Conoscevo vagamente il regista e ammiravo il suo coraggio, ma questo è il suo primo film che vedo. Panahi ha unito due storie reali: i consigli a lui richiesti da aspiranti attori e registi tramite messaggi e video e la vicenda di una ragazza che si era tolta la vita perché la famiglia non le permetteva di fare l'attrice. Il film inizia con un video disturbante, inviato da una ragazza a un'attrice famosa, che termina con il presunto suicidio della ragazza dovuto al fatto che la sua famiglia non le permette di seguire la sua strada nel mondo del cinema. Segue la ricerca, da parte del regista e dell'attrice famosa, della ragazza (morta o viva?) e del suo mondo. Quello che ci viene mostrato è un ambiente fuori dal tempo, tanto affascinante agli occhi di uno spettatore estraneo quanto limitante e dannoso per chiunque voglia intraprendere una strada diversa da quella prestabilita dalla famiglia e dal contesto sociale, specialmente se donna. Mi ha colpito il termine "intrattenitrice" (l'ho visto in lingua originale con i sottotitoli) rivolto alle attrici e alle donne "emancipate". Ho riflettuto sulla madre della ragazza, condiscendente verso un sistema che, si capisce, ritiene sbagliato, perché una donna non ha altra scelta che accettare ciò che le è stato imposto dalla vita. Forse per qualcuna delle nuove generazioni c'è ancora una speranza, ma è necessario avere molto coraggio e un carattere particolarmente forte, disposto a mettersi contro tutto e tutti pur di affermarsi in qualsiasi campo. Sembra strano che una mentalità del genere possa coesistere con la modernità dei videomessaggi, tanto più con l'inganno dei media. Due estremi nello stesso mondo.