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Innanzitutto inizio scrivendovi che a me il libro è piaciuto. E' "diverso" dal genere neorealista usualmente scelto da Calvino (come lui stesso definisce), ma altrettanto efficace. Nella sua semplicità è evocativo. Non è particolarmente lungo e non è impegnativo, si divora in poche ore.
"Il visconte dimezzato" è stato scritto come passatempo privato nel 1951 (importante sapere questa data per poterlo contestualizzare). Italo Calvino non lo scrisse per produrre "[..] un'allegoria moralistica o [..] politica in senso stretto [..]", bensì per " [..] esprimere la sofferenza di quel particolare momento" (la guerra fredda). Come lui stesso scrive in una nota del 1960: "Come un pittore può usare un ovvio contrasto di colori perché gli serve a dare evidenza ad una forma, così io avevo usato un così ben noto contrasto narrativo (bene e male) per dare evidenza a quel che mi interessava, cioè il dimidiamento. Dimidiato, mutilato, incompleto, nemico a se stesso è l'uomo contemporaneo; Marx lo disse alienato, Freud represso; uno stato d'antica armonia è perduto, a una nuova completezza s'aspira". I nostri antenati sono per Calvino: "L'esemplificazione dei tipi di mutilazione dell'uomo contemporaneo", ed ancora " Ho voluto farne una trilogia d'esperienza sul come realizzarsi esseri umani: nel cavaliere inesistente la conquista dell'essere, nel visconte dimezzato l'aspirazione ad una completezza al di là delle mutilazioni imposte dalla società, nel barone rampante una via verso una completezza non individualistica da raggiungere attraverso la fedeltà a un'autodeterminazione individuale: tre gradi d'approccio alla libertà."
E concludo con una frase del libro che mi è piaciuta molto: "Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane"