pigreco
Mathematician Member
Altra mancanza che andava immediatamente colmata. Un romanzo bellissimo, delicato come solo i libri di Pavese lo sono. Personalmente l'ho amato di più anche de "La luna e i falò". Questa visione della guerra "dall'alto" è unica, quasi mistica. Pur non avendo un ritmo incalzante e una trama particolarmente avvincente si legge tutto d'un fiato e nonostante il drammatico periodo in cui si svolge la vicenda alla fine del libro si rimane con una dolce e pradossale sensazione di pace (almeno a me è successo così...). Classico da cui non si può prescindere.
Trama da Wikipedia:
Corrado, il protagonista, è un professore di Torino che vive con uno spirito di indifferenza e di apatia il duro periodo dei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale.
« Non avevo tristezze, sapevo che nella notte la città poteva andare tutta in fiamme e la gente morire. I burroni, le ville e i sentieri si sarebbero svegliati al mattino calmi e uguali.»
Rifugiatosi sulla collina torinese, egli vive presso due donne molto premurose nei suoi confronti: Elvira e la madre. Passa le giornate girovagando in cerca di un luogo tranquillo, al riparo dalle bombe e soprattutto dalle preoccupazioni. Così trova piacevole incontrarsi con un gruppo di gente semplice e allegra che si ritrova in una vecchia osteria dalla parte opposta della collina, tra cui ritrova anche Cate, una donna che aveva amato anni addietro e che poi aveva lasciato per paura delle responsabilità.
Cate ha un figlio, di nome Dino, che egli sospetta essere suo figlio, con il quale passa il tempo e nel quale egli rivede la sua spensierata fanciullezza.
Ma tutto questo non può durare e quando l'8 settembre del 1943 giunge l'annuncio dell'armistizio e la situazione, dopo i primi entusiasmi, sta precipitando, Corrado trascorre mesi di angoscia e paura
« Quella guerra in cui vivevo rifugiato, convinto di averla accettata, di essermene fatta una pace scontrosa, inferociva, mordeva più a fondo, giungeva ai nervi e nel cervello »
finché un giorno i tedeschi fanno una perquisizione nell'osteria e Cate e gli amici vengono catturati. Corrado, che stava rientrando da Torino, osserva quanto sta succedendo senza essere visto e si salva
« Ancora oggi mi chiedo perché quei tedeschi non mi aspettarono alla villa mandando qualcuno a cercarmi a Torino. Devo a questo se sono ancora libero, se sono quassù. Perché la salvezza sia toccata a me e non a Gallo, non a Tonio, non a Cate, non so. Forse perché devo soffrire dell'altro? Perché sono il più inutile e non merito nulla, nemmeno un castigo?.... L'esperienza del pericolo rende vigliacchi ogni giorno di più. Rende sciocchi, e sono al punto che essere vivo per caso, quando tanti migliori di me sono morti, non mi soddisfa e non mi basta. A volte, dopo aver ascoltato l'inutile radio, guardando dal vetro le vigne deserte penso che vivere per caso non è vivere. E mi chiedo se sono davvero scampato. »
Rimane per un po' di tempo nascosto presso Elvira e sua madre e in seguito si rifugia presso il Collegio di Chieri, mentre Dino, che lo raggiungerà più tardi, rimane per il momento presso le donne. Quando Dino lascerà il collegio per unirsi ai partigiani, Corrado decide di ritornare al suo paese natale "di là di boschi e dal Belbo" anche se il ritorno a casa non serve a migliorare la sua crisi esistenziale.
« Ci sono dei giorni in questa nuda campagna che camminando ho un soprassalto: un tronco secco, un nodo d'erba, una schiena di roccia, mi paiono corpi distesi.... Io non credo, che possa finire. Ora che ho visto cos'è la guerra, cos'è la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: - E dei caduti che facciamo? Perché sono morti? - Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero. »
Trama da Wikipedia:
Corrado, il protagonista, è un professore di Torino che vive con uno spirito di indifferenza e di apatia il duro periodo dei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale.
« Non avevo tristezze, sapevo che nella notte la città poteva andare tutta in fiamme e la gente morire. I burroni, le ville e i sentieri si sarebbero svegliati al mattino calmi e uguali.»
Rifugiatosi sulla collina torinese, egli vive presso due donne molto premurose nei suoi confronti: Elvira e la madre. Passa le giornate girovagando in cerca di un luogo tranquillo, al riparo dalle bombe e soprattutto dalle preoccupazioni. Così trova piacevole incontrarsi con un gruppo di gente semplice e allegra che si ritrova in una vecchia osteria dalla parte opposta della collina, tra cui ritrova anche Cate, una donna che aveva amato anni addietro e che poi aveva lasciato per paura delle responsabilità.
Cate ha un figlio, di nome Dino, che egli sospetta essere suo figlio, con il quale passa il tempo e nel quale egli rivede la sua spensierata fanciullezza.
Ma tutto questo non può durare e quando l'8 settembre del 1943 giunge l'annuncio dell'armistizio e la situazione, dopo i primi entusiasmi, sta precipitando, Corrado trascorre mesi di angoscia e paura
« Quella guerra in cui vivevo rifugiato, convinto di averla accettata, di essermene fatta una pace scontrosa, inferociva, mordeva più a fondo, giungeva ai nervi e nel cervello »
finché un giorno i tedeschi fanno una perquisizione nell'osteria e Cate e gli amici vengono catturati. Corrado, che stava rientrando da Torino, osserva quanto sta succedendo senza essere visto e si salva
« Ancora oggi mi chiedo perché quei tedeschi non mi aspettarono alla villa mandando qualcuno a cercarmi a Torino. Devo a questo se sono ancora libero, se sono quassù. Perché la salvezza sia toccata a me e non a Gallo, non a Tonio, non a Cate, non so. Forse perché devo soffrire dell'altro? Perché sono il più inutile e non merito nulla, nemmeno un castigo?.... L'esperienza del pericolo rende vigliacchi ogni giorno di più. Rende sciocchi, e sono al punto che essere vivo per caso, quando tanti migliori di me sono morti, non mi soddisfa e non mi basta. A volte, dopo aver ascoltato l'inutile radio, guardando dal vetro le vigne deserte penso che vivere per caso non è vivere. E mi chiedo se sono davvero scampato. »
Rimane per un po' di tempo nascosto presso Elvira e sua madre e in seguito si rifugia presso il Collegio di Chieri, mentre Dino, che lo raggiungerà più tardi, rimane per il momento presso le donne. Quando Dino lascerà il collegio per unirsi ai partigiani, Corrado decide di ritornare al suo paese natale "di là di boschi e dal Belbo" anche se il ritorno a casa non serve a migliorare la sua crisi esistenziale.
« Ci sono dei giorni in questa nuda campagna che camminando ho un soprassalto: un tronco secco, un nodo d'erba, una schiena di roccia, mi paiono corpi distesi.... Io non credo, che possa finire. Ora che ho visto cos'è la guerra, cos'è la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: - E dei caduti che facciamo? Perché sono morti? - Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero. »