Sono arrivato al secondo monologo di Vardaman, quindi non sono andato molto avanti. Non ho voluto proseguire perché ho preferito soffermarmi sui pensieri di Vardaman, che finora sono quelli più liberi e più difficili da decifrare.
Ciò che mi sembra di capire è che Vardaman, essendo ancora piccolo, viva le cose interpretandole secondo un suo immaginario. Quella della madre è forse la sua prima esperienza diretta con la morte di una persona, e questo chiaramente ne amplifica il suo già forte sconvolgimento per l'evento triste.
Tutti ci siamo chiesti almeno una volta che fine facciamo dopo l'ultimo respiro. A Vardaman gli hanno inculcato il pensiero che si vada a vivere in un paese lontano. Ma questa spiegazione si viene a scontrare con la realtà con cui si trova a fare esperienza, e cioè che la madre verrà rinchiusa e sigillata con i chiodi in una bara. Ciò mette in chiaro nella sua mente l'impossibilità fisica del corpo di uscire e andare a vivere altrove. Le convinzioni che aveva cominciano a traballare, ma riescono a sopravvivere pensando che in fondo una spiegazione c'è, e cioè che la madre fosse partita via già prima della sua morte corporea: la malattia aveva infatti trasformato la madre che, per forza di cose, nei suoi ultimi momenti non era più la persona che tutti avevano conosciuto ("
Non era lei. Io c'ero.[...] L'ho visto quando non era lei").
Ma allora dov'è andato a finire lo spirito della madre? Mi sembra di capire che Vardaman sia stato parecchio colpito dal fatto che la morte della madre sia avvenuta in coincidenza con il grosso pesce da lui pescato, o in qualche modo trovato, e che di conseguenza cominci a correlare questi due avvenimenti.
L'interpretazione che do', quindi, è che, secondo Vardaman, non solo la madre alla fine non era più lei, cioe' se stessa, lucida, con la sua precisa identità, ma che il cambiamento sia avvenuto proprio quando Vardaman ha portato il pesce sulla terra: "
Prima lui non era e lei era" (dove "lui" secondo me è da riferire al pesce), "
e ora lui è e lei non era" (cioè, dal momento in cui il pesce è stato portato qui sulla terra, lei non è più la stessa di prima, è in qualche modo già morta spiritualmente).
Infatti poco prima dice anche: "
Non era lei perché lui era proprio lì per terra."
Ma la correlazione sembra che si spinga ancora oltre, perché, per liberare la madre dal suo finire rinchiusa nella bara chiodata, occorre un passaggio successivo,che consisterebbe in una sorta di trasmigrazione della madre nel pesce. Ma affinché ciò possa avvenire, il pesce non può più avere l'identità di pesce. Da qui, il suo essere fatto a pezzi di "non pesce" da un Vardaman inconsapevole di questo piano superiore di cui anche lui diventa complice: "
E ora è tutto a pezzi. L'ho fatto a pezzi io".
Questa trasmigrazione, poi, è come se fosse portata a compimento dal medico Peabody, da cui poi la rabbia verso di lui e la sua pariglia, come diceva ayuthaya.
Tuttavia, gli eventi sono pian piano elaborati da Vardaman, che riesce in seguito a trovare proprio in questi la via d'uscita ai suoi pensieri sulla morte. Questi eventi, infatti, portano la madre a trasmigrare in quello che ormai è un "non pesce", sfuggendo alla chiusura nella bara chiodata. Il fatto di essere tagliato a pezzi non implica per Vardaman l’impossibilità di stabilire un’identità: alla fine del primo monologo sembra infatti che per Vardaman sia un po’ come quando nel buio non riusciamo a percepire qualcosa nella sua interezza ma soltanto a mettendone insieme i frammenti di cui facciamo esperienza, cioè odori, suoni, e le stesse illusioni che queste inducono. Anche se percepiamo qualcosa di frammentario, riusciamo comunque a coglierne una sua identità, per quanto si tratti di "
un è differente dal mio è”.
La rabbia con cui si apre il capitolo si dissolve in questo tipo di ragionamento finale che è per lui fonte di conforto ("
Non ho paura") e che personalmente mi è piaciuto tantissimo e ho trovato molto maturo per la sua piccola età.
La nuova identità della madre è allora possibile nei pezzi di "non pesce" e salva la madre dal suo destino, perché quel pesce verrà mangiato dalla famiglia, cosicchè la madre potrà vivere in loro, "
e non ci sarà nulla nella cassa e allora lei può respirare”.
Come parentesi finale, mi sembra che il punto in cui era stato portato il pesce sulla terra sembra quasi diventare un luogo "mistico" per Vardaman, visto il modo con cui ricorre nei suoi pensieri. "
Sento dov’era il pesce nella polvere", "Se salto giù dal portico sarò dov’era il pesce". "Era proprio lì per terra".
Ok, scusatemi se mi sono dilungato troppo, forse non ha molto senso cercare una logica in questo tipo di monologhi, ma quelli di Vardaman mi hanno stuzzicato e mi sono piaciuti molto.
Comunque, secondo voi potrebbero essere cose plausibili? In un prossimo messaggio commento anch'io sui dubbi sollevati da voi.
Nel frattempo non andate molto avanti con la lettura