Finito qualche giorno fa, finalmente torno qui a commentare.
Non vorrei ripetere le tante cose -tutte interessanti e giustissime- che già avete rilevato, perché avete gia scritto bene voi, sulla grandezza di Manzoni, sulla sua capacità di delineare i personaggi, sul rilievo che ha dato al popolo...
Voglio dire con semplicità cosa mi ha colpito, cosa mi ha portato a riflettere.
Prima scoperta (per me, il mondo probabilmente lo sa da sempre
): questo non è un romanzo. Non solo non esiste storia d'amore (Renzo e Lucia si amano, punto. Dall'inizio alla fine. Che storia sarebbe? :?). A Manzoni di questi due in quanto innamorati non importa un piffero. Li usa come scusa per il suo grande affresco, in primis, e poi come immagini: della fede, Lucia; dell'impulsività onesta, forse, Renzo.
Prova ne sia che il finale appare un po' raffazzonato, con uno sbrigativo lieto fine che piu lieto non si può (che Renzo diventasse un padroncino con fabbrichetta, proprio l'avevo rimosso
) e che l'unica scena un po' "emotiva" tra i due, quella dell'incontro al lazzaretto, è anche la sola un po' stucchevole di tutto il libro. A mio parere, eh?!:wink:
Seconda scoperta: Manzoni non è affatto bacchettone come pensavo :??. Descrive come eroica e immensa la Fede (qui devo usare la maiuscola), quella che muove a grandi scelte, quella della coerenza e della fiducia in Dio. Ma demolisce la chiesa, tutte le volte che reppresenta il contrario di quanto sopra. E qui sono in disaccordo con te, Ziggy, quando dici che Lucia rappresenta la superstizione. Perché Manzoni la mette, la superstizione, in tante forme: quella del popolo contro gli untori, quella dei dotti, che cercano spiegazioni nelle stelle, quella di Don Rodrigo, che teme la maledizione di fra Cristoforo. E quella, più subdola, di fra Galdino, che promette grazie in cambio di noci. Lucia sceglie una coerenza forte e faticosa. Come fra Cristoforo e come il cardinal Federigo.
È vero che Lucia, per il resto, non è una protagonista (ma l'ho già detto, questo non è il suo romanzo), però mi chiedo quale margine di iniziativa potesse avere una donna, nubile, nel '600, che volesse essere "onesta" (che all'epoca non era una categoria soggettiva)!
[Detto cosi, a margine: in questi giorni ho letto il racconto di M. Serao "Cristina": dimostra quanto poco valesse ro desideri e aspettative femminili fino ad un centinaio di anni fa...]
Manzoni rappresenta, per contrasto, la non-Fede di don Abbondio, che usa la religione come protezione dai guai, e la non-Fede della monaca di Monza, che soccombe sempre. C'è la non-Fede nei conventi, dove si accolgono donne costrette al velo dalle famiglie, la non-Fede dei milanesi, che si attaccano a riti arcaici pur di non riflettere sulle cause del contagio.
Il cardinale... anche llui mi ha riservato sorprese. Perché Manzoni, che pure ne fa una grande figura, tra le righe ci spiega che diceva cose ingiustificabili (e che vano sarebbe scusarlo dicendo che era uomo del suo tempo), che i suoi scritti sono dimenticabili e ben poco di valore. La interpreto così: nessuno può essere davvero perfetto. Lucia, fra Cristoforo sì, perché sono parto della fantasia dell'autore. Gli altri possono al massimo impegnarsi per esprimere il loro meglio, tra le tante cadute.
Va letto, questo libro. Soprattutto fuori da scuola.
Grazie per aver condiviso questa lettura con me