Il secondo capitolo della vita di Martha Quest inizia con i primi giorni di matrimonio della protagonista con Douglas; unione che si dall’inizio non sembra soddisfarla e farla felice, come praticamente quasi tutto quello che le capita. Martha non fa che lamentarsi, non fa che crogiolarsi nella sua infelicità e insoddisfazione.
La giovane coppia vive in una cittadina della Rhodesia, colonia dell’Impero Britannico (odierno Zimbabwe) e si sta preparando, come le altre coppie coetanee all’entrata nella secondo guerra mondiale con entusiasmo e aspettativa. Gli uomini bianchi sanno che avranno un’occasione per evadere dal tetto coniugale, abbandonando la routine quotidiana scambiandola con mirabolanti avventure, senza essere sfiorati dal pensiero della morte sino a quando la guerra non chiede il suo pesante tributo in termini di vite. Le donne invece sono costrette a prendersi tutte le responsabilità della casa e dei figli. Abbandonando la loro vita di cocktails, party e notti di bagordi in giro per gli hotels. Si ritrovano sole sottoposte alle regole (implicite ma vincolanti per tutti) della provinciale e bigotta vita cittadina. Per i negri, invece, entrare in guerra significa andare a combattere e rischiare la vita per una terra che non appartiene loroe che anzi non riconosce loro alcun diritto.
Il tema della discriminazione razziale è estremamente radicato nella quotidianità della città, nelle vite delle vecchie signore che discutono nei loro salotti, così come nelle riunioni dei giovani comunisti.
La vita di coppia di Martha e Douglas non procede per il meglio. Martha è sempre in cerca di qualcosa che non c’è. Perennemente disturbata dal rapporto con la madre (quello con il padre si evolve in meglio alla fine del libro), dal rapporto con il gruppo, dalle amiche…e poi anche dal rapporto con Caroline. Non è mai contenta di se stessa, di quello che fa. Ciononostante non si ribella, non reagisce. Non si scrolla di dosso quel malessere che contraddistingue le sue giornate.
Douglas, dal canto suo, non si accorge di nulla: attribuisce il malumore della moglie alla natura delle donne, almeno sino a quando la situazione non diventa evidente anche a lui; (al ritorno dalla guerra, la troverà innamorata di William!). Doris Lessing ci propone un ritratto impietoso della società coloniale basata sull’ipocrisia e sul perbenismo, sull’apparire e sulla desiderabilità sociale. Solo chi ha già raggiunto una posizione si può permettere di esprimere critiche, tutti gli altri sono tenuti al più rigido conformismo. Quando la società coloniale riceve gli aviatori inglesi, scopre che non ha molto in comune con quei giovani pallidi, mediamente colti che amano parlare di libri, di filosofia, di diritti umani e che trattano i neri della colonia come dei pari. Le buone signore dell’alta società si premurano di organizzare degli incontri per spiegare a quei giovani che (poverini non è colpa loro) non sanno qual è il modo corretto di comportarsi con i negri. Ma ormai la contaminazione è avvenuta: le giovani donne, abbandonate dai loro uomini che hanno fatto di tutto per essere arruolati (anche imbrogliare sulle reali condizioni di salute), si lasciano sedurre da quei gentiluomini inglesi, senza del resto deiderare chissà quali storie d’amore. Vogliono svagarsi e godere anche loro dei vantaggi della guerra.
La scrittrice non risparmia neanche i giovani comunisti, simpatizzanti per la grande Russia, che sembra che facciano tanto e non facciano niente. Si incontrano, organizzano sedute di discussione colletive, ma poi non arrivano al “dunque”.Doris Lessing si addentra anche in riflessioni sulla maternità, sulla differenza di essere madre tra le giovani donne civilizzate e le giovani donne indigene, che possono vivere la maternità in una dimensione naturale. Invece le giovani donne civilizzate non possono avere l’atteggiamento delle negre: “si sa per loro non è come noi, non soffrono nemmeno durante il parto” dirà un’amica infermiera a Martha.
Martha si sente in trappola, è sempre in combutta con se stessa, vive nel senso di colpa perché pensa di non essere una buona madre, di non amare a sufficienza Caroline. E’ circondanta da una famiglia che continua a dirle che la bambina è pallida, che non è in salute. (Nel frattempo lei si nutre solo con del tè per risparmiare i soldi, che poi spenderà per gli opuscoli alle riunioni del gruppo). Chi la circonda non le è d’aiuto, ma al contrario…: non fa che spingerla sempre di più verso un atteggiamento negativo e di poca fiducia in se stessa.
La scrittura della Lessing è il principale pregio di questo libro: riesce a farci tuffare nei pensieri più reconditi della protagonista, ci permette di andare oltre i comportamenti per evidenziarne le motivazioni più profonde, possiede la capacità di esplicitare le differenze di comunicazione tra uomini e donne. Però la mia critica al romanzo è che forse fa tutto questo un po’ troppo bene!
E’ come se in alcuni punti si dilungasse un po’ troppo nello scorrere dei pensieri di Martha, nella storia legata al partito comunista, così come nella parte in cui ci racconta del parto in clinica.
Il mio giudizio è sicuramente positivo; sono stata contenta di aver letto il libro, ma a tratti mi calava la palpebra…
