Jessamine
Well-known member
Beh, devo dire che non mi aspettavo questo genere di libro, quando ho deciso di leggerlo.
Non so per quale strano motivo, davvero, ma mi aspettavo qualcosa di completamente diverso.
E la sorpresa è stata decisamente positiva.
Credo sia uno dei libri che più mi hanno emozionata negli ultimi sei mesi.
Qui c'è l'essenza del clown portata in prosa: Hans è un personaggio profondamente malinconico, addolorato, sensibile ad ogni elemento della vita, ma al tempo stesso riesce a portare in luce con un'ironia amara le sue più pungenti osservazioni. E' un attentissimo osservatore, della società e dell'animo umano, circondato dall'alone di arguta malinconia tipica di un clown.
Il suo profondo e incondizionato amore per Maria, la sua dedizione amara verso questa figura che nella sua mente viene quasi elevata ad icona, elemento ideale, quasi una donna angelicata (pur con connotati molto moderni), mi ha commossa nel profondo. Non so, forse tra me è Hans c'è una qualche affinità, mi sono riconosciuta in alcuni suoi aspetti, quindi in molti passaggi questo romanzo è stato un po' una stilettata.
Argutissima la polemica contro la società del tempo (l'ipocrisia cattolica, il clima del dopoguerra in una Germania che cerca di lasciarsi alle spalle l'esperienza del nazismo), un ritratto fedele e non mediato da maschere e pose sociali. Mi ha particolarmente colpito il momento in cui Hans ricorda di aver incontrato nel Comitato di sua madre il suo vecchio maestro, intento a parlare con un anziano rabbino, e a chiedere perdono per gli errori commessi durante la guerra. Eppure Hans ricorda benissimo che, fino a pochi giorni dalla fine della guerra, egli incitasse i ragazzini a sparare senza esitazione ad ogni ebreo. Mi ha colpito veramente molto una frase (purtroppo non posso citare testualmente, perché ho già restituito il libro alla biblioteca) in cui Hans/Boll afferma che è facile perdonare il generale, ma sono i particolari, gli sguardi, gli atteggiamenti ad essere impossibili da perdonare.
Ecco, trovo che questo romanzo sia una piccola perla, un perfetto intreccio di ironia e malinconia, qualcosa a cui mi è stato impossibile resistere.
In molti passaggi mi sono ritrovata con gli occhi lucidi, nella dolcezza con la quale il protagonista si trova a dover fare i conti col suo carattere, con una vita che non può fare a meno di colpirlo nel profondo, di segnarlo.
Un libro a mio parere straordinario, sotto ogni punto di vista, che sono certa non potrò fare a meno di rileggere.
Non so per quale strano motivo, davvero, ma mi aspettavo qualcosa di completamente diverso.
E la sorpresa è stata decisamente positiva.
Credo sia uno dei libri che più mi hanno emozionata negli ultimi sei mesi.
Qui c'è l'essenza del clown portata in prosa: Hans è un personaggio profondamente malinconico, addolorato, sensibile ad ogni elemento della vita, ma al tempo stesso riesce a portare in luce con un'ironia amara le sue più pungenti osservazioni. E' un attentissimo osservatore, della società e dell'animo umano, circondato dall'alone di arguta malinconia tipica di un clown.
Il suo profondo e incondizionato amore per Maria, la sua dedizione amara verso questa figura che nella sua mente viene quasi elevata ad icona, elemento ideale, quasi una donna angelicata (pur con connotati molto moderni), mi ha commossa nel profondo. Non so, forse tra me è Hans c'è una qualche affinità, mi sono riconosciuta in alcuni suoi aspetti, quindi in molti passaggi questo romanzo è stato un po' una stilettata.
Argutissima la polemica contro la società del tempo (l'ipocrisia cattolica, il clima del dopoguerra in una Germania che cerca di lasciarsi alle spalle l'esperienza del nazismo), un ritratto fedele e non mediato da maschere e pose sociali. Mi ha particolarmente colpito il momento in cui Hans ricorda di aver incontrato nel Comitato di sua madre il suo vecchio maestro, intento a parlare con un anziano rabbino, e a chiedere perdono per gli errori commessi durante la guerra. Eppure Hans ricorda benissimo che, fino a pochi giorni dalla fine della guerra, egli incitasse i ragazzini a sparare senza esitazione ad ogni ebreo. Mi ha colpito veramente molto una frase (purtroppo non posso citare testualmente, perché ho già restituito il libro alla biblioteca) in cui Hans/Boll afferma che è facile perdonare il generale, ma sono i particolari, gli sguardi, gli atteggiamenti ad essere impossibili da perdonare.
Ecco, trovo che questo romanzo sia una piccola perla, un perfetto intreccio di ironia e malinconia, qualcosa a cui mi è stato impossibile resistere.
In molti passaggi mi sono ritrovata con gli occhi lucidi, nella dolcezza con la quale il protagonista si trova a dover fare i conti col suo carattere, con una vita che non può fare a meno di colpirlo nel profondo, di segnarlo.
Un libro a mio parere straordinario, sotto ogni punto di vista, che sono certa non potrò fare a meno di rileggere.