Grossman, Vasilij - Stalingrado

francesca

Well-known member
Bellissima lettura, interessante sotto tutti i punti di vista.
Un romanzo “russo” quasi ottocentesco, del respiro di quelli di Tolstoj, a cui Grossman si è ispirato nemmeno nascostamente, perché la sua idea era proprio di scrivere il “Guerra e pace” del Novecento che rendesse giustizia al grande popolo sovietico e al suo sacrificio durante la II Guerra Mondiale.
Benchè al momento di raccontare la vicenda dell’assedio di Stalingrado da parte delle forze naziste, Grossman fosse completamente allineato al regime, nei personaggi, nelle loro vicende, nelle considerazioni più o meno moraliste disseminate qua e là, si avvertono dubbi e critiche, mai diretti, ma che sembrano nascere quasi spontaneamente nel raccontare con la maggiore onestà possibile fatti veramente accaduti e a cui Grossman stesso aveva assistito come corrispondente di guerra.
E’ una lettura che fa bene, perché fa comprendere la sproporzione fra lo sforzo bellico sostenuto in termini di vite umane dall’URSS durante la II Guerra Mondiale e quello di tutto il resto degli Alleati.
Grossman scende in tanti dettagli nello spiegare come il fronte di guerra si muove, cerca di immedesimarsi anche nel nemico creando personaggi plausibili anche per il fronte nazista, che evolvono e cercano giustificazioni alla crudeltà a cui l’idea della razza superiore li spinge. Sembra che abbia bisogno lui stesso di trovare una giustificazioni agli orrori a cui ha assistito come corrispondente di guerra e ebreo, fra i primi giornalisti ad entrare nel campo di concentramento di Treblinka al seguito dell'Armata Rossa.
Una lettura che mi ha lasciato molto, soprattutto mi ha fatto capire che anche se ci fa piacere pensare che ci hanno liberato gli Americani e che la svolta della lotta al nazismo sia stato lo sbarco in Normandia, questa è una lettura degli eventi parziale e che volenti o nolenti, dobbiamo la nostra libertà anche a milioni di sovietici.
Di sicuro voglio proseguire con la lettura di Vita e destino.
 

MonicaSo

Well-known member
È stata una lettura impegnativa, e non solo per la lunghezza del romanzo (che comunque non finisce, è la prima parte di una duologia), ma soprattutto per l'argomento della guerra.
Ho capito cosa si intende avvicinando questo romanzo a Guerra e Pace, anche se Grossman non è Tolstoj e qui mancano le feste, i balli, le ragazze sorridenti... qui c'è miseria, polvere, spari, morte... e un popolo indomito che non cede mai. Questo è il popolo russo e mi sono sorpresa ad ammirarlo ma anche a chiedermi: un popolo che ha sofferto questo, che sa cosa vuol dire una guerra in casa, che ha visto crollare le sue città... può accettare di fare lo stesso ad un altro popolo?
Come si può non imparare, non riflettere, non cambiare?
A cosa serve sperare in un mondo migliore quando si continuano sempre e sempre e sempre a rifare gli stessi errori, a riproporre gli stessi crimini, a distruggere nuove città, nuove vite, a spezzare la speranza di nuove generazioni?

Penso leggerò anche la seconda parte, Vita e destino, appena avrò "digerito" l'enorme tristezza che mi ha lasciato questa prima parte
 
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