Credo di non aver mai letto un’opera di un filosofo, e quindi probabilmente per questo motivo mi sono trovato spiazzato dall’approccio per me non convenzionale al tema dell’Amore che Platone propone nel Simposio. Mi aspettavo che questo, vertendo su un tema così universale e appartenente ad una sfera pressoché irrazionale, dovesse caratterizzarsi per l’immediatezza, la naturalezza e l’intensità dei discorsi pronunciati a riguardo mentre, in realtà, l’Amore è inquadrato in una cornice molto più razionale di quella che avrei pensato.
Il momento più significativo del Simposio corrisponde con il discorso pronunciato da Socrate, punto di vista privilegiato attraverso cui l’autore espone le sue teorie.
Senza soffermarmi sulla storia né sulla struttura o sullo stile o sui singoli discorsi, ciò è il Simposio mi ha trasmesso è che l'amore in tutte le sue forme, e già al suo livello più istintivo, si configura come una spinta alla felicità personale, e la cui manifestazione iniziale coincide con il desiderio di possesso di ciò di cui avvertiamo il bisogno e la mancanza. Ma quanto più l'oggetto del nostro amore è materiale, tanto più la nostra felicità sarà destinata a decadere. Una volta compreso questo, il concetto stesso di amore che ciascuno inizialmente acquisisce nella propria vita entra in discussione, e diventa quindi fisiologico il bisogno di una forma di amore che si incardini su presupposti più profondi e stabili, abbracciando un'estetica del bello più ampia e prospetticamente diversa, in cui il coinvolgimento emotivo passi non solo attraverso i sensi, ma ci pervada in maniera totale inglobando corpo, anima, mente, azioni. Ma un aspetto che ho trovato interessante è che l'amore che qui viene dipinto non si esaurisce in questa dimensione puramente acquisitiva. Infatti, ciò che per me emerge è che nell'amore si realizza la confluenza della dimensione egoistica del possesso con quella altruistica della donazione. L’amore, infatti, innesca sempre delle spinte propulsive creatrici e virtuose altrimenti quiescenti, che ci portano ad alimentare e rinnovare l’aura del bello in cui siamo immersi. E quanto più si ascende nella scala dell’amore, tanto più questi slanci tendono ad estendersi al di là del sé, e ad avere quindi una portata più estesa nel tempo e nello spazio. Se nella dimensione del possesso l’uomo trova la sua ragione di vita, in quella della donazione o generazione, attraverso cui effonde il suono delle sue corde, trova la sua piena realizzazione, e questa è tanto maggiore quanto più influente è il marchio di sé che riesce a imprimere nel mondo. Nell’amore, quindi, l’anelito e il bisogno di avere si trasformano in un bisogno di dare, generare, custodire, di essere parte del tutto che continua, progredisce e si rinnova. Così, l'amore non è inquadrato né in una dimensione esclusivamente egoistica, né in una meramente altruistica, ma in una prospettiva intermedia fra l'una e l'altra, in un equilibrio dinamico, come la natura stessa di Eros.
L'apice della scala dell'amore delineata dall'autore, ovvero l'amore per il Bello in senso assoluto è una meta a cui mi sembra si possa tendere solo in maniera ideale, perché, per via della nostra natura mortale e sensibile, abbiamo sempre bisogno di elaborare ogni perdita, ogni sintomo di declino, cosicché, raggiungere quello stadio apicale di amore nell’ottica di un Bene supremo e assoluto, può essere solo un'illusione e un processo che richiede un percorso di riflessione e maturazione profonda. Tuttavia, trovo che l'ascesa nella scala dell'amore rappresenti per l'uomo un importante mezzo salvifico, perché imparando ad amare ciò che è via via è più profondo e stabile (l'anima, la conoscenza, il bello il sé) si ha sempre davanti la possibilità di mantenere integro il desiderio di vivere, di apprezzare il bello e avvicinarci ancora di più ad esso, di risuonare con lui e provare così a tramandare se stessi.
Nell'amore c'è insomma la vera essenza della vita, grazie ad esso scopriamo risorse e qualità dentro di noi che credevamo non possedere, progrediamo, troviamo un senso, ci salviamo, riusciamo ad essere felici, e ad esso affidiamo le nostre speranze di immortalità.
Al contrario di ciò che credevo, il Simposio è un libro che va metabolizzato, e che mi ha coinvolto più mentalmente che da un punto di vista emozionale. Probabilmente necessita di una rilettura e di un'accurata riflessione per cogliere a pieno tutto il significato che racchiude. Ma forse, uno degli aspetti più interessanti dell’opera sta proprio nel fatto che, impostando l’argomento dell’Amore su un piano per lo più razionale e logico, in una direzione che mira a generalizzare il tutto verso qualcosa di astratto, assoluto, che ci trascende e che nessuno forse può riuscire a cogliere e provare a pieno, non esiste un significato unico e definitivo, ma solo una verità personale in continua evoluzione che ognuno coglie in base alla sua esperienza e maturità.