La vita "è come stare in bocca a un pescecane, che qualche volta si addormenta e allora, se hai fortuna, riesci a sgusciare via".
E' la storia della famiglia Sevilla Mendoza, sarda "fin dal Paleolitico", originalissima così come tutte le famiglie narrate da Milena Agus, di cui "Mentre dorme il pescecane" è il mio romanzo preferito.
C'è un padre "fantasma", estroso e vitale ma poco tagliato per stare in famiglia; una madre triste e tenera, che vive nel suo mondo e quasi chiede scusa di esistere; una zia piuttosto vivace, colta e ironica, che cerca spasmodicamente l'uomo della propria vita commettendo un errore dietro l'altro; c'è il figlio, la nonna e infine la figlia diciottenne, alla quale l'autrice affida la propria "penna", forse per potersi permettere una semplicità e una spontaneità che sembrerebbero poco naturali in una persona più adulta.
E poi c'è Dio, o non c'è?
Ciò che secondo me rende unici i romanzi della Agus, e questo in particolare, è il contrasto tra il tono quasi infantile della narrazione e i contenuti crudi e consapevoli, oltre al perfetto mix di realistico pessimismo e fantasia sfrenata (i colpi di scena non mancano...).
Questo libro è stato criticato da molti per l'eccessiva crudezza nel descrivere lo squallore della relazione sado-maso dell'io narrante con un uomo sposato; confermo che queste descrizioni sono un pugno nello stomaco, ma secondo me l'autrice è bravissima anche nel "voltare pagina" prima di provocare nel lettore l'istinto di chiudere il libro.
Lo consiglio assolutamente.
E' la storia della famiglia Sevilla Mendoza, sarda "fin dal Paleolitico", originalissima così come tutte le famiglie narrate da Milena Agus, di cui "Mentre dorme il pescecane" è il mio romanzo preferito.
C'è un padre "fantasma", estroso e vitale ma poco tagliato per stare in famiglia; una madre triste e tenera, che vive nel suo mondo e quasi chiede scusa di esistere; una zia piuttosto vivace, colta e ironica, che cerca spasmodicamente l'uomo della propria vita commettendo un errore dietro l'altro; c'è il figlio, la nonna e infine la figlia diciottenne, alla quale l'autrice affida la propria "penna", forse per potersi permettere una semplicità e una spontaneità che sembrerebbero poco naturali in una persona più adulta.
E poi c'è Dio, o non c'è?
Ciò che secondo me rende unici i romanzi della Agus, e questo in particolare, è il contrasto tra il tono quasi infantile della narrazione e i contenuti crudi e consapevoli, oltre al perfetto mix di realistico pessimismo e fantasia sfrenata (i colpi di scena non mancano...).
Questo libro è stato criticato da molti per l'eccessiva crudezza nel descrivere lo squallore della relazione sado-maso dell'io narrante con un uomo sposato; confermo che queste descrizioni sono un pugno nello stomaco, ma secondo me l'autrice è bravissima anche nel "voltare pagina" prima di provocare nel lettore l'istinto di chiudere il libro.
Lo consiglio assolutamente.