Letto all'età di 15 anni, è forse il libro che più di tutti mi ha emozionato e ha segnato la mia maturità letteraria..signori, questo è IL romanzo, un capolavoro della letteratura mondiale di tutti i tempi. Epico, intramontabile, monumentale intreccio di personaggi, di vite, di caratteri, sogni e speranze, ideali e storia, in questo libro c'è il TUTTO, come in pochi altri capolavori della letteratura (I Fratelli Karamazov, tanto per citarne uno). I personaggi potrebbero sembrare banali, ma attenzione, l'analisi psicologica del Maestro Victor è profondissima e tutt'altro che semplicistica, basti solo pensare a uno dei primissimi capitoli, quando Valjean è a casa di Mons. Bienvenu: la lotta titanica fra la tentazione del male e l'aspirazione al bene, tanto prima del furto dell'argenteria, quanto, soprattutto, dopo il perdono del vescovo al miserabile galeotto, che era caduto così in basso..la lotta titanica tra l'orgoglio di Valjean (orgoglio che è "fortezza del male"), che gli trasmette forte irritazione e rifiuto del gesto del vescovo, e la magnificenza del perdono, perdono che è l'arma più micidiale e più efficace per sconfiggere il male. Ma cosa permette a Valjean di diventare veramente un uomo onesto e accettare con profonda riverenza il perdono di Bienvenu? La sua ennesima, e peggiore, caduta: il furto dei quaranta soldi all'innocente savoiardo Petit-Gervais. È questo brutale ennesimo peccato che fa divampare la luce del bene, instillata nel peccatore dal vescovo, e lo porta a rifiutare il male e, nel lungo termine, a diventare un uomo onesto alla ricerca del bene e dell'amore. E il tutto grazie a un gesto di vera, pura e semplice carità cristiana. Tutt'altro che banale mi sembra.
Ma il personaggio più bello secondo me è Javert, e il suo suicidio è la punta più alta e geniale di questo meraviglioso capolavoro. Sono d'accordo con Maurizio Mos, che scriveva più sopra: Javert si toglie la vita non per rimorso, non perché si rende conto di quanto duro e brutale sia stato nei confronti dei miserabili; Javert, al contrario, si suicida perché non poteva sopportare di essere stato "vittima" di un gesto di pietà proveniente proprio dall'uomo che più ha odiato e sfidato nella sua esistenza, Jean Valjean. Questo gesto gli pianta in testa un dubbio tremendo: ha forse ragione lui, quando afferma che i peccati possono essere perdonati, e le colpe espiate, anche al di fuori della legge terrena (che egli identifica con quella divina)? Di fronte a questo dubbio terribile, che minaccia di far crollare le fondamenta stesse del suo sistema di valori (pseudo) cristiani, egli non può resistere, non può fronteggiare un tale confronto, e allora l'unica scelta possibile è quella del suicidio. Un suicidio che mi azzarderei a definire "Catoniano": così come l'Uticense, pur di non abiurare ai valori repubblicani di cui era convinto difensore, scelse la via della morte, allo stesso modo Javert, pur di non dover sopportare il crollo di quel sistema di valori che lo aveva sempre guidato (secondo lui) rettamente nel corso della sua vita, deve scegliere di sottrarsi a tale titanico confronto e dunque sceglie il suicidio. Pelle d'oca, signori.
Circa le dissertazioni, caratteristica peculiare di tutti i romanzi di Hugo, esse sono ne I Miserabili una sorta di ciliegina sulla torta (e che torta!), molto più che in tutti i suoi altri romanzi (anche se la descrizione a volo d'uccello della Parigi della fine del XV secolo contenuta in Notre Dame de Paris è veramente eccezionale). Ne I Miserabili, la Storia è una delle protagoniste principali: essa taglia trasversalmente la vita di tutti i personaggi del libro, Valjean, Javert, Marius e i suoi amici rivoluzionari, Cosette, Bienvenu, Thenardier (soprattutto!), Gavroche..la vita di tutti loro è colpita e rivoltata in qualche modo dalla storia. E perciò le dissertazioni storiche di Hugo sono un tributo a una protagonista fondamentale dell'opera, e ci forniscono tra l'altro un quadro storico e sociale di una profondità e accuratezza uniche. Basti pensare alla meravigliosa descrizione della battaglia di Waterloo, ma anche ai tragici ma epici momenti della rivoluzione del giugno 1832 contro la Monarchia di Luglio, spesso snobbata dai libri di storia.
Insomma, concludendo, questa è un'opera mastodontica, sicuramente difficile, ma bella, bella come poche altre opere letterarie prodotte dalla mente umana. Il giudizio ovviamente è 5/5, ma se fosse per me voterei tranquillamente 20/5. :ad: