Eccomi!...
Beh, a dire la verità io, facendo una gran confusione, avevo già illustrato la mia proposta all'inizio (quando non avrei divuto)....tirandomi dietro le ire dell'inventore dell'AF....
aura:
Questa era la mia introduzione:
Laocoonte, figlio di Antenore, era un troiano, sacerdote di Apollo. La leggenda narra del giorno in cui, durante la guerra di Troia, i troiani scoprirono che l'intera flotta greca era scomparsa e l'unica cosa rimasta sulla spiaggia era questa enorme struttura di legno a forma di cavallo. Dopo un primo momento di smarrimento si formo' la convinzione che fosse stata lasciata dai greci per placare gli dei e propiziare il loro ritorno in patria e che quindi dovesse essere accolta come qualcosa di sacro all'interno delle mura della citta'. Non tutti furono d'accordo e tra questi, colui che si oppose fortemente fu appunto Laocoonte:
« Questa è macchina contro le nostre mura innalzata,
e spierà le case, e sulla città graverà:
un inganno v'è certo. Non vi fidate, Troiani.
Sia ciò che vuole, temo i Dànai, e piú quand'offrono doni. »
Proferendo queste parole scaglio' una lancia nel ventre del cavallo che risuono' come fosse vuoto.
A questo punto Poseidone, che parteggiava per i greci, temendo che Laocoonte potesse convincere i troiani, fece uscire dal mare due enormi serpenti che avvinghiarono i due suoi figli e lui stesso, accorso in loro aiuto, uccidendoli. I troiani lessero nell'orribile fine di Laocoonte una punizione inflittagli dagli dei per il suo gesto di affronto ad un dono divino e decisero di portare il cavallo nella citta'….. e tutti sappiamo come ando’ a finire.
Questo era il mio commento:
La bellissima scultura degli artisti di Rodi (Polidoro e Agesandro tra gli altri) col suo stile classico illustra in maniera molto realistica soprattutto la sofferenza di Laocoonte nella vana lotta contro i serpenti, ma evoca in me l’immeso terrore che questo anziano sacerdote potesse aver provato non tanto a causa di questi mostri ne’ alla vista del cavallo, che di per se ai suoi occhi doveva apparire lugubre e minaccioso, quanto all’idea che quello che stava di fronte ai lui era in realta’ la fine. La fine di Troia e del suo popolo.
Il fatto che i suoi stessi concittadini stessero per decretare questa fine con le loro stesse mani, con la loro cieca decisione di portare il cavallo dentro le mura, non poteva che amplificare la sua terribile paura. Paura inoltre di non essere ascoltato e di capire, lui solo, la tragedia incombente.
Forse nel mito di Laocoonte si potrebbe leggere una conferma di come, in generale, cio’ che era ignoto, cio’ che non veniva compreso (in questo caso il cavallo) dovesse essere, a ragione, interpretato come ostile e fosse dunque saggio averne paura. L’eccezione a questa atavica paura dell’ignoto fu fatale al popolo di Troia.
Giusto per completezza devo ammettere che oltre alla paura, la figura di Laocoonte morente suscita in me in pari misura il sentimento della 'condanna del giusto', della tragedia della verita' non ascoltata, molto presente nella mitologia classica.