scacchi

sergio Rufo

New member
No, avevo capito bene, che non sottoscrivevi quell'accusa.
Ho voluto sottolineare l'infondatezza di tale accusa ( da parte dei media statunitensi) per coloro che magari sono ignari di questa storia perche' mai avvicinatisi agli scacchi.
 
Mi avete chiamato? Eccomi! Presente all’appello… Zef non avere timore delle donne che scrivono idiozie, in fin dei conti non sono pericolosa :mrgreen:.
Quindi, da dove inizio? Si il gioco degli scacchi e le donne. Ebbene sì spesso mi sono posta anch’io questa domanda e ho pensato a tre delle tante specie femminee che abitano il vostro pianeta.
1°: E’ la specie di Feminea Sapiens Sapiens, soggetto molto intelligente che solitamente ama aggirarsi solitaria e pensierosa, ma capace di aggregarsi in branchi su forum virtuali di suo gradimento.
2°: E’ la specie nata da un incrocio di tre varietà, molto simili negli organi genitali ma piuttosto complesse nel Mental Apparatus. La specie è stata denominata dai nostri ricercatori: Feminea Julikkisiul, specie che si potrebbe credere erroneamente in via di estinzione ma già presente, fin dagli albori, in soggetti alquanto rari sul vostro pianeta.
E’ una specie altamente ricercata dai Masculus Rufus Scorbuticus, dagli Hominis Angioinum a Rapatus e dal Homo Casalingus Solitarium, quest’ultimo, una nuova specie che si sta moltiplicando sul vostro pianeta in maniera allarmante per la categoria Feminea Culinariae, che qui oggi non citeremo.
3°: La terza specie è la più comune, la Feminea Stultorum Infinites, specie assai comune sulla terra, soggetta a trascorrere ore tra lo specchio e il televisore e ad abbellire la propria persona, nonché la giovane prole, in insoliti luoghi chiamati centri estetici. Presenta labbra e apparato mammario sovradimensionati e impossibili da identificare, dalle analisi fatte sul nostro pianeta, nel loro dna.
Sulla seconda categoria non posso espormi, dato che alcuni antropologi stanno ancora studiando la specie, che trovano alquanto interessante, ma con risultati complicati da relazionare.
Sulla terza specie trovo inutile commentare, dato che sprovvista della sufficiente materia grigia utile a dislocare anche un solo pedone sulla tavola degli scacchi.
Posso parlare della prima, che essendo una specie superiore agli animali, (e qui come animale è inteso anche il Masculus Erectus), è priva dell’istinto belligerante tipico del suo compagno, per cui non incline alla caccia, alla guerra e ad ogni genere di lotta.
Trova del tutto inutile mortificare i maschi della propria specie con un gioco, e preferisce usare armi ben più lusinghiere da adoperare in sua presenza.
La Feminea Sapiens Sapiens, da specie intelligente qual’è, ha capito che l’uomo non riuscirebbe a sopportare una sconfitta agli scacchi da colei che ha identificato come sesso debole e col tempo si innescherebbe una lotta difficilmente tollerabile, mettendo a repentaglio la continuità della specie sul pianeta terra.


Bravissima! E furba :wink:
Ci tengo a precisare che non faccio parte di nessun ibrido, eheheheh.

Penso che l'argomento non abbia unica risposta, così come varie sono le considerazioni.
Posso raccontare la mia esperienza, all'età di 8 anni, nel mondo degli scacchi.
In famiglia avevamo il nonno e lo zio amanti alla follia; i fine settimana li vedevamo giocare e, pian piano, abbiamo imparato le posizioni e i movimenti.
Hugo, mio cugino coetaneo, decise di iscriversi alla scuola di scacchi del centro sportivo che frequentavamo. Io non volevo essere da meno, andavamo nella stessa classe, seguivamo lo stesso percorso didattico e competevamo in tutte le discipline.
Ci iscrivemmo e andammo due volte la settimana, un'ora e mezza ogni lezione; il maestro ci spiegava le aperture, le posizioni sul tabellone.
Io ricordo di essermi annoiata come non mai in quei sei mesi che resistetti. Hugo, invece, si appassionava sempre più e mi sfidava i fine settimana per mortificarmi davanti al nonno e allo zio.
Io non capivo cosa fosse una strategia, lui ce l'aveva innato il senso dell'attacco.
Io abbandonai e lui proseguì per altri tre anni.

Inutile dirvi che ho rifiutato tutte le sfide che seguirono (ogni tanto ci prova ma io faccio orecchie da mercante) :)

Penso che la questione donna/uomo giocatori di scacchi, abbia a ché vedere con le fasi dell'età evolutiva così diverse tra bambina e bambino.
La capacità di sviluppare strategie di gioco e "attacchi" è prettamente maschile e noi donne elaboriamo molto tardi questo aspetto.
Di fatto, le GM donne devono aver iniziato molto presto ad approcciarsi al gioco e, secondo me, sono partite da motivazioni familiari.

Ho una scacchiera in vista a casa: i maschietti che la vedono vogliono subito imparare, senza alcun invito; le femminucce non la degnano di uno sguardo.

Ho chiesto a Sergio di raccontare l'esordio delle sorelle Polgar, secondo me un invito maschile le ha iniziate alla "perpetua corsa di Achille e della tartaruga".

Le capacità mnemoniche non hanno nulla a ché vedere con la diversità di genere. Penso anch'io che l'aspetto emotivo e la capacità di resistenza facciano la differenza. D'altronde, in battaglia tendiamo alla mediazione e si sa che negli scacchi...
 

Zefiro

da sudovest
Se ne facciamo questione di resistenza allo stress nervoso, capacità strategica e voglia di vincere a me non torna.

Ho ben presente numerose donne nella vita in generale e nel nel mondo del lavoro in particolare. Non c'è nessuna differenza. Anzi, la carica, tenuto conto del peso familiare che de facto sopportano, mi sembra ben maggiore, e soprattutto a più ampio spettro di quella, mediamente dispiegata dagli uomini. Per tacere dell'handicap iniziale. E' un fatto che la donna deve intanto dimostrare di esser pari ad un uomo, e questo checchè se ne dica, ancora in anno domini 2010, così è, e poi, se vuol competere, fare anche meglio. Per tacere in caso di figli, dei gap temporali di carriera che deve recuperare. Ce n'è di che stroncare chiunque.

Eppure numericamente nel lavoro il trend (ci vorranno anni, ma il trend è questo...) si va verso la parità.

Negli scacchi invece, di tale trend non c'è segnale. Non a me noto almeno. Ci deve essere dell'altro anche se non so cosa.
 

asiul

New member
Se ne facciamo questione di resistenza allo stress nervoso, capacità strategica e voglia di vincere a me non torna.

Ho ben presente numerose donne nella vita in generale e nel nel mondo del lavoro in particolare. Non c'è nessuna differenza. Anzi, la carica, tenuto conto del peso familiare che de facto sopportano, mi sembra ben maggiore, e soprattutto a più ampio spettro di quella, mediamente dispiegata dagli uomini. Per tacere dell'handicap iniziale. E' un fatto che la donna deve intanto dimostrare di esser pari ad un uomo, e questo checchè se ne dica, ancora in anno domini 2010, così è, e poi, se vuol competere, fare anche meglio. Per tacere in caso di figli, dei gap temporali di carriera che deve recuperare. Ce n'è di che stroncare chiunque.

Eppure numericamente nel lavoro il trend (ci vorranno anni, ma il trend è questo...) si va verso la parità.

Negli scacchi invece, di tale trend non c'è segnale. Non a me noto almeno. Ci deve essere dell'altro anche se non so cosa.

Stavo per darti un thanks, ma francamente questi affarini mi sembrano inutili...:?
Preferisco il mio vecchio caro..

Quoto!
 

skitty

Cat Member
Se ne facciamo questione di resistenza allo stress nervoso, capacità strategica e voglia di vincere a me non torna.

Ho ben presente numerose donne nella vita in generale e nel nel mondo del lavoro in particolare. Non c'è nessuna differenza. Anzi, la carica, tenuto conto del peso familiare che de facto sopportano, mi sembra ben maggiore, e soprattutto a più ampio spettro di quella, mediamente dispiegata dagli uomini. Per tacere dell'handicap iniziale. E' un fatto che la donna deve intanto dimostrare di esser pari ad un uomo, e questo checchè se ne dica, ancora in anno domini 2010, così è, e poi, se vuol competere, fare anche meglio. Per tacere in caso di figli, dei gap temporali di carriera che deve recuperare. Ce n'è di che stroncare chiunque.

Eppure numericamente nel lavoro il trend (ci vorranno anni, ma il trend è questo...) si va verso la parità.

Negli scacchi invece, di tale trend non c'è segnale. Non a me noto almeno. Ci deve essere dell'altro anche se non so cosa.

Thanks, molto corretto il tuo intervento. Alla fine quindi sembrerebbe che non si capisca il vero motivo... Sarà una di quelle cose che "è così e basta"... per esempio pochi uomini si dedicano al punto croce, eppure ne conosco alcuni che sono 100 volte più bravi di me...
 

asiul

New member
Il primo elemento che mi viene da contestare è il numero di coppie usate per questo studio. Solo 42. Pochine per essere un dato utile.
Quello che invece trovo molto interessante e riportato nel medesimo articolo è lo studio delle caratteristiche del giocatore di scacchi per valutare se siano comuni anche alle donne ed in che misura. Questo per verificare se alla portata della donna ed in caso contrario di scoprirne il motivo.

[Cita l'articolo che la miglior giocatrice di scacchi, la Polgar, diciassettesima nella classifica Fide del 2006, nonché unica donna tra i 100 giocatori migliori al mondo. Sottolineando ancora una volta una sottorappresentazione del mondo femminile nel gioco degli scacchi.]

L’analisi perciò si sposta sui dati cognitivi e sull’impegno che comporta questo sport considerato da fine intellettuale.
Alcuni teorizzano che sia un problema di tempo. Di dedizione. In sostanza, per giocare a scacchi bisognerebbe passare molte ore davanti la scacchiera ed a prendere lezioni private.E la donna non sarebbe disposta ad un simile sacrificio (sintetizzo un po’ :)), ma sembra essere debole come motivazione.
Mentre un ruolo importante è rivestirlo dalla memoria. Pensate soltanto a tutte le aperture possibili. Ai numerosi schemi da ricordare. Le mosse e contromosse. Che sia un banalissimo problema mnemonico dunque?
No. Perché sempre secondo questo studio numerosi test hanno dimostrato la stessa capacità soprattutto in quella di collocazione spaziale.

Ci sono poi le immagini mentali. Altro dato fondamentale e sembra che qui stia un significativo dato, secondo loro. Nell’immagine mentale delle posizioni degli scacchi

I giocatori di scacchi sembrano fortemente dipendenti dalle immagini e questa capacità diventa decisiva in scacchi 'alla cieca' . (…). È interessante notare che, l'imagine visivo-spaziale è anche una delle poche sfaccettature dell'intelligenza, dove sono emerse differenze di sesso in modo coerente, con le femmine che si trovano in chiaro svantaggio (…). Tra le capacità di “immagine spaziale”, due appaiono particolarmente rilevanti per gli scacchi, cioè la produzione e la manutenzione di immagini spaziali e di rotazione mentale, con divario di genere particolarmente grandi sulla seconda . La rotazione mentale è fondamentale nel gioco degli scacchi, perché la scacchiera è ruotata a seconda del colore assegnato di pezzi, nero o bianco. Per esempio, un pezzo posizionato in c6 apparirà in alto a sinistra o in basso a destra, a seconda del colore del giocatore, mentre i libri di scacchi e riviste rappresentano la scacchiera sempre dalla posizione della persona che gioca con il bianco. Così, le immagini mentali negli scacchi comportano necessariamente una qualche forma di rotazione mentale. In considerazione dell'esistenza di differenze persistente di genere, la rotazione mentale appare un promettente candidato per spiegare perché nel gioco di scacchi c’è una carenza di donne.

Poi ancora secondo l'articolo, c’è il problema competitività. O meglio la incapacità, si suppone, delle donne di non saper fare “la guerra”. (altra sintesi :D)
A questo ha risposto Zefiro.
Spesso ho assistito ad esempi ahimè anche eccessivi di competizione donna-uomo e la prima è apparsa più tenace del secondo. Come altre volte ho assistito all’esatto contrario.
Quindi su questo punto direi che è possibile parlare di relatività. Non la ritengo una teoria valida.

C’è l’altra poi che ritorna allo stereotipo.

“Le difficoltà incontrate dalle giocatrici di scacchi può dipendere dalla loro consapevolezza che gli altri si aspettano da loro lo svolgere in modo insufficiente questo sport, in un mondo con predominio maschile. Le donne non solo sono spesso accusate di inferiorità nel giocare, ma quando eseguono questo sport in modo eccezionalmente bene, vedono la loro femminilità messa in discussione(Shahade, 2005).”(…) “ l'attivazione degli stereotipi di genere nel corso di un torneo rischia di interferire con le prestazioni negli scacchi delle donne, presumibilmente a causa della loro preoccupazione di confermare le aspettative negative. Il modello di minaccia stereotipo ha ricevuto un notevole supporto empirico, sia in ambiti accademici e sportivi.”

“ Scacchi e altri giochi di competizione si trovano all'incrocio tra il mondo accademico e il dominio dello sport, in quanto coniuga le esigenze intellettuali del primo con la natura competitiva di questi ultimi. Di conseguenza, e diverso da sport fisico, i giocatori di scacchi possono essere particolarmente sensibili alla minaccia stereotipo, considerando che il gioco degli scacchi richiede una notevole capacità di lavoro della memoria che è già spinta ai limiti della natura competitiva della situazione. Tuttavia, vi è un ulteriore processo attraverso il quale gli stereotipi possono influenzare la qualità di gioco, vale a dire da rendere il comportamento delle donne meno assertivo e riducendo la probabilità che esse giochino in modo aggressivo.”

È stato verificato che il punteggio delle donne che giocano a scacchi è inferiore agli uomini nei luoghi dove esse sono rappresentate in numero minore. La statunitense Jennifer Shahade , campionessa del mondo nel 2006, afferma più o meno che la minoranza numerica delle donne nel mondo degli scacchi, influenza il suo modo di giocare.

Infatti questo studio ha notato che le la maggior parte delle donne , quando il loro avversario è un uomo, propendono per una tattica più difensivista. Il che fa pensare ad una mentalità nel gioco, più prevenzione più prudente,che potrebbe ostacolare la loro prestazioni e, nel lungo periodo, creare dei danni alla loro carriera di scacchi.

Insomma c’è un po’ di tutto secondo questo studio.Lo stereotipo del sentirsi incapaci.
Una diversità di abilità spaziali. Rilevanti nel gioco degli scacchi. E cioè la rotazione mentale e la memoria per la posizione. Soprattutto nella memoria per la posizione gli uomini sembrano essere naturalmente più dotati anche se estranei al genere ( il gioco degli scacchi).

Su quest'ultima frase ci starebbe bene una battuta, ma una volta tanto lasciamo perdere va! :mrgreen:

Ecco questa è la sintesi dell’articolo.
 

skitty

Cat Member
Grazie Luisa per averci sintetizzato tutte le informazioni! L'argomento è molto interssante.
La combinazione di queste motivazioni sembrerebbe essere una plausibile spiegazione alla domanda di Zefiro... Che ne dici? Ti senti soddisfatto dalle risposte di Luisa o ti sfugge ancora il "qualcosa d'altro"?
:)
 

sergio Rufo

New member
Il caso delle sorelle Polgar

Il caso delle sorelle Polgar è stato divulgato a sazietà: figlie di un insegnante scacchista frustrato, furono addestrate fin dalla prima infanzia a diventare giocatrici di scacchi. Zsuzsa Sofia e Judith non frequentarono mai una scuola e realizzarono la loro formazione con i genitori che le programmarono in modo che apprendessero e amassero gli scacchi. Questo metodo è stato duramente criticato da educatori di tutto il mondo. Tuttavia, le tre sorelle sono ragazze apparentemente normali e socievoli e non paiono ossessionate dal gioco che praticano molto bene. Le Polgar hanno rivoluzionato varie cose. Non partecipano a tornei temminili ( hanno giocato solo alle Olimpiadi per le pressioni del governo ungherese e ben remunerate: tanto a Salonicco. 1988 quanto a Novi Sad 1990 risultarono prime precedendo l'Unione Sovietica ) e giocano da pari a pari con i compagni dell'altro sesso. IL padre delle Polgar sostiene che i circuiti femminili non hanno ragione d'essere ed è precisamente a causa della loro esistenza che è tanto grande la differenza nella qualità del gioco fra ragazzi e ragazze. Effettivamente le tre sorelle hanno ottenuto risultati notevoli in tornei con maschi. Delle tre quella piu forte si e rivelata Judith che è riuscita a raggiungere la ventesima posizione assoluta a 17 anni e naturalmente la prima della classifica femminile. Judith è nata a Budapest nel 1976. Il successo più importante l'ha ottenuto vincendo il torneo open di Hastings nel 1988 (a 12 anni!) Rappresenta uno dei casi piu straordinari di precocità in tutta la storia degli scacchi. II suo stile è caratterizzato dall'acutezza tattica ed è nelle posizioni d'attacco dove si disimpegna con maggior disinvoltura. Le sue carenze tecniche (specie nei finali) sono ancora molto grandi, ma con tanto tempo davanti a se, questo non ha molta importanza. Se fosse un maschio nessuno dubiterebbe che le sue possibilità di diventare campione del mondo siano altissime; trattandosi di una ragazza l'antico maschilismo del gioco rende scettici i più. Judith sembra prendere tutto molto normalmente e crede di poter diventare campione del mondo assoluto.

Julia, questo e' il caso delle sorelle Polgar.
L'ho copiato in rete, dato che riassume benissimo la loro storia.

Che dire? trovo molto interessante quello che il padre sostiene: i circuiti femminili non hanno motivo di essere. Ed e' la loro esistenza a determinare , forse, la differenza tra maschi e femmine.
Su You tube ci sono moltissimi filmati di interviste rilasciate dalle tre sorelle, soprattutto Judith, nei quali parlano delle loro esperienze scacchistiche e della loro fortunata esperienza di avere ospitato Bobby Fischer a Budapest per ben due anni, a casa loro.
Probabilmentente sono state le uniche donne a giocare con lui, almeno nell'ultimo ventennio.
In una intervista di queste la Judith, mi sembra, cita una cosa che puo' essere un altro motivo della differenza tra un uomo e una donna davanti a una scacchiera: alla domanda di cosa l'impressiono' del GM statunitense, la Polgar rispose:" la sua velocissima e mostruosa capacita' d'analisi immediata. Vede la scacchiera in movimento"
Forse anche questa rappresenta una differenza: una visione d'insieme prettamente maschile, mentre la donna e' piu' attenta a sezioni e dettagli.
Lo si puo' osservare anche nella vita quotidiana.

Negli scacchi e' l'insieme la cosa fondamentale. Il tutto che si muove.
In un romanzo, di cui non ricordo oramai il titolo, trovai una bellissima frase: tra due giocatori che stavano giocando una partita , uno dei due disse all'altro: " tu stai giocando molto bene, ma diverrai ancora piu' forte giocando. Per ora tu vedi solo sezioni della scacchiera, ma non vedi la scacchiera"
Verissimo. L'autore sapeva quello che diceva.

Non e' vero che la memoria possa fare la differenza.
Negli scacchi e' importantissima ma non si puo' giocare solo su di essa.
Per fare un esempio, Nelle aperture, alla 4 semimossa, c'e' gia' un ALBERO di 15.400, varianti possibili.
E' chiaro che un GM di levatura mondiale ne conosce tantissime a memoria ma non basta.
Come dicono Nunn, o Kotov, grandi teorici, ( su cui tornero') quello che conta e': come decidere? Anche se tu dovessi ricordartele tutte, rimane la scelta da operare.
Non parliamo poi del medio gioco....
 

asiul

New member
(...)

Non e' vero che la memoria possa fare la differenza.
Negli scacchi e' importantissima ma non si puo' giocare solo su di essa.
Per fare un esempio, Nelle aperture, alla 4 semimossa, c'e' gia' un ALBERO di 15.400, varianti possibili.
E' chiaro che un GM di levatura mondiale ne conosce tantissime a memoria ma non basta.
Come dicono Nunn, o Kotov, grandi teorici, ( su cui tornero') quello che conta e': come decidere? Anche se tu dovessi ricordartele tutte, rimane la scelta da operare.
Non parliamo poi del medio gioco....

solita storia...non è vero per te. Per me potrebbe essere.

Non si parla di semplice memoria. Comunque se non avessero memoria, non saprebbero con quale mossa decidere,mi sembra abbastanza ovvio.
Dov'è la scelta se le possibilità sono assenti?
 
Ultima modifica:
Julia, questo e' il caso delle sorelle Polgar.
L'ho copiato in rete, dato che riassume benissimo la loro storia.


Sì, immaginavo che fosse un'educativa mirata.
Ovvio che può esserlo anche quella rivolta ai maschi ma la differenza è data dall'istinto.
La resistenza delle donne è basata sulla visione in prospettiva, lineare, nel tempo.
Nell'azione maschile c'è un'immediatezza che, nel gioco degli scacchi, sviluppa una visione orizzontale.

Ho un saggio da qualche parte che sviscera queste caratteristiche nelle fasi evolutive.
Se lo trovo riprendo alcuni spunti.
 

sergio Rufo

New member
Sì, immaginavo che fosse un'educativa mirata.
Ovvio che può esserlo anche quella rivolta ai maschi ma la differenza è data dall'istinto.
La resistenza delle donne è basata sulla visione in prospettiva, lineare, nel tempo.
Nell'azione maschile c'è un'immediatezza che, nel gioco degli scacchi, sviluppa una visione orizzontale.

Ho un saggio da qualche parte che sviscera queste caratteristiche nelle fasi evolutive.
Se lo trovo riprendo alcuni spunti.

Nell'azione maschile c'e' una immediatezza....
Potremmo dirlo per gli esseri umani in genere anche se di diversa natura.
Ad esempio: un computer ricorda in archivio milioni di mosse; milioni di varianti; milioni si semimosse e semivarianti.
Ha una memoria e una capacita' di calcolo infinitamente superiore all'uomo.
Eppure contro l'uomo, tranne una volta, ha sempre perso. E sempre e perdera'
Uno di primi a giocarci contro fu Fischer nelle Filippine in cambio di un paio di milioni di dollari.
Lo spazzo' via, come lo spazzarono via i suoi successori fino a Kasparov.
Perche'?
forse quell'immediatezza di cui si parlava, l'istinto. Che non e' una cosa logica.

Tal, ad esempio, a chi gli domandava il motivo di alcune sue geniali giocate sulla scacchiera, rispondeva: " a dire il vero molte volte muovo senza nemmeno io sapere il perche'. Lo sento...."
Tal era un tipo particolare: lo chiamavano Il Mago.
 

sergio Rufo

New member
Un piccolo omaggio a Michail Tal

Ci sono due tipi di sacrifici: quelli corretti e i miei
Michail Tal.

"Le combinazioni di Morphy, mantenendo intatto il
loro fascino spettacolare, scaturivano da posizioni
forzate, nelle quali la combinazione non era altro che
una sequenza di mosse incontrovertibili, inconfutabili,
destinate in ogni caso alla vittoria; mentre Tal, a
volte (anzi, diverse volte), si esibiva in sacrifici al
meglio 'dubbi' ma capaci di far divampare una lotta
talmente furibonda, posizionalmente scomposta e di
allucinante intensità, nella quale egli si trovava
perfettamente a suo agio, e gli avversari, solitamente,
no: nella bagarre, quindi, si determina spesso l'errore
che consente a Tal di 'combinare' con la propria verve
tattica travolgente." (Mariotti).
 

franceska

CON LA "C"
Un altro aneddoto simpatico che voglio riportare (dal web).
La scrittrice Kate Bogue ci racconta di quando Robespierre, l'implacabile capo dei Giacobini durante la Rivoluzione Francese, frequentava il Café de la Régence, a Parigi, dove si dedicava a incruenti combattimenti davanti alle 64 caselle degli scacchi (di cui era appassionato), fra una condanna e l'altra di nobili ed avversari alla terribile ghigliottina. Quella sera l'Incorruttibile (così veniva chiamato) aveva subìto due sconfitte da parte di un giovane dai lineamenti delicati, che celava i suoi capelli bruni sotto un ampio cappello frigio.
"Ancora un'altra! Si rifiuta forse qualcosa a me? - gridò Robespierre
- Guarda, cittadino, ecco la posta che ti propongo!", estraendo dalla sua tasca parecchi pezzi d'oro.
"No, cittadino, se vinco mi darai solo un esemplare della tua firma" rispose il giovane, adagiando sul tavolo un foglio piegato.
"Sia!" concesse l'Incorruttibile distrattamente.
"Si direbbe che il ragazzo abbia impegnata una fortuna in questa partita" esclamavano gli astanti, vista la tensione con cui il giovane eseguiva le sue mosse.
"Scacco matto!" annunciava pochi minuti dopo con voce soffocata il temerario avversario del Giacobino. Per la terza volta Robespierre era vinto! Il giovane gli tese il foglio e l'Incorruttibile, con la penna in mano, vi gettò uno sguardo.
"Come? Tu mi hai teso un tranello per farmi firmare la grazia in favore di un maledetto aristocratico! Ebbene sia, Robespierre è di parola! Domani ci sarà un condannato in meno sulla carretta" soggiunse, presentendo forse che un giorno lui stesso avrebbe salito il palco della ghigliottina. E concluse:
"I miei complimenti per la tua sagacità, cittadino!".
"Cittadina" rettificò sottovoce la sua opponente, lasciando sbocciare la lunga chioma corvina dal cappello sventolato in segno di commiato. E fu così che, grazie agli scacchi, l'audace ragazza riuscì a salvare la vita del suo uomo.
 
E' ovvio che era riferito a te Franceska, mi piace molto come scrivi. Hai una penna leggiadra.
Certe scritture sono vere e proprie "ballate", apriremo una stanza e ci diletteremo.
(non mi è sfuggito che c'è da continuare in "incontri" ma il tempo è tiranno! Mi rifarò al più presto)
 

sergio Rufo

New member
Come migliorare a scacchi

Come migliorare negli scacchi
THEA 2007-2009-2010

Imparare a giocare a scacchi non è affatto facile. Come nella vita, è illusorio pensare che si possa scoprire il modo migliore di agire in poco tempo e senza fatica. La didattica scacchistica ha fortunatamente subito recentemente un notevole impulso per merito di alcuni personaggi che hanno rivoluzionato la visione classica dell'insegnamento scacchistico.

La scuola classica

Classicamente, chi insegnava scacchi si avvaleva delle opere e degli insegnamenti dei grandi giocatori dell'anteguerra e i testi classici erano Il mio sistema (Nimzowitsch) o Il centro partita (Romanovsky), sostenuti da altri contributi (Capablanca, Euwe, Kotov ecc.). Tutti coloro che scrivevano libri di scacchi (in Italia ricordiamo il grande Enrico Paoli) si rifacevano ai classici cercando di riproporre gli stessi concetti in modo più moderno. I risultati erano però mediocri e nessuno riusciva a dire qualcosa di veramente "nuovo".
Che le (poche) regole classiche non servissero a molto se ne erano già accorti i giocatori meno quotati, gli amatori. Infatti, arrivati attorno a un punteggio Elo sui 1800 punti, molti di loro non riuscivano ulteriormente a progredire; chi ci riusciva impegnava ingenti risorse di tempo nello studio, risorse che alla fine non giustificavano il miglioramento avuto.
In definitiva appariva chiaro che le regole classiche erano troppo poche e troppo valutate per poter risolvere gran parte delle situazioni pratiche: spesso il giocatore intermedio si trovava nella condizione di non riuscire ad applicarne nessuna, la classica situazione in cui "non si sa cosa fare".
L'avvento dei computer ha messo ulteriormente in crisi la scuola classica: come era possibile che un oggetto senza intelligenza che si limitasse a calcolare varianti su varianti potesse battere giocatori anche molto forti? Le regole non servivano più? Come era possibile che dopo aver controllato la colonna aperta, aver posizionato un Cavallo in un avamposto o aver indebolito un pedone avversario (in base alle regole classiche), si perdesse lo stesso la partita?
A questa situazione si è risposto in due modi diversi.

La scuola "senza regole"

Una possibile risposta al problema visto nel paragrafo precedente è che gli scacchi sono così creativi (complessi) che è assurdo pensare che ci siano regole che ci possano aiutare. Secondo Suba, l'unica regola è che non ci sono regole. Questa posizione potrebbe sembrare molto disincentivante per chi decide di giocare a scacchi perché l'abilità nel gioco sarebbe derivante da fattori difficilmente modificabili in tempi brevi come creatività e studio. Il grande campione sarebbe un soggetto dotato di grande intuito scacchistico che ha dedicato la vita a studiare la teoria delle aperture, i finali ecc. Basta che manchi una delle due condizioni e il giocatore resta un mediocre.
In realtà, la posizione di Watson e Suba è molto più concreta di quanto si pensi. Già nel 1994 il MI Silman introdusse il concetto di squilibrio (Teoria e pratica degli squilibri), relativizzando l'importanza delle regole e riconducendo gli elementi della posizioni a generatori di squilibri che davano o meno il vantaggio a una delle parti. Era il primo tentativo di collegare le regole fra di loro: per esempio in una determinata posizione il Bianco ha una colonna aperta, ma il suo Re è molto esposto: quale dei due fattori è più importante?
Con l'avvento dei computer (da Fritz 8 in poi, con una forza di gioco paragonabile a quella di un Grande Maestro su un normale personal computer) si dimostrò esatta l'osservazione di Suba: "i libri sul centro partita insegnano solo a battere avversari molto più deboli di noi, cioè quelli che ci lasciano accumulare in santa pace tutti i vantaggi posizionali possibili e immaginabili, senza neppure far finta di creare un qualche controgioco". In effetti, oggi chiunque può analizzare le partite raccolte nei testi classici e scoprire che Suba aveva ragione. Gli esempi presenti sono quasi tutti poco significativi (chiameremo questa situazione "critica di Suba") perché:

il perdente ha perso perché ha agevolato in tutto e per tutto l'avversario (come indica Suba), esempio ingenuo;
il perdente non ha eseguito una o più mosse decisamente migliori; esempio fuorviante.
Nei due casi la regola alla base dell'esempio può essere interessante, ma sicuramente molto meno decisiva di quanto volesse far supporre l'autore. Avendo scritto il suo libro quando "i computer giocavano peggio di un qualunque tassista russo" (la frase è di Kortschnoj), lo stesso Silman porta moltissimi esempi (tutti tratti, con un po' di megalomania, da sue partite vinte) non significativi. Anche Watson, seppur in misura inferiore, pone il piede in fallo alcune volte (il suo libro è del 1998); in ogni caso il suo testo dà uno scossone quasi mortale alle regole classiche.

La scuola neoclassica

Oggi Mark Dvoretzky è sicuramente riconosciuto come il miglior didattico degli scacchi. Purtroppo le sue opere sono rivolte a giocatori dai 2000 punti Elo in su e in un certo senso danno per scontato il discorso (non affatto banale!) che sta alla base. Il grande pregio di Dvoretzky è stato comunque quello di unire ai principi classici una profonda analisi che gli ha permesso, a differenza di altri didattici, di evitare almeno in parte (ma non del tutto!) l'ottimismo didattico. Sicuramente ottenere i risultati da lui raggiunti senza l'ausilio di mezzi informatici deve considerarsi sbalorditivo.
Questi risultati hanno fatto sì che l'eredità dei classici fosse rilanciata da alcuni interessanti istruttori come Aagaard, in forte polemica con Watson. Secondo Aagaard (Il perfezionamento dello scacchista, 2001), ragionare in termini di principi assicura dei benefici notevoli. Nella sua opera Aagaard si dà da fare per dimostrare che le regole sono importanti, ma francamente dopo un'attenta lettura non convince. Innanzitutto non le tratta in dettaglio, forse rifacendosi ai classici, ma lasciando al lettore veramente poco per quel che riguarda la comprensione strategica della posizione, tant'è che le gemme del suo comunque interessante libro non derivano dalla polemica con Watson, ma dalla sua esperienza personale e, più che regole, sono "indicazioni".
Personalmente penso che la volontà di affidarsi a regole non sia che l'umana propensione a semplificare ciò che è complesso per controllarlo meglio, spesso un'illusione che non è che una scorciatoia per una strada a fondo chiuso: del resto non esiste nessun testo di strategia scacchistica la cui sola lettura può far migliorare di 100 punti Elo un giocatore che è già attorno ai 1800 punti Elo. Sarebbe bello, ma senza uno studio approfondito e diversificato e un'esperienza e una pratica costanti non si va lontano.
La scuola relativistica

Dal percorso Silman-Watson-Aagaard può uscire una visione molto moderna degli scacchi, quella che io chiamo scuola relativistica.
Supponiamo di conoscere tutti gli elementi che possono influire su una qualunque posizione, sia strategici sia tattici. Sia N il loro numero, probabilmente molto grande. I classici hanno descritti i più importanti, altri sono stati successivamente ridimensionati (come la superprotezione di Nimzowitsch), altri hanno assunto importanza o sono del tutto nuovi o addirittura non sono ancora stati scoperti dalla letteratura scacchistica.
Data una posizione, alcuni elementi non hanno importanza o ne hanno poca, altri sono invece importantissimi. In una posizione dove c'è il matto in una mossa, è evidente che una regola sui finali di Alfieri di colore contrario non ha nessun senso. Pertanto, data una posizione, ogni elemento ha un peso. Il grande giocatore di scacchi cosa sa fare?

Sa valutare gli elementi più importanti della posizione, attribuendo loro la giusta priorità, cioè il peso che hanno nella posizione.

Qual è quindi il compito della didattica scacchistica per il giocatore di medio livello?

Insegnare a valutare il peso degli elementi.

Ogni elemento viene analizzato nella sua importanza relativamente alla posizione, senza cercare di darne un valore assoluto. Quanto più questo insegnamento avrà successo, più il giocatore affinerà il suo colpo d'occhio, mettendo come prima mossa da valutare quella che pesa maggiormente la posizione.
 

sergio Rufo

New member
Scacchi, bambini, ricordi.

Stamani, dopo tutto questo scacchierando parlando, sono andato a rivedere il mio ID. Elo Nazionale - FSI della Federazione Scacchi Italiana. ( Tesseramento Agonistico)


Ho ritrovato parecchie sorprese.
Ad esempio: nellla ricerca ho digitato vecchi nomi di gente che incontravo nel circuito lombardo dei Tornei Open Nazionali.
Ho visto discese e salite vertiginose:
Guido G. , gran bel giocatore, non ha ancora raggiunto il livello Magistrale. Eppure e' in attivita'.
GiorgioD., invece, pur essendo un modesto giocatore ha conseguito inizio 2010 la categoria Naz. Il lavoro, lo studio, paga.
E altri ancora.

Sono andato a vedere anche certi ragazzini che giocavano in un circolo famoso alle porte di Milano.
Talmente famoso da organizzare i Campionati Italiani di categoria under 14
Anche qui' ho trovato sorprese: quando c'erano gli open semilampo aperti a tutti, potevi benissimo ritrovarti in scacchiera con un bimbo di 7 / 8 anni accompagnato dai genitori.
Tu giocavi in torneo con questi bambini e ragazzini sorvegliati a vista dai genitori di fianco al tavolo.
Mi ricordo: era quasi uno shock.
Questione psicologica: la prima cosa che ti dicevi era: cavolo se perdo!!!! Magari tu di 40 anni sconfitto da un ragazzino.
E capitava spesso e volentieri che giocatori adulti perdessero senza batter ciglio.
Ho ritrovato a memoria i nomi di alcuni di quei bambini: alcuni non hanno conseguito nessuna categoria e sono rimasti NC.; alcuni non giocano piu', altri non sono nemmeno Tesserati alla Federazione, altri ancora , invece, sono diventati dei gran bei giocatori.
Alcuni addirittura Candidati Maestri all'eta' di 17/18 anni.
Mi ha fatto piacere vedere o ri-vedere quei nomi.
Me ne ricordo uno di particolare ad un Torneo Nazionale a Monza.
Si mise in testa di mangiare la focaccia durante una partita; naturalmente intervenne l'arbitro per richiamare il giocatore. Il bambino non ne volle sapere e dovette intervenire il padre per convincerlo.
Alla fine gli lasciarono mangiare la focaccia ma non ricordo piu' se vinse o perse quella partita: la focaccia era piu' importante.
Fin da piccoli se li si osserva ci si accorge di quale giocatore si avra' in scacchiera: intendo sotto il profiolo del comportamento.
In generale tutti i giocatori sono nervosissimi, poi con l'esperienza s'imparera' a darsi un decoro e a sublimare la tensione. A livelli altissimi, poi, quasi tutti ricorreranno allo Yoga per la respirazione e la concentrazione.
Con i bambini questo diventa piu' difficile e i tratti peculiari della adolescenza saranno quelli che appariranno in seguito.
C'e' chi si masturba i capelli, ad esempio. Si siede pettinato come un Lord Inglese e a fine partita si alza pettinato come un Punk.
Altri ancora sono composti come un modello nell'abbigliamento: a fine partita persino la patta dei pantaloni e' giu', la camicia fuori dalla cintura, il maglione tutto storto, una manica su e una giu'.
Immagino le cravatte di Zefiro! :D
Altri, invece, si mangiano le unghie e finite le loro incominciano a mordicchiare quelle degli altri. Se potessero!
Altri ciucciano i pezzi: si prendono un pedone in bocca e vai!!!!
Poi le scorribande per la sala torneo: giu' e su dai corridoi, a destra e a sinistra, al bar e fuori sala, dovunque insomma.
Le bambine sono piu' composte: anzi guardano indignate i maschietti come se fossero di un altra razza. Non umana.

Poi crescono tutti e tutti riavranno gli stessi problemi di sempre: come non farsi travolgere dal panico in scacchiera!
Rimedi? c'e' ne' di tutti i tipi. Persino fumarsi 40 sigarette ( fuori sala) in una partita di due ore x 40 mosse minimo.
Dei turchi!

Poi, infine i genii, che esorcizzano a loro modo.
Non ricordo piu' chi fossero quei due GM di livello mondiale che s'incrociarono in torneo negli Usa.
Il primo, alla prima partita si prese una tazza di the e incomincio' a mescolare lo zucchero con il cucchiano. Tic tic tic contro la porcellana. della tazza.
L'altro ando' in bestia e che fece? si fece portare una tazza vuota senza the ( non mi piace il the! disse) e incomincio' a mescolare con il cucchiaino il vuoto nella tazza.
Tic tic tic tic...." mi sembra che il rumore sia uguale a quello del mio avversario" esclamo'!
Roba da genii , appunto.
 

Dory

Reef Member
Finalmente l'ho trovato!!
Vi riporto l'incipit del racconto di Poe "I delitti della Rue Morgue", che io trovo fantastico!!!

Le facoltà mentali che definiamo analitiche sono di per sé poco suscettibili di analisi. Le intendiamo a fondo unicamente nei loro effetti. Di esse sappiamo, tra l'altro, che per chi le possiede in misura straordinaria sono, sempre, fonte del più vivo godimento. Come l'uomo forte gode della propria prestanza fisica, dilettandosi di quegli esercizi che impegnano i suoi muscoli, così l'analista si compiace di quell'attività mentale che risolve. Trae piacere anche dalle occupazioni più banali, purché impegnino i suoi talenti. È appassionato di enigmi, di rebus, di geroglifici, facendo mostra nel risolverli di un acumen che a un'intelligenza comune appare soprannaturale. I risultati cui perviene, dedotti dall'anima stessa, dall'essenza del metodo, hanno, in verità, tutta l'aria dell'intuizione. La capacità di risolvere è probabilmente potenziata dallo studio della matematica e soprattutto del ramo più nobile di essa che impropriamente, e solo a causa delle sue operazioni a ritroso, è stato denominato analisi, quasi lo fosse par excellence. Eppure calcolare non è di per sé analizzare. Un giocatore di scacchi, ad esempio, calcola, senza ricorrere all'analisi. Ne consegue che il gioco degli scacchi, per quanto concerne il suo effetto sull'abito mentale, è completamente frainteso. Non sto scrivendo un trattato, ma semplicemente premettendo alcune osservazioni fatte un po' a casaccio a una narrazione piuttosto singolare; colgo pertanto l'occasione per sostenere che le facoltà superiori dell'intelletto riflessivo vengono messe alla prova più decisamente e con maggiore utilità dal più modesto gioco della dama che dall'elaborata vacuità degli scacchi.
In quest'ultimo gioco, dove i pezzi hanno movimenti diversi e «bizzarri», secondo valori vari e variabili, quanto è solo complicato passa (errore tutt'altro che insolito) per profondo. Vi si esige un'attenzione davvero straordinaria. Ove essa si allenti per un attimo, ne conseguirà una svista comportante un danno o una sconfitta. Poiché le mosse possibili non sono solo molteplici, ma anche complesse, le occasioni per simili sviste si moltiplicano, e nove volte su dieci chi vince non è il giocatore più sottile, ma quello capace di maggior concentrazione. A dama, al contrario, dove le mosse sono di un unico tipo e scarse le variazioni, le probabilità di distrazione sono minori, e poiché la mera attenzione viene impiegata solo relativamente, i risultati ottenuti da entrambi gli avversari sono da attribuirsi a un acumen maggiore. Ma lasciamo le astrazioni. Immaginiamo una partita a dama dove i pezzi siano ridotti a quattro-dame, e dove, naturalmente, non sia probabile alcuna svista. È chiaro che qui la vittoria sarà decisa (dal momento che i giocatori si equivalgono) solo da una mossa recherchée, risultato di un poderoso sforzo dell'intelletto. Privato delle consuete risorse, l'analista penetra nello spirito dell'avversario, si identifica con esso, e non di rado vede così, con una sola occhiata, l'unico metodo (talora assurdamente semplice) con cui può indurre l'altro in errore o fargli fare, per la fretta, un calcolo sbagliato.
Da lungo tempo il whist è apprezzato per l'influenza che esso esercita su quella che viene definita capacità di calcolo; e si sa che uomini di altissimo intelletto ne hanno tratto un diletto apparentemente inspiegabile, mentre hanno disdegnato gli scacchi come gioco frivolo. Senza dubbio non v'è tra i giochi nulla che impegni a tal punto la facoltà di analisi. Il miglior giocatore di scacchi della cristianità sarà il miglior giocatore di scacchi o poco più; ma l'abilità al whist implica una probabilità di successo in tutte quelle imprese tanto più importanti in cui una mente si trova a lottare con un'altra mente. Quando dico abilità, intendo quella perfezione di gioco che implica la conoscenza di tutti i mezzi da cui possa trarsi legittimo vantaggio. Tali mezzi non sono soltanto molteplici ma multiformi, e si celano spesso in recessi del pensiero assolutamente inaccessibili all'intelligenza normale. Osservare attentamente significa ricordare con chiarezza; e, sotto questo aspetto, l'attento giocatore di scacchi riuscirà benissimo nel whist; d'altra parte, le «regole di Hoyle» (anch'esse basate sulla mera meccanica del gioco) sono di facile e generale comprensione. Così avere una memoria salda e attenersi fedelmente alle «regole» sono punti generalmente considerati come il meglio, il massimo del ben giocare. Ma è nei casi che si collocano fuori delle pure e semplici regole che si manifesta l'abilità dell'analista. In silenzio, egli fa una quantità di osservazioni e deduzioni; lo stesso, forse, fanno i suoi compagni di gioco; ma la differenza nella portata delle informazioni così ottenute non consiste tanto nella validità della deduzione quanto nella qualità dell'osservazione. Quel che e necessario sapere è che cosa bisogna osservare. Il nostro giocatore non si pone limiti, né, per il fatto che l'oggetto è il gioco, trascura di trarre deduzioni da ciò che è estraneo al gioco. Scruta l'espressione del suo compagno, confrontandola attentamente con quella di ciascuno dei suoi avversari. Tiene d'occhio il modo in cui, a ogni mano, ciascuno dispone le proprie carte, spesso contando gli assi e le figure grazie agli sguardi dei giocatori che via via ne sono in possesso. Nota il mutare dei volti man mano che il gioco procede, traendo materia di riflessione dalle diverse espressioni: sicurezza, sorpresa, trionfo, disappunto. Dal modo di raccogliere un'alzata, giudica se chi la prende ha la possibilità di farne un'altra dello stesso seme o colore. Riconosce la carta giocata per ingannare dal modo in cui viene buttata sul tavolo. Una parola casuale o distratta; una carta caduta o scoperta accidentalmente, e il nervosismo o la noncuranza con cui viene nascosta; il conteggio delle alzate, l'ordine con cui si succedono; l'imbarazzo, l'esitazione, l'impeto o la trepidazione, tutto ciò consente alla sua percezione apparentemente intuitiva di trarre indicazioni sullo stato effettivo delle cose. Una volta giocate le prime due o tre mani, egli conosce perfettamente le carte di cui ciascun giocatore dispone, e da quel momento è in grado di buttar giù le sue seguendo un piano così preciso come se gli altri giocassero a carte scoperte.
La capacità analitica non deve essere confusa con la semplice ingegnosità; giacché mentre l'analista è necessariamente ingegnoso, l'uomo ingegnoso è spesso assolutamente negato all'analisi. La facoltà di collegare o combinare, attraverso cui l'ingegnosità comunemente si manifesta, e alla quale i frenologi hanno assegnato (secondo me, a torto) un organo a parte, considerandola una facoltà originaria, è stata così frequentemente riscontrata in persone il cui livello intellettuale rasentava per altri versi l'idiozia, da attirare l'attenzione di tutti gli studiosi di scienze morali.
Tra l'ingegnosità e la capacità analitica esiste in effetti una differenza ancor più notevole di quella che intercorre tra fantasia e immaginazione, benché di carattere assolutamente analogo. Si constaterà che l'uomo ingegnoso è sempre ricco di fantasia, e che l'uomo dotato di vera immaginazione non è mai altro che analitico.
 
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