XCI GdL - I promessi sposi di A. Manzoni

elisa

Motherator
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metà capitolo XXXI

La peste entra a Milano, capitolo storico, molto tecnico, dove si capisce anche quanto le fonti siano contraddittorie e manipolate dagli stessi che le hanno tramandate. Manzoni è veramente un intellettuale a tutto tondo.
 

Spilla

Well-known member
Sono al capitolo XXIX, affranta di non avere tempo per i commenti. Ma voglio recuperare....:W
 

elisa

Motherator
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metà capitolo XXXII

Siamo in piena pestilenza, a Milano muoiono centinaia di persone al giorno e cosa si fa per contrastarla, una bella processione! Che ovviamente non fa che aumentare il rischio di contagio. Ma ecco le soluzioni alle cause del propagarsi della peste: gli untori! Dare colpa ad altri e non prendersi le proprie responsabilità non era solo di quell'epoca ma anche oggi ci sono innumerevoli esempi di rimpallo delle responsabilità, tanto da non individuare mai poi il reale responsabile.
 

Roberto89

MODerato
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Capitolo XXXIII

La storia sembra volgere ormai (lentamente) verso il finale. La peste dilaga e Manzoni la descrive sia con crudezza che con sapienza narrativa, dipingendo con le parole un quadro sconvolgente (neppure troppo lontano, se vogliamo, si pensi alla questione migranti dei nostri tempi).
Certo che Manzoni è stato proprio un maestro nel creare e usare i suoi personaggi. A parte il formato del romanzo non più accettabile di questi tempi, il modo in cui scava dentro di loro è incredibile. E poi mi piace che ci abbia messo ogni genere di carattere e tramite loro abbia descritto i più disparati aspetti della vita umana, del seicento ma anche del nostro tempo, perché questo romanzo ha tanto da insegnare a ognuno di noi. La morale Manzoniana dovrebbe imprimersi nella mente di ogni uomo che voglia anche solo definirsi tale... ma ce ne vorrebbe!!
 

elisa

Motherator
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Ho finito di leggerlo oggi! Sono veramente soddisfatta e anche felice per aver avuto l'occasione di riprendere in mano un capolavoro al di fuori delle aule scolastiche. :D
 

elisa

Motherator
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Perché I promessi sposi sono un capolavoro e la sua lettura può dare tante soddisfazioni?
Perché oltre a essere ambientato in Italia, essere scritto in italiano parla degli italiani, dell'Italiano in tutte le sue espressioni psicologiche e sociali. Manzoni poi è un tuttologo, un eclettico, ha una mentalità sia artistica che scientifica, retaggio dell'intellettuale rinascimentale, passato per l'illuminismo e che arriverà all'impegno sociale e organico di denuncia di quello che sarà l'intellettuale del Novecento. Romanzo e autore che più italiani di così non si può. La lettura è piacevolissima, che alterna descrizioni, approfondimenti, digressioni. Momenti comici, ironia e momenti drammatici, emotivamente coinvolgenti. E' uno dei romanzi che puoi prendere da diverse angolazioni oppure goderne tutto l'insieme e lasciarsi trasportare in un'Italia non così poi tanto lontana, capace quindi di diventare paradigma del presente. Più di così cosa si può volere di più dal romanzo italiano per eccellenza!
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Finito oggi. Forse qualcuno mi darà addosso :boh: ma provo a commentare liberamente, dimenticando la fama del romanzo.

La cosa che più mi ha colpito di questo romanzo è la capacità dell'autore di creare personaggi veramente profondi assieme ad altri scontati, riuscendo così a parlare praticamente di ogni aspetto della vita umana. Il romanzo è davvero coerente (non so perché ma mi è sembrato strano) in tutte le sue parti, riuscendo anche a entrare in dettagli senza problemi, qualunque sia l'argomento. I personaggi sono creati con maestria, mi viene da pensare che Manzoni li abbia copiati da suoi conoscenti per la capacità che dimostra nell'entrare dentro ognuno di loro; ovviamente il 'realismo' storico è altissimo e tutto il romanzo sembra un trattato antropologico che, cosa risaputa, vale oggi più di allora.

Gli aspetti che ho trovato spiacevoli sono pochi. Primo, la divisione troppo netta in sezioni narrative/storiche, quasi un resoconto tecnico. Cosa naturale, mi ripeto, non è un romanzo del ventesimo secolo... Secondo, i dialoghi sono davvero pochi, forse per questo ho trovato il romanzo molto pesante. Terzo, l'autore fa la morale e non posso fare a meno di sentirla come una cosa esagerata.

Sicuramente avrò dimenticato qualcosa, ma provando a tirare le somme è un bellissimo romanzo, ma noioso. Se oggi però fossimo più abituati a questo tipo di romanzi invece che essere circondati da libri vuoti e serie tv senza un vero contenuto probabilmente saremmo tutti più propensi a una lettura lenta e meditata... Manzoni stesso alla fine del romanzo ci invita a chiederci cosa abbiamo imparato dopo la lettura della sua opera. Credo che per molti versi sia il romanzo giusto per il nostro tempo ma del tutto inadatto all'uomo moderno.

Evito volutamente il tema scuola se no non finisco più.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Anche io trovo eccezionale la carrellata dei personaggi, che assumono spessore con poche pennellate e si raccontano durante la storia tanto da diventare tutti importanti.

Provo a citarli tutti e se mi aiutate se ne dimentico qualcuno :MUCCA

Don Abbondio
Renzo Tramaglino
Lucia Mondella
Agnese
Perpetua
il Griso
don Abbondio
il conte Attilio
fra Cristoforo
fra Galdino
Gertrude, la monaca di Monza
Egidio
l'Innominato
il Nibbio
l'Azzeccagarbugli
Federigo Borromeo
la buona donna
il sarto
la vedova mercantessa
donna Prassede
don Ferrante
il Podestà
Bortolo
l'amico di Pescarenico
Tonio
Padre Provinciale
il Conte zio
l'Oste
il "birro" dell'osteria
Gervaso
Antonio Ferrer
Padre guardiano...
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Aggiungerei il popolo, cui Manzoni dà parecchia importanza; non è un personaggio vero ma agisce come tale.
 

Spilla

Well-known member
La settimana di lavoro intenso mi ha rallentato non poco, eppure alla sera non vedo l'ora di riaprire il libro e gustarne quelle poche pagine che riesco a leggere prima che mi si chiudano gli occhi :mrgreen:
Sono al capitolo XXXIII. Quel che posso dire ora è che tutta la trattazione della peste, che pure rallenta il ritmo narrativo, è mirabile.
Non sono d'accordo con te, Roberto, quando usi l'aggettivo "noioso". Anche se l'andamento di alcune parti è lento e iper-dettagliato, Manzoni riesce a dare a ogni passaggio grande intensità e a non soffermarsi inutilmente su riflessioni astratte. Presenta un quadro, una situazione, quindi racconta le reazioni degli uomini dell'epoca, ci fulmina con una massima e passa ad altro.
Memorabile il passaggio "il buon senso c'era, ma si nascondeva davanti al senso comune (cito a memoria, non sono sicura che la frase sia precisamente questa :mrgreen:).
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Grazie Spilla. In effetti non trovo noioso il romanzo, come ho involontariamente scritto, ma la sua struttura "a zone". Ho trovato difficile leggere le parti in cui Manzoni si dilunga. Utili ma lente. Magari non sono ancora abbastanza maturo in senso letterario per poter apprezzare quest'opera. Dirò anche a mia discolpa (e allo stesso tempo mi incolpo però:mrgreen:) che ho letto il libro insieme a quello di Ken Follett e questo può aver influito negativamente sul Manzoni.
Apprezzo comunque il tuo punto di vista e lo vedo anzi come uno sprone a migliorare.
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
Anche io penso che più che noioso abbia un passo lento, ottocentesco, adatto all'approfondimento e alla meditazione. Ma io mi sento ottocentesca in questo :) Poi dopo Proust tutto appare brioso e sintetico :mrgreen:
 

Roberto89

MODerato
Membro dello Staff
Anche io penso che più che noioso abbia un passo lento, ottocentesco, adatto all'approfondimento e alla meditazione. Ma io mi sento ottocentesca in questo :) Poi dopo Proust tutto appare brioso e sintetico :mrgreen:

Caspita, mi sa che sono l'unico che legge Proust senza stancarsi e si annoia con gli altri :? Sono un caso a parte, non c'è niente da fare. Mi dispiace solo di non essere riuscito a partecipare al GdL dell'anno scorso. Mi sa che mi rifarò presto con una lettura integrale.
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Io invece francamente confesso che la parte che sto leggendo ora mi sta annoiando un po'. Quella successiva all'assalto ai forni, in cui Renzo finisce all'osteria e gli sfugge il proprio nome grazie allo stato di ebbrezza, poi vengono ad arrestarlo, poi fugge ecc. Sicuramente è interessante e a tratti divertente, però mi viene soprattutto da dire "e dai, forza, sbrigati!"
 

Spilla

Well-known member
Finito qualche giorno fa, finalmente torno qui a commentare.
Non vorrei ripetere le tante cose -tutte interessanti e giustissime- che già avete rilevato, perché avete gia scritto bene voi, sulla grandezza di Manzoni, sulla sua capacità di delineare i personaggi, sul rilievo che ha dato al popolo...
Voglio dire con semplicità cosa mi ha colpito, cosa mi ha portato a riflettere.
Prima scoperta (per me, il mondo probabilmente lo sa da sempre :mrgreen:): questo non è un romanzo. Non solo non esiste storia d'amore (Renzo e Lucia si amano, punto. Dall'inizio alla fine. Che storia sarebbe? :?). A Manzoni di questi due in quanto innamorati non importa un piffero. Li usa come scusa per il suo grande affresco, in primis, e poi come immagini: della fede, Lucia; dell'impulsività onesta, forse, Renzo.

Prova ne sia che il finale appare un po' raffazzonato, con uno sbrigativo lieto fine che piu lieto non si può (che Renzo diventasse un padroncino con fabbrichetta, proprio l'avevo rimosso:mrgreen:) e che l'unica scena un po' "emotiva" tra i due, quella dell'incontro al lazzaretto, è anche la sola un po' stucchevole di tutto il libro. A mio parere, eh?!:wink:

Seconda scoperta: Manzoni non è affatto bacchettone come pensavo :??. Descrive come eroica e immensa la Fede (qui devo usare la maiuscola), quella che muove a grandi scelte, quella della coerenza e della fiducia in Dio. Ma demolisce la chiesa, tutte le volte che reppresenta il contrario di quanto sopra. E qui sono in disaccordo con te, Ziggy, quando dici che Lucia rappresenta la superstizione. Perché Manzoni la mette, la superstizione, in tante forme: quella del popolo contro gli untori, quella dei dotti, che cercano spiegazioni nelle stelle, quella di Don Rodrigo, che teme la maledizione di fra Cristoforo. E quella, più subdola, di fra Galdino, che promette grazie in cambio di noci. Lucia sceglie una coerenza forte e faticosa. Come fra Cristoforo e come il cardinal Federigo.
È vero che Lucia, per il resto, non è una protagonista (ma l'ho già detto, questo non è il suo romanzo), però mi chiedo quale margine di iniziativa potesse avere una donna, nubile, nel '600, che volesse essere "onesta" (che all'epoca non era una categoria soggettiva)!
[Detto cosi, a margine: in questi giorni ho letto il racconto di M. Serao "Cristina": dimostra quanto poco valesse ro desideri e aspettative femminili fino ad un centinaio di anni fa...]

Manzoni rappresenta, per contrasto, la non-Fede di don Abbondio, che usa la religione come protezione dai guai, e la non-Fede della monaca di Monza, che soccombe sempre. C'è la non-Fede nei conventi, dove si accolgono donne costrette al velo dalle famiglie, la non-Fede dei milanesi, che si attaccano a riti arcaici pur di non riflettere sulle cause del contagio.

Il cardinale... anche llui mi ha riservato sorprese. Perché Manzoni, che pure ne fa una grande figura, tra le righe ci spiega che diceva cose ingiustificabili (e che vano sarebbe scusarlo dicendo che era uomo del suo tempo), che i suoi scritti sono dimenticabili e ben poco di valore. La interpreto così: nessuno può essere davvero perfetto. Lucia, fra Cristoforo sì, perché sono parto della fantasia dell'autore. Gli altri possono al massimo impegnarsi per esprimere il loro meglio, tra le tante cadute.

Va letto, questo libro. Soprattutto fuori da scuola.
Grazie per aver condiviso questa lettura con me :)
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Sono arrivata alla conversione dell'Innominato. Conversione un po' troppo veloce, a dire il vero :mrgreen: ma perdono l'autore perché è la parte più bella che finora abbia letto. Bellissima la descrizione dei suoi pensieri e dell'incontro con il cardinale Borromeo, dopo di che il Manzoni racconta con la consueta ironia e con le sue brillanti e raffinate divagazioni il contorno, i pettegolezzi e soprattutto il coinvolgimento di Don Abbondio e il suo viaggio verso il castello; quest'ultima parte rischia di essere esilarante, pur in un momento così solenne, come a volerci dire che ogni avvenimento, o quasi, ha il suo lato tragico e il suo lato ridicolo. Devo ammettere con dolore che mi sono molto ritrovata nei pensieri del curato vigliacco. :mrgreen:Lucia ha tirato fuori il suo carattere e la sua volontà, in quest'occasione si è dimostrata una donna determinata e ha superato la paura dell'Innominato (forse anche perché non aveva capito chi fosse?) pregandolo di lasciarla libera.
 

Grantenca

Well-known member
Ho seguito con grande interesse le vostre discussioni e mi sembra che, alla fine , siate tutti concordi nel riconoscere la grandezza del libro. Mentre leggevo le vostre discussioni ho riletto (ancora una volta!) qualche pagine del libro. Mi sembra che la parte riservata alla vicenda della monaca Monza, per rappresentazione della mentalità dei nobili del tempo ed analisi dei sentimenti umani di ogni tempo sia al di sopra di ogni possibile commento.
 
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