questo prima – e a prescindere – che siano gli altri a farlo.
 
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