Spaccato Di Vita Pirandelliano
Un giorno Lumiè di Sicilia, famosa ricattatrice di bernoccoli e ipocondriaca cronica dedita al marketinga slavato slavo, scoprì che il dovere del medico consisteva nel possedere beni immobili e non mobili, perchè questi ultimi potevano fuggire. Il buon Dottore Gervasio Astrolabi le spiegò che tutto questo era dato dalla ragione degli altri, come diceva il bravo Cecè, diminutivo amichevole di Federico: soleva dire mentre era dal calzolaio "Pensaci, Giacomino, che Aldo e Giovanni ti trattano troppo male!". Liolà? Lioqua? Lio dove sta? Tutti dicevano che era li, per me era la. Ma si sa che la maggioranza ha sempre ragione, perciò così è se vi pare. Suo zio tornò dall'Africa, dai suoi safari rimediò il berretto a sonagli, di vera pelle di daino (l'animale più ritroso del mondo). Non contento, mise un portentoso ritrovato asburgico nella giara, chiamato dagli indigeni delle Alpi centrali il piacere dell'onestà, una pozione che imponeva a chi la assumesse di dire solo menzogne. Grazie a suo zio, Lumiè prese la patente per gli autoblindi della banca, pensando in fondo ma non è una cosa seria, è un lavoro senza rischi e molto tranquillo. A tarda sera, rincasando, incontrò i suoi amici e al bar iniziarono una partita a il giuoco delle parti: questo giuoco consisteva nel scambiarsi le parti del corpo umano, con un innesto, per vincere bisognava dominare l'uomo, la bestia e la virtù, tutte e quattro queste cose. Passata una serata piacevole ed andato tutto per bene, Lumiè decise di presentarsi dal suo ex marito, per maltrattarlo come prima, meglio di prima, ma in casa sua trovò la signora Morli, una e due, gemelle siamesi di voluttuoso intrattenimento. Tornando a casa in lacrime, incontrò sei personaggi in cerca d'autore, una gang di bambini criminali che saccheggiavano i passanti per comprare dolci. In strada vicino l'entrata del mercato c'era un barbone, tipico uomo dai baffi lunghi, che i passanti chiamavano Enrico IV, perchè i pirimi tre che sostavano li erano stati rimossi coattivamente. All'uscita del mercato. Lumiè trovò un imbecille che voleva vestire gli ignudi con palme di rododendro per non farli grattare sotto le ascelle. Vedendo questo, l'uomo dal fiore in bocca si indignò alacremente urlando "Imbecille, non pensi alla vita che ti diedi. Era meglio l'altro figlio!" Ciascuno a modo suo rallegrava l'ambiente circostante con le sue fissazioni. Pensando a questo si avviò alla festa paesana, la sagra del signore della nave, festa che celebra i montanari. Qui incontrò Diana e la Tuda, la prima faceva la casalinga, la seconda l'amica delle mogli dei primati da zoo. Bellavita faceva la Tuda, Tuda vida. Parlando uscì fuori dal portone un cane, era o di uno o di nessuno, ma qualcuno doveva pur avere diritti su quel canide che faceva i suoi bisogno ove bisogno. Arrivo Ahmed, il venditore ambulante di zona, dicendo a gran voce "Tutto tu vuoi, come tu mi vuoi, io ce l'ho!" con gran divertimento di tutti. "Questa sera si recita a soggetto" diceva il barista dalla vetrina del barbiere "Trovarsi sotto un ponte quando si è qualcuno non porta a niente, non è come la favola del figlio cambiato che, non si sa come, fece i soldi con la copisteria e la finanza non lo beccò mai!". Perle di saggezza licantrope a grappoli, constatò Lumiè, sogno o forse no, mi sento esclusa da tutto questo intelletto popolare. Ma noi sappiamo che verrà il suo turno. Manifesti funerari appesi alle pareti, il fu Mattia Pascal ringrazia per la partecipazione e per i fiori che suo marito ha portato via e venduto a i vecchie e i giovani. Anche per oggi Lumiè non ha guadagnato un euro, uno che fosse uno, nessuno e centomila. Magari.