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Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
Le grida di Giordano Bruno ............... di José Saramago
(Traduzione di Guido del Giudice)

In definitiva, non è grande la differenza che passa tra un dizionario e un comune cimitero. Le tre righe secche e indifferenti con cui, nella maggior parte dei casi, i dizionaristi riassumono una vita, sono l’equivalente della liscia sepoltura che accoglie i resti di quelli che (mi si perdoni il facile gioco di parole) non lasciano resti.
La pagina piena, con firma e fotografia, è il mausoleo di pietra buona, porte di ferro e corona di bronzo, più il pellegrinaggio annuale. Però il visitatore farà bene a non lasciarsi confondere dalle facciate architettoniche, dalle sculture e le croci, dalle statue piangenti di marmo, da tutto lo scenario che la morte apprezza da sempre.
Ugualmente dovrà prestare attenzione, se si trova in campo aperto, senza riferimenti, al luogo dove poggia i piedi, acché non succeda che sotto le sue scarpe si trovi l’uomo più importante del mondo. Non va a calpestare, c’è un ostacolo, la sepoltura di Giordano Bruno, perché egli fu bruciato a Roma, arse atrocemente come arde il corpo umano, e di lui, che io sappia, neanche le ceneri si conservano. Però allo stesso Giordano, affinché tutte le cose stiano nei posti che loro competono e giustizia alfine si faccia, furono riservate quattro righe in questo dizionario biografico.

In così poco spazio, in così poche lettere, lì, tra la data di nascita (1548) e la data di morte (1600), dei dati di un universo personale che visse nel mondo poco si dice: italiano, filosofo, panteista, domenicano, lasciò l’ordine religioso, si rifiutò di rinunciare alle sue idee, fu bruciato vivo.
Niente di più. Nasce e vive un uomo, lotta e muore, così per questo. Quattro righe, riposa in pace, pace per la tua anima, se in lei credevi. E facciamo bella figura tra amici, in società, in una riunione, al tavolo del ristorante, in una discussione approfondita, se lasciamo cadere adeguatamente, in un modo semplice e saggio, la mezza dozzina di parole che usiamo come un grimaldello e con le quali immaginiamo di poter aprire una vita e una coscienza.

Ma, per nostro disaccordo, se siamo in un momento di lucidità, le grida di Giordano Bruno irrompono come un’esplosione che ci strappa dalle mani il bicchiere di whisky e ci cancella dalle labbra il sorriso intellettuale che siamo soliti assumere per parlare di questi casi.
Si, questa è la verità, la scomoda verità che viene a distruggere il piacevole rapporto del dialogo: Giordano Bruno gridò quando fu bruciato. Il dizionario dice solamente che egli fu bruciato, non dice che gridò. Allora, che dizionario è questo che non informa? Perché dovrei volere una biografia di Giordano Bruno che non parla delle grida che lanciò lì, a Roma, in una piazza o in un cortile, con gente tutt’intorno, alcuni che attizzavano il fuoco, altri che assistevano, altri che serenamente stilavano l’atto di esecuzione?

Dimentichiamo troppo spesso che gli uomini sono fatti di carne facilmente rassegnata. E’ dall’infanzia che i maestri ci parlano di martiri, che diedero esempi di civiltà e di morale a loro spese, ma non ci dicono quanto doloroso fu il martirio, la tortura.
Tutto rimane in astratto, filtrato come se guardassimo, a Roma, la scena attraverso spesse pareti di vetro che ammortizzano i suoni, e le immagini perdessero la violenza del gesto per opera, grazia e potere di rifrazione.
E allora possiamo dirci tranquillamente l’un l’altro che Giordano Bruno fu bruciato.
Se gridò, non lo sentiamo. E se non lo sentiamo, dove sta il dolore?
Ma gridò, amici miei. E continua a gridare.



Fonte:http://www.guidodelgiudice.it/wp-content/uploads/2016/09/Saramago_Le-grida-di-Giordano-Bruno.pdf
 

Shoshin

Goccia di blu
Shantaram di Gregory David Roberts.
1177 pagine donatemi da un amico.
Scritto fittamente...
E come farò a leggerlo?
🤔
 

Shoshin

Goccia di blu
licensed-image.jpg


Gregory David Roberts
autore di Shantaram.


Forse lo potrò leggere da sola.
Ho pensato di scrivere una specie di diario
di lettura.
Non una recensione,un diario.
Appunti lungo la lettura.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
diario
di lettura
Puoi farlo anche qui sul forum. C'era una volta nella sezione gruppi di lettura. Anche io ne feci uno.
 
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Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
I dieci diritti del lettore [secondo Daniel Pennac]

1. Il diritto di non leggere. Il primo e più importante dei diritti, il diritto di non leggere è fondamentale perché rende la lettura una scelta. È legittimo preferire, alla lettura di un libro, la visione di un film, un’ora di sonno, un’ora di corsa, una partita a calcio o a pallavolo…
2. Il diritto di saltare le pagine. Se il libro è noioso, abbiamo il diritto di saltare qualche pagina, nella speranza che la narrazione migliori, che la trama diventi più avvincente, che il saggio sia meno soporifero. O per arrivare il prima possibile all’ultima pagina.
3. Il diritto di non finire il libro. Non è obbligatorio finire un libro che si è iniziato, eppure abbiamo provato tutti quel senso di inadeguatezza che si prova nell’abbandonare la lettura di un libro definito un classico, un capolavoro. Abbiamo vissuto questo abbandono come una sconfitta. In realtà, lasciare un libro a metà è un nostro inalienabile diritto.
4. Il diritto di rileggere. Tanti si chiedono perché stai leggendo ancora quel libro, “Ma non l’hai letto già tre volte?”. E allora? Qual è il problema? Rileggere ciò che abbiamo amato è stimolante, permette di entrare ancor più in empatia con uno scrittore e le sue opere.
5. Il diritto di leggere qualsiasi cosa. Abbiamo il diritto di leggere ciò che vogliamo, dal rosa al giallo, dal thriller allo storico, dai romanzi definibili con un genere ai romanzi non definibili. Nessuno ha il diritto, invece, di criticare le scelte di lettura delle altre persone.
6. Il diritto al bovarismo. È il diritto a emozionarsi, a lasciarsi prendere dalla storia. Il diritto a piangere, se è il caso. È «la soddisfazione immediata ed esclusiva delle nostre sensazioni: l’immaginazione che si dilata, i nervi che vibrano, il cuore che si accende, l’adrenalina che sprizza, l’identificazione che diventa totale e il cervello che prende (momentaneamente) le lucciole del quotidiano per le lanterne dell’universo romanzesco».
7. Il diritto di leggere ovunque. I luoghi dedicati alla lettura ci sono ma non sono gli unici posti in cui si può prendere un libro e leggere. Certo, è bello leggere in biblioteca e in libreria, ma è altrettanto bello leggere in metro, sull’autobus, su una panchina, in coda al bancomat, e anche camminando (stando attenti ai pali).
8. Il diritto di spizzicare. Abbiamo il diritto di leggere un paio di pagine, una pagina o anche solo qualche riga, per poi lasciare quel libro, prenderne un altro e far con quello la stessa cosa. «È la libertà che ci concediamo di prendere un volume a caso della nostra biblioteca, di aprirlo, dove capita e immergercisi un istante, proprio perché solo di quell’istante disponiamo. […] Quando non si ha né il tempo né i mezzi per concedersi una settimana a Venezia, perché negarsi il diritto di passarvi cinque minuti?».
9. Il diritto di leggere ad alta voce. Perché leggere a voce alta? «Per la meraviglia. Le parole pronunciate si mettevano ad esistere al di fuori di me, vivevano veramente».
10. Il diritto di tacere. «L’uomo costruisce case perché è vivo, ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in un gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire. […] Le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere. E nessuno è autorizzato a chiederci conto di questa intimità»
 

Shoshin

Goccia di blu
Puoi farlo anche qui sul forum. C'era una volta nella sezione gruppi di lettura. Anche io ne feci uno.
🙂Grazie.Questo mi conforta.
Oramai sono soltanto una piccola lettrice solitaria.
Scriverò un mio diario su questo libro.
Appunti sparsi.
 
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