Eccomi, buona ultima. Ed ecco il commento.
Il libro non è certo il più riuscito di Svevo, ma ha tratti di tenerezza e delicatezza infiniti. La burla in sé è un espediente non molto riuscito. In realtà -me l'ha rivelato l'introduzione di Rumiz- Svevo ha già deciso che questo sarebbe stato il suo ultimo libro. E l'uomo di cui parla è sé stesso, cui rivolge l'invito, velato di sottile e amara ironia, di ripiegare sulle sole vere gioie della vita: gli affetti domestici, le certezze (il lavoro, gli amici veri), la gioia che la scrittura può effettivamente donare ma solo quando è fatto intimo, privato, e non quando sia ammantata di ambizione. A quanto ho capito, il grande successo raggiunge Svevo solo l'anno successivo alla pubblicazione di questo "romanzo di commiato", dopo decenni di scrittura e pubblicazione a proprie spese caduti nel silenzio indifferente di tutta la critica (Svevo viene scoperto e lanciato da James Joyce, quindi...all'estero! Lui che aveva trasformato il suo vero nome, tedesco, in un patriotticissimo Italo). E questa è la "burla" davvero riuscita!
P.S. se qualcuno ha correzioni su quanto ho detto, me lo faccia sapere!