Zingaro di Macondo
The black sheep member
La guida alpina (Val d’Aosta)
Fino al XIX secolo il concetto di “gita” o di escursione non esisteva. Se parlavi di “fascino della montagna”, probabilmente ti prendevi qualche bestemmia in “patois”, una lingua dialettale pasticciata di francese e italiano.
La montagna era semplicemente qualcosa con cui fare i conti, qualcosa che dava da mangiare, ma solo in cambio di condizioni di lavoro disumane. Diciamolo pure: un terribile nemico da affrontare e nulla più.
Sveglia nel cuore della notte per mungere e lavorare i campi, tagliare la legna, portare i pascoli in altura e fare il formaggio, la famosa fontina valdostana. Quei contadini di alta quota divennero ben presto esperti delle loro zone, intrisi di quella fascinosa sapienza che non sta in nessun libro. Conoscevano ogni anfratto e ogni pertugio del monte Bianco e delle cime più alte della loro valle, una conoscenza sudata, una conoscenza nata dalla vita esatta e precisa che tutte le montagne esigevano. Se eri metodico, se non lasciavi nulla al caso, allora la montagna, forse, ti lasciava vivo.
Non avevano caschi, imbrachi o mappe, né cartacee né satellitari. E il formaggio prodotto, quello buono, non potevano mangiarlo, perché era l’unica cosa di qualità che avevano e che dunque potevano commerciare. Il resto era per la sussistenza: la legna andava bruciata e il latte andava bevuto. Dunque, dopo aver munto e condotto gli animali al pascolo, si partiva per la montagna con qualche scarto di formaggio in tasca per tagliare la legna. *
Oggi, prima di mangiare un pezzo di fontina, lo guardo un po’ e penso a queste storie di freddo, di sporco primitivo e di selvaggio naturale.
Arriva poi il boom economico, conseguenza della rivoluzione industriale e della tecnica applicata alla scienza. E’ la nascita del capitalismo moderno, con le sue terribili contraddizioni interne, marcate da grande profitto per pochi e da misera condizione per molti.
E con esso nasce la classe borghese “industriale”, la quale cominciava ad avere soldi in abbondanza e si renderà conto della bellezza delle cime valdostane.
Che “fascino” il tetto d’Europa, il monte Bianco, tanto ipnotico e irraggiungibile, quanto cangiante nelle diverse ore della giornata e dei periodi dell'anno! Il monte Bianco non è mai uguale a sé stesso, come scolpito da un impressionismo naturale fatto di evoluzioni artistiche modificate dal tempo, dalla neve e dal sole.
Ma della varietà di colori, dello spirito e del fascino delle cose ti rendi conto solo se hai la pancia piena, diversamente devi pensare a riempirla, la pancia. E i “borghesi”, generalmente ben pasciuti e soddisfatti fumatori di sigari, avevano anche tanti soldi. E coi soldi decisero di comprarsi anche la bellezza. Intendiamoci; meglio comprare chili di bellezza che pochi grammi di guerra.
Parallelamente alla voglia di avventura dei “neo-borghesi”, verrà attivato quel circuito di ricettività indispensabile a chi voleva avventurarsi su quelle cime, allora sconosciute e pericolose. Nasceranno i primi alberghi e i primi rifugi d’alta quota. Courmayeur diventerà la base per molte di quelle ascensioni in cui non pochi sprovveduti persero la vita.
Siccome perdere la vita non faceva piacere a nessuno i borghesi smisero di avventurarsi. E gli albergatori, rimasti orfani del profitto, si inventarono il mestiere di guida alpina, un mestiere già pronto da secoli e disegnato sulle facce di quei contadini che le montagne le conoscevano a memoria.
Queste guide alpine, analfabete e ricche della sapienza della terra, lasceranno la durissima vita dei campi, in cambio di un buon stipendio, laute mance borghesi e veri pezzi di fontina, di quella buona e priva di croste.
Se andate in Val d’Aosta non privatevi di parlare con qualcuna di queste guide, che oggi sono colte e sanno parlare molto bene l’italiano. Vi faranno vedere fotografie magnifiche dei loro avi, gialle e consumate dal tempo, foto di dure facce e di scalatori d’altri tempi.
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