Quinto Artistic Forum: La paura ...(Galleria).

Stato
Chiusa ad ulteriori risposte.

asiul

New member
Eccomi!...:oops:

Beh, a dire la verità io, facendo una gran confusione, avevo già illustrato la mia proposta all'inizio (quando non avrei divuto)....tirandomi dietro le ire dell'inventore dell'AF....:paura:

L'AF non è una mia invenzione di mio c'è solo l'introduzione della "storia" (invenzione e/o interpretazione libera del dipinto). Poi certo che come lo presento io non lo presenta nessuno, ma questo è palese :mrgreen:

PS shhhh...non ditelo in giro eh?... se lo sapesse la gufetta mi toglierebbe quella bella patacca da vice che mi ha regalato .:roll:
 

Nerst

enjoy member
La scultura è l' immagine della morte che sopraggiunge inattesa ed ingiustamente punitiva. La vittima è avvolta dal serpente degli abissi pronto ad affondare i denti nella carne ed è reale la sensazione del morso mortale che a secondi arriverà.
L' espressione della vittima è sofferente quanto mai ed è accompagnata a quella dei figli ed in particolare al ragazzino a destra che guarda il padre con espressione di paura e una disperata richiesta di aiuto verso un padre, la cui espressione è del tutto rassegnata alla fine.
Quello che mi comunica la scultura è soprattutto tristezza, perchè la fine di Laocoonte è dovuta al fatto che lui aveva cercato di mettere in guardia i troiani, facendogli aprire gli occhi su qualcosa che aveva ben intuito e questo purtroppo lo si riscontra anche nella vita reale.
 

Pungitopo

Far Far Away Member
Grande Nerst! Mi piace il tuo commento. Sei scesa pure nei particolari e trovo le tue sensazioni molto condivisibili.

Mi sembra però che con l'arrivo del Laocoonte.....siano spariti tutti quanti!!:(:(
 

Sopraesistito

Black Cat Member
Per quanto riguarda me abbi pazienza, sono in pieno periodo di esami e non ho le forze... Appena ho un momento di tregua penso a qualcosa! :D
 

asiul

New member
Grande Nerst! Mi piace il tuo commento. Sei scesa pure nei particolari e trovo le tue sensazioni molto condivisibili.

Mi sembra però che con l'arrivo del Laocoonte.....siano spariti tutti quanti!!:(:(

Tempo al tempo...io ho sempre commentato tutto... e vi spetto fino alla fine... :YY
 

skitty

Cat Member
Questa scultura ai miei occhi evoca la paura e la disperazione per la fine e per l’ignoto, e per l’impossibilità di muoversi.

Laocoonte e i suoi figli sono completamente imprigionati, braccia e gambe immobilizzati, l’angoscia nei loro occhi e nelle bocche aperte ad invocare inutilmente pietà, è dovuta alla consapevolezza del loro destino. La bestia non lascerà loro scampo, e l’ignoto li attende dopo terribile sofferenza.

Sento anche io la tensione fortissima della disperazione di aver compreso cosa accadrà ai concittadini, e non poter fare ormai nulla per poterli mettere in guardia. Ecco che l’immobilità forzata degli arti, si riflette nell’immobilizzazione anche delle parole e del pensiero, che più nulla possono fare per salvare i troiani dal massacro.

Laocoonte vive quindi la paura su molti livelli: paura per sé e per la propria atroce morte, paura per i suoi figli, che vede morire e che non può salvare, paura per il suo popolo, che non può più avvisare del pericolo.

Io da spettatrice, oltre a queste sensazioni, sento anche la paura della fine: questi corpi così vitali e muscolosi, che sprigionano armonia, bellezza ed energia, sono destinati ad essere sopraffatti a breve dalla morte, in pochi minuti i serpenti porteranno la morte.
 

asiul

New member
Laocoonte... paura dell'io.

280px-Laocoon_Pio-Clementino_Inv1059-1064-1067.jpg



Laocoonte, sacerdote di Nettuno, è intento a sacrificare un toro al dio, quando dalle acque calme dell’isola di Tenedo due serpenti con immense volute incombono sul mare e dirigono a riva. Sovrastano le onde con le loro creste sanguigne e i loro petti erti, si muovono curvando il loro corpo. Giungono a riva, pieni di sangue e con gli occhi che ardono di fuoco, lambiscono le bocche con le lingue biforcute. I serpenti vanno verso Laocoonte, prima uno poi l' altro stringono tra le spire i suoi figli, li bloccano divorandoli, poi afferrano Laocoonte avvolto dai dorsi ricoperti di squame. Tenta di liberarsi dalla stretta; le sue bende sono intrise di sangue e veleno. Laocoonte grida come un toro ferito che si libera dall'ascia conficcata sul collo.Fugge dall' altare sul quale stava per essere sacrificato. I serpenti si avviano verso il tempio di Atena… si avvolgono ai piedi della statua, sotto lo scudo della dea.
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Questa immagine di Laocoonte è di una bellezza estrema.
La statua è ferma eppure i suoi movimenti sembrano arrestati solo dai corpi dei serpenti che dopo aver divorato i suoi figli lottano per prendere il padre.
C’è nel volto la forza e la disperazione verso l’inevitabile sorte. È presente in questa statua la paura per la fine. che sembra ormai certo debba accadere. C'è la paura non della sua sorte, ma come già detto e da me condiviso quella dei figli, dei compagni, della sua gente.
Sa che la fine è vicina, ma lotta senza arrendersi fino all’ultimo.

La storia della paura in quest’opera proposta da pungitopo è nei serpenti ed in ciò che rappresentano.
È la paura per l'imprevisto e non solo. Per tutto ciò che può colpire all’improvviso, a volte, togliendoci tutto.
La storia è quella di un uomo, uno qualunque che vissuto nell’illusione di un mondo perfetto ad un tratto si accorge d’aver perduto ogni cosa.
I serpenti lo avvolgono e cercano di soffocarlo. Gli tolgono ciò che ha di più prezioso, i suoi affetti e li portano lontano da lui.

Ma quei serpenti altro non sono che il suo spettro, la sua mancanza di forza, la sua nmancanza di voglia nel/al vivere che lo porta sempre più in basso fino ad inabissarsi nel mare della disperazione.
C’è una speranza, voglio trovarla sempre ( :) ), ed è tutta espressa nel corpo dell’uomo. E mentre il volto ci rivela la disperazione il resto ci mostra il suo coraggio.
Il corpo quindi da me usato come simbolo per identificare la forza che ognuno di noi dovrebbe trovare in sé per combattere i demoni (i serpenti) che si attorcigliano a noi e che non ci lasciano vivere. Quei demoni che ci distruggono a tal punto da cancellare ogni affetto.

Nella mia storia i serpenti sono la parte di noi che si arrende. È la paura di non farcela e di pensare che il mondo che ci circonda possa essere più forte di noi tanto da abbatterci, togliendoci tutto.

A volte questo accade e apparentemente ci porta via la realtà, ci fa dimenticare quali siano le cose più importanti, quali gli affetti più cari.
Qui i figli di Laocoonte rappresentano la possibilità (tremenda a volte quando accade) che non ci si accorga di perdere qualcosa di più importante. Presi dalla vita e da noi stessi (dal nostro demone) ci dimentichiamo che, spesso, la cosa più importante della nostra vita sono gli altri (certi altri) più che noi stessi e che la rinuncia a combattere non cade solo su noi, ma in più circostanze colpisce irreparabilmente loro, di noi, ben più deboli e che per difendersi hanno bisogno ancora delle nostre braccia, ma che sanno amarci indistintamente qualunque decisione si prenda.

Mi viene in mente il padre (o madre), penso a quando permette che il serpente ( la vita, gli accadimenti della vita) gli divori i figli, preso più da sé stesso e dal (non)rapporto con l’altro che dal proteggerli.
Questa statua mi piace molto e l’ho sempre apprezzata per gli innumerevoli significati che riesce a trasmettermi.

C’è disperazione, abbandono, coraggio, morte, protezione, sacrificio… e molto altro ancora.
Ecco questa è una possibile lettura, un po’ stramba come mio solito, ma riassumendo vedo nel Laoconte la paura di quanto potrebbe accadere se ci concentrassimo solo sul nostro "io".
 

Pungitopo

Far Far Away Member
Interessanti ed articolati i commenti di skitty e asiul.
Mi piacciono soprattutto perche' scaturiscono da un'analisa minuziosa visiva dell'opera, mentre riguardando cio' che ho scritto io noto di essermi soffermato forse piu' sul contesto in cui si svolge la storia rappresentata dall'opera che non dall'opera in se stessa.
 

skitty

Cat Member
Il bello dell'Artistic Forum secondo me è proprio che ciascun partecipante si sofferma su un aspetto diverso, così si hanno tante visioni ed interpretazioni interessanti! Io ho sempre l'impressione di scrivere fesserie :mrgreen: , però mi sto divertendo!
 

asiul

New member
Munch...l'angoscia nell'irrazionale

Ed eccoci alla proposta di Nerst ....



Sera%2Bsulla%2Bvia%2BKarl%2BJohann.jpg

Sera sulla via Karl Johann olio su tela (1892),dim.85,5 x 121 cm fa parte della Commune Rasmus Meters Collection di Edvard Munch (nato a Loten,1863 - morto ad Oslo, 1944).

Il dipinto fu esposto nello stesso anno in una mostra con altri 50 dipinti,ma considerato "un insulto all'arte" portò alla chiusura immediata (dopo una settimana di esposizione) della galleria che l'ospitava.

La passeggiata per le vie di Oslo è l'occasione per Munch di descriverci con le sue immagini, i cittadini borghesi, rivelandoci cosa ne pensa. Una moltitudine di zombi senza umanità in coda come in una processione funebre.


"Vidi tutte le persone dietro le loro maschere – ridevano flemmatiche- facce composite- vidi dentro di loro e c’era sofferenza –in ognuno di loro- corpi pallidi- che, senza sosta, si muovevano- lungo una strada tortuosa alla fine della quale c’era solo la tomba." [Edvard Munch]

In attesa che Marianna ci introduca l'opera ed esponga le motivazioni della sua scelta vi intrattengo con qualcosa di movimentato.Vi aiuterà a staccare la mente dalle proposte precedenti.:mrgreen:

Spero abbiate capito che non sono una gallerista come tante...cuffie scolaresca! Si fa merenda... and play... TUNZZZ

YouTube - ‪AC/DC Back In Black & Rock Me Baby With The Rolling Stones‬‏
 

Nerst

enjoy member
Quello che pensa la critica artistica:

La Sera nel corso Karl Johann del 1892 è un'opera inquietante.
Il passeggio per la via principale della città è visto come una processione di zombie in abiti alla moda. Tutte le fisionomie sono stravolte, hanno gli sguardi fissi, le teste ricordano dei teschi, hanno anche un colore bianco-giallastro, i corpi sembrano dei fantocci. Sembrano venire avanti inesorabilmente, come degli automi telecomandati, senza espressione, senza vita, senza umanità.
E' l’ occasione per Munch di mostrare cosa egli pensa dei cittadini borghesi in genere: un’umanità spiritualmente vuota che come zombi vive senza realmente vivere.

Lo stesso Munch aveva combattuto sin da giovane contro l'educazione puritana del padre, ma senza mai liberarsi dei suoi tabù.


Quello che sento io:

Il dipinto a prima vista mi dà la sensazione di soffocare a causa di questa folla, che inesorabile e senza curarsi della possibile altrui presenza, cammina incontro allo spettatore pronto a travolgerlo.
Per me la folla è la rappresentazione fisica di alcuni aspetti della società che non condivido, ma che sembrano avvolgermi inesorabilmente, costringendomi ad indietreggiare e quindi a cedervi.. E se non ti fondi con la folla, che protegge le leggi della borghesia, ti ritrovi come la figura alla destra, che di spalle cammina da sola verso il viale ombroso.

Il dipinto estrapola dal mio animo la paura di non poter essere me stessa in una possibile società che si circonda solo di persone che accettano modi di pensare che io non potrei condividere mai.
 

skitty

Cat Member
Intravedo una duplice paura in questo dipinto.

Di primo acchito, la figura che più ha colpito la mia attenzione è la figura che cammina sola sulla destra, e quindi le paure che si sono accese in me, sono entrambe considerate dal punto di vista di questo personaggio.

Innanzitutto la paura di seguire la folla, troppo compatta, con i visi sconvolti… il “solitario” (chiamiamolo così) si sente schiacciato da tutte queste persone che camminano pressate l' una contro l’altra. Tra l’altro neanche tutte nella stessa direzione; si intravedono due, forse tre persone, che per così dire entrano addirittura in “rotta di collisione” con gli altri che procedono invece tutti insieme.

Allora il solitario si sposta da questo marciapiede angosciante, perché non capisce dove stiano andando tutti, trascinati dall’inerzia e dall’infelicità, e decide di camminare sulla destra, dirigendosi in senso contrario.

Ed ecco allora la seconda paura: il timore della solitudine, dell’andare contro corrente. Il dubbio di star facendo o meno la scelta giusta, ponendosi su un percorso scelto da lui solo. Si prende sulle spalle una responsabilità che gli altri personaggi non hanno: essi camminano sospinti dalla volontà (o assenza di volontà) altrui, mentre il solitario deve rispondere solo a sé stesso circa la direzione intrapresa, senza potersi confrontare con nessuno.
 

asiul

New member
Non mi sono dimenticata dell'AF eh?Ho poco tempo e probabilmente commenterò la proposta di Nerst con un leggero ritardo,ma domenica aggiornerò il thread con l'opera successiva. :ad:
 

Pungitopo

Far Far Away Member
La Sera sulla via Karl Johann

Innanzitutto penso che sia proprio quel concentrare la folla nell'angolo in basso a sinistra del quadro a rendere in modo magistrale la sensazione di claustrofobia, di invasione. La prospettiva fa sentire lo spettatore nel quadro stesso...e in modo non piacevole direi. Gli sguardi allucinati dei passanti in primo piano piu' che a zombies mi fanno pensare alla malattia, a persone morenti. Che pero' invece di suscitare pieta' esprimono qualcosa di malevolo..o forse piu' che malevolo, privo di empatia.

Il colore violaceo del cielo mi fa pensare a un enorme livido...a qualcosa di infetto.
Lo spuntone di roccia, quasi un mehnir, nel bel mezzo del corso e' abbastanza destabilizzante...a me da' l'impressione che, sebbene si vedano luci alle finestre e gente per strada, in realta' la citta' sia morta e le case si trasformino in rocce.

Bellissima (o meglio geniale...) l'eleganza con cui sono abbigliati i passanti: dietro la facciata estetica, falsa, e' come se qualcosa di marcio venisse a suppurazione.

Aggiungo una cosa che ho notato in un secondo momento: la forme delle nuvole nel cielo porpora mi evocano come un'immagine di fumi residui dopo il bombardamento di una citta'...come se la citta' fosse stata distrutta e quella strada fosse una tra le poche con edifici rimasti in piedi e la gente si ostinasse a condurre una vita(?) normale come se nulla fosse successo.
Concludendo la paura che mi suscita questo quadro e' la paura della disperazione, del degrado...forse in estrema sintesi, della morte.
 

asiul

New member
Prossima proposta quella di Shoofly

338px-Goya_Dog.jpg

El perro del Goya

I commenti della precedente proposta sono sempre possibili.Anche perché io non ho ancora scritto nulla,ma lo farò la settimana entrante.

Buon we a tutti!
 

Shoofly

Señora Memebr
El perro

Perro semihundido o, più semplicemente, El perro, è una delle Pinturas negras che decorano in parte le pareti della Quinta del Sordo, la residenza che Francisco Goya acquistò nel 1819.

In una foto realizzata tra il 1863 e il 1866 si vede lo stato di conservazione del dipinto prima del distacco operato nel 1873: l’immagine mostra con maggior chiarezza la presenza di un picco roccioso sul mare e di uccelli in volo verso i quali il cagnolino sta indirizzando lo sguardo.

381px-Perro_semihundido_%28Juan_Laurent%29_2.jpg


Dal 1881 l’opera è conservata al Museo del Prado.

Diverse sono state le interpretazioni offerte dagli studiosi su questo insolito e suggestivo soggetto che molti hanno visto come un antesignano del Simbolismo e addirittura del Surrealismo: un semplice spazio di colore dove campeggia un piccolo elemento centrale, la testa del cane, definito con vigorose pennellate di nero, bianco e grigio che si stagliano contro gli ocra dello sfondo.

Lo sguardo del perro segna la verticalità della composizione, accentuata anche dal contrasto che questo forma con l’ampiezza del cielo verso il quale si rivolge.

Francisco+Goya+-+El+perro+-+1819-1823+-+The+dog+-+The+Black+Paintings.jpg


El perro sta affogando. Non sappiamo come mai sia finito in mare. Perché quello in cui è immerso sembra essere mare anche se ha l’aspetto di una melma scura e densa come bitume, capace di intrappolare strettamente come una morsa.
Il cane cerca disperatamente di continuare a guardare in alto per sopravvivere. Nessun guaito, nessuna contorsione scomposta: la paura è calma, silenziosa, consapevole.

Su di lui preme un cielo giallo zolfo, un cielo pensato per una discesa agli inferi in un pomeriggio di vento sabbioso e soffocante.

Il cagnolino è muto, composto, il naso puntato verso l’alto cerca ancora un attimo di respiro, l’occhio sembra appena velato dalla paura alla quale fa da metaforico richiamo quel cielo fumoso ed inquietante, punteggiato di uccelli indifferenti e lontanissimi.
La paura della morte incontra qui la dignità dell’animale, profonda, rassegnata, struggente nella sua semplicità più totale ed immediata.

El perro non è ancora morto. Fissato in quell’attimo di angoscia così decorosa e commovente non merita di finire inghiottito dall’oblio. Resta sospeso in un eterno altalenare di flutti oscuri, la non vita di uno spazio pittorico come ultima, e terribile, possibilità concessagli dal suo creatore.
 
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asiul

New member
Nella mente del signor X...

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Sera sulla via Karl Johann olio su tela (1892)Munch

Prima di tutto devo confessare che quest'artista non m'è mai piaciuto come non amo questo dipinto.Noto però che è davvero inquietante. Conosco la storia di Munch e leggo nelle sue tele, ogni volta, un pezzetto della sua esistenza. Molte di queste tele sono accompagnate dalle sue stesse parole, quelle di un animo che sembra dannato.

Guardando quest'opera mi sono domandata cosa potesse rappresentare oltre il significato voluto.

Molti volti sono assenti, sembra quasi inutile caratterizzarli perché l'animo di quelle persone è tutto uguale.

ma dov'è la paura in questo quadro?
Immaginate che questo rappresenti la mente di un uomo. Quelle persone sono i suoi spettri che passeggiano assieme ai pensieri.
Ognuno di quei volti rappresenta l'incubo che gli farà compagnia ogni notte. I primi, quelli in vicinanza sono le paure certe e per lui riconoscibili, le altre quelle che verranno e delle quali non conosce la natura.

Ha paura la "nostra" mente, la mente di questo signorX...paura che l'uomo che le persone sembrano seguire in una processione funebre possa essere lui.

Paura di morire nel pensiero, di non riuscire più ad esistere nella sua mente, paura che i suoi fantasmi lo raggiungano per seppellirlo definitivamente. Sa che i suoi spettri aspettano lui... ma non s'accorge che è lui ad animarli.Solo lui e lui soltanto può cambiare il colore a questo dipinto, solo lui può tirarsi fuori dalla cassa nella quale s'è messo.

Di solito cerco sempre uno spiraglio nelle storie tristi.Ho il vizio di volere sempre il lieto fine e cerco un particolare anche impossibile.Qui quell'elemento è l'uomo sulla destra che volta le spalle all'osservatore.
Si tratta della capacità di saper gettare in un cestino immaginario i fantasmi che ci possiedono.

L'uomo di spalle cammina nel senso opposto alla coda di persone.Non partecipa, abbandona la strada intrapresa per scoprirne una nuova.
Ed è questo quello che spero faccia chiunque si trovi ad avere degli spettri.Non è facile lo so, anch'io ho un ghost che gira qua e là nella testolina come un folletto dispettoso che mi fa diventare cattiva ( perciò sopportatemi), ma è possibile se non eliminare del tutto, almeno dominare le nostre paure, parlandone, cercando una soluzione per una via diversa da quella solita e camminare come l'uomo nel dipinto anche soli se necessario, voltando le spalle a ciò che ci distrugge.

Ecco fatto... solito giretto nella testolina della Lu. :p
 

Shoofly

Señora Memebr
I salamini del Laocoonte.

Mi sembra però che con l'arrivo del Laocoonte.....siano spariti tutti quanti!!:(:(

E ti credo!! Il gruppo del Laocoonte* dopo il "derestauro" pare la fiera dei salami affettati..... :mrgreen:

Scherzo, ma non più di tanto dal momento che l'osservazione non è mia ma di uno dei maggiori teorici del restauro, Cesare Brandi.


Il gruppo era stato ritrovato nel 1506, in modo del tutto fortuito presso il colle Oppio, non lontano dalle antiche terme di Tito.
Il 14 gennaio di quell'anno un certo Felice de Fredis cadde in una buca che si era aperta improvvisamente nella sua vigna.
Il poveretto se la cavò con qualche frattura ma in compenso la buca rivelò la presenza di un vano sotterraneo con un arco murato e numerosi frammenti di marmo.

Dopo l'assemblaggio risultò che al gruppo statuario così scoperto mancavano parecchie cosette: il braccio destro piegato di Laocoonte, le braccia dei figli, un piede del figlio piccolo, metà nuca del figlio di destra, una porzione del serpente fra il figlio di destra e il padre. La testa del serpente che sta per mordere il fianco di Laocoonte era fra i pezzi ritrovati, ma fu smarrita - sembra - e sostituita nel Settecento.

Un disegno di Marcantonio Raimondi del 1510 circa, raffigura il gruppo con il piede reintegrato.
Altre aggiunte furono fatte probabilmente entro il 1520 (le braccia dei figli) mentre l'intervento definitivo, con l'integrazione del braccio destro di Laocoonte, è opera del Montorsoli che vi lavorò tra il 1532 e il 1533 su incarico di Clemente VII.

In un disegno a carboncino del Montorsoli si scopre la sua invenzione e cioè il braccio teso. Da restauratore di statue antiche, con un attento studio dell'anatomia della statua, doveva aver capito che il braccio era piegato, ma scelse l'altra soluzione per accentuare l'espressione del pathos, con una soluzione ben più "teatrale" di quanto non fosse l'antica.

chronology-figure9.jpg


Poi, in epoca imprecisata, il danno.
O meglio: il derestauro, eseguito con il taglio netto del "braccio Montorsoli" che fu sostituito con un altro - il cosiddetto "braccio di Michelangelo" - quest'ultimo piegato.

Tale illustrissima paternità fu poi confutata poiché il "nuovo" braccio era in realtà opera di un anonimo scultore attivo nella seconda metà del XVI secolo o, addirittura, agli inizi del XVIII.

Ma l'avventura dei restauri non finisce qui. :mrgreen:

Nel 1905 Ludwig Pollack, un mercante antiquario ebreo, capitò nella bottega di uno scalpellino romano e vide un braccio di marmo con un serpente aggrovigliato, da questi subito riconosciuto come l'originale braccio mancante del Laocoonte.
Peccato che sulla provenienza del pezzo non si abbia alcuna certezza...:??

Ad ogni modo l'essere entrato nella storia dell'archeologia non portò fortuna a Pollack. Sempre a Roma cadde in una retata dei nazisti e morì in un campo di sterminio.

L'ultima "versione" del Laocoonte è quella firmata da Filippo Magi, dopo il derestauro condotto nel 1957.

In quell'occasione venne applicato il "braccio Pollack", ritoccata la posizione del figlio maggiore (quello che dà l'impressione di liberarsi) ed eliminate tutte le integrazioni del Settecento.

Il risultato, storicamente ed esteticamente opinabile, è quello dei "salamini" del Brandi che ho ricordato sopra.
Questa sì che è: paura :paura:

laocoonte-i-sec-a-c-o-i-sec-d-c-musei-vaticani.jpg


:mrgreen:


Engramma-Galleria n.50



*il riferimento è relativo all'originale conservato al Belvedere in Vaticano, diverso dalla notissima copia di Baccio Bandinelli oggi agli Uffizi: http://www.artearti.net/images/uploads/image/Laocoonte-dopo-il-restauro.jpg
 
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skitty

Cat Member
El perro

(Dai che vi rendo partecipi di quanto sono imbranata… Prima di leggere qualsiasi cosa di questo dipinto, ne ho osservata un’immagine forse con colori un po’ sbiaditi…. Bè, risultato: ero convinta si trattasse di un topolino in una soffitta, e che quella a destra fosse la sua ombra, e stavo quindi lanciandomi in un monologo sulla paura dei topi!! :W Poi ho letto la presentazione di Shoof, e ho ri-osservato meglio…:roll:)

Il cagnolino sembra saper nuotare bene, non affonda nel mare nero e minaccioso, tiene la testina alta… Ma sente forte nel cuore due paure grandissime.
La prima: non essere in grado e non avere le forze per raggiungere la terra ferma, quella roccia minacciosa ma al tempo stesso sinonimo di salvezza.
La seconda è la paura del perché si trovi abbandonato in mare: perché lo hanno lasciato cadere, o forse appositamente gettato tra le onde? Quindi, se anche troverà le forze per mettersi in salvo, chi lo salverà dalla cattiveria dell’abbandono?
 

Nerst

enjoy member
Ho riflettuto parecchio sulla sensazione che mi suscita questo quadro. Devo confessare che a prima vista non avevo riconosciuto la figura del cagnolino tra le onde, ma ora che ne scorgo chiaramente i lineamenti mi rattrista molto, perchè, anche se non è ben marcato, riesco a percepire la rassegnazione della fine sul volto del cane.

Il colore chiaro dell' ambiente circostante rende più accentuata la figura dell'animale e quindi il suo inevitabile destino. La tristezza che si evince guardando il dipinto la si percepisce dal musetto del cagnolino che guarda in alto per scorgere un aiuto e dall' onda al di sotto che sembra lì lì per avvolgerlo con la potenza del' acqua.
Ma un' altra cosa mi colpisce, la coscienza dell' animale che sa che non ce la farà, visto che il suo non è un annaspare nell' acqua, ma un semplice cercare di tenersi a galla, come se fosse pronto a cedere alla paura della morte con una calma enenarabile.
 
Stato
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