Zingaro di Macondo
The black sheep member
Credo che sia venuto il momento di dire che siamo tutti diversi. Non solo come individui, ma anche e soprattutto come società, come etnie, come razze (come si diceva una volta). Forse a qualcuno sarà drizzato qualche pelo sulla schiena. Sono contento dei peli dritti, sono quelli che mettono all’erta e ci fanno fermare in tempo, ci fanno desistere, ci fanno pensare prima di agire. Il pelo dritto fa parte dell’emozione che risponde al nostro apparente conformismo.
Mi spingo oltre: esistono caratteri regionali, per giunta tra loro molto distanti. Il napoletano non è il milanese e il milanese non è il calabrese. Anzi; esistono grandissimi differenze in soli pochi chilometri. Non trovate, voi perugini, che i ternani siano altra gente? E voi bresciani, non siete forse certi che i bergamaschi siano profondamente distanti dal vostro modo di fare? Addirittura c'è differenza tra Bergamo alta e Bergamo bassa, pensa un po’. Tra gente di montagna e gente di pianura. Tra bianchi e neri. Per non parlare dei musulmani e dei cristiani. Degli orientali e degli occidentali.
La spina arriva e fa male quando dal concetto di diverso slittiamo su quello di “migliore” e “peggiore”. Quando ci arroghiamo il diritto di giudicare, decidere.
Gli Stati Uniti, quelli del Sud, quelli profondamente provinciali, chiusi, agricoli e con grande paura sono l’argomento di questo bellissimo romanzo. Sono gli Stati Uniti del Ku Klux Klan o quelli degli anni ’50. In cui il negro è brutto, sporco e cattivo, perché arriva da lontano e vuole inquinare la tradizione. E infatti c’è chi li vuole rispedire tutti in Africa senza troppi complimenti.
Caldwell è uno degli scrittori più sottovalutati del XX secolo, questo romanzo non ha nulla da invidiare al suo simile più diretto, “Il buio oltre la siepe” di H.Lee. Entrambi scritti da dio.
SPOILER
Uno sceriffo di una piccola provincia della Georgia si trova costretto ad occuparsi di un caso di presunta violenza carnale, di un negro su una giovane bianca. Di uno di una razza inferiore su una vergine, pura e linda come la neve.
Anche qui, come in Harper Lee, però le cose non stanno come sembra. Anzi, pare che tutti sappiano che il giovane ragazzo di colore, in realtà, non abbia fatto nulla. E, allo stesso modo, tutti sanno che la verginella bianca tanto verginella non è. Ma non è questo il punto dal quale partire per costruire un edificante (quanto provinciale) visione di razza superiore. Non c’entra chi ha fatto cosa, c’entra l’essere diversi in una comunità chiusa.
Il provincialismo nasce quando non vedi oltre la punta del tuo naso, quando non vuoi altro da te e quando per paura del diverso, sacrifichi la crescita personale.
Il fulcro della questione, per gli abitanti della piccola contea, è che qualche negro va sacrificato, al di là delle sue colpe, presunte o reali. Un negro vale l’altro, tanto che per poco non finisce linciato un povero commerciante di auto rubate che non c'entrava niente.
Un romanzo seducente e molto ironico, fino alla conclusione, quando invece si fa amaro e solitario. Il branco uccide la vittima sacrificale e lo fa in modo quasi viscerale, spontaneo. Rituale mi vien da dire. E non lo fa suo malgrado, anzi, si diverte e gioca a carte scoperte con il concetto di divinità, lo fa per far sentirsi immortale e migliore. Così piccolo com’è, deve essere una grande soddisfazione. In fondo solo Dio può uccidere chi è diverso da Lui senza dar conto a nessuno.
E se anche il piccolo provinciale può farlo, significa che avrà vestito i panni del sommo divino. Anche se solo per un attimo è stato Dio, che dà e che toglie. In fondo era solo un negro, ce ne dimenticheremo presto.
Votato 4/5
Mi spingo oltre: esistono caratteri regionali, per giunta tra loro molto distanti. Il napoletano non è il milanese e il milanese non è il calabrese. Anzi; esistono grandissimi differenze in soli pochi chilometri. Non trovate, voi perugini, che i ternani siano altra gente? E voi bresciani, non siete forse certi che i bergamaschi siano profondamente distanti dal vostro modo di fare? Addirittura c'è differenza tra Bergamo alta e Bergamo bassa, pensa un po’. Tra gente di montagna e gente di pianura. Tra bianchi e neri. Per non parlare dei musulmani e dei cristiani. Degli orientali e degli occidentali.
La spina arriva e fa male quando dal concetto di diverso slittiamo su quello di “migliore” e “peggiore”. Quando ci arroghiamo il diritto di giudicare, decidere.
Gli Stati Uniti, quelli del Sud, quelli profondamente provinciali, chiusi, agricoli e con grande paura sono l’argomento di questo bellissimo romanzo. Sono gli Stati Uniti del Ku Klux Klan o quelli degli anni ’50. In cui il negro è brutto, sporco e cattivo, perché arriva da lontano e vuole inquinare la tradizione. E infatti c’è chi li vuole rispedire tutti in Africa senza troppi complimenti.
Caldwell è uno degli scrittori più sottovalutati del XX secolo, questo romanzo non ha nulla da invidiare al suo simile più diretto, “Il buio oltre la siepe” di H.Lee. Entrambi scritti da dio.
SPOILER
Uno sceriffo di una piccola provincia della Georgia si trova costretto ad occuparsi di un caso di presunta violenza carnale, di un negro su una giovane bianca. Di uno di una razza inferiore su una vergine, pura e linda come la neve.
Anche qui, come in Harper Lee, però le cose non stanno come sembra. Anzi, pare che tutti sappiano che il giovane ragazzo di colore, in realtà, non abbia fatto nulla. E, allo stesso modo, tutti sanno che la verginella bianca tanto verginella non è. Ma non è questo il punto dal quale partire per costruire un edificante (quanto provinciale) visione di razza superiore. Non c’entra chi ha fatto cosa, c’entra l’essere diversi in una comunità chiusa.
Il provincialismo nasce quando non vedi oltre la punta del tuo naso, quando non vuoi altro da te e quando per paura del diverso, sacrifichi la crescita personale.
Il fulcro della questione, per gli abitanti della piccola contea, è che qualche negro va sacrificato, al di là delle sue colpe, presunte o reali. Un negro vale l’altro, tanto che per poco non finisce linciato un povero commerciante di auto rubate che non c'entrava niente.
Un romanzo seducente e molto ironico, fino alla conclusione, quando invece si fa amaro e solitario. Il branco uccide la vittima sacrificale e lo fa in modo quasi viscerale, spontaneo. Rituale mi vien da dire. E non lo fa suo malgrado, anzi, si diverte e gioca a carte scoperte con il concetto di divinità, lo fa per far sentirsi immortale e migliore. Così piccolo com’è, deve essere una grande soddisfazione. In fondo solo Dio può uccidere chi è diverso da Lui senza dar conto a nessuno.
E se anche il piccolo provinciale può farlo, significa che avrà vestito i panni del sommo divino. Anche se solo per un attimo è stato Dio, che dà e che toglie. In fondo era solo un negro, ce ne dimenticheremo presto.
Votato 4/5
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