Premessa:
Dopo quanto scritto nell’articolo e quanto detto da voi, sottolineo due parole: delicatezza e rispetto. Tenete a mente che queste parole saranno sempre lo sfondo di questo e qualsiasi altro mio intervento futuro in materia. Ci tengo che lo sappiate.
Ho già espresso la mia volontà di accordare libertà di parola a tutti, neofascisti compresi, non vedo perché negarla a Volgere, tacciandolo. La tua è una reazione di chiusura totale verso questi movimenti comprensibile, non so se rafforzata da particolari vicissitudini, ma che a mio avviso non porta ad un reale confronto, almeno non in superficie; è per questo che non l’approvo, ma ripeto: è totalmente legittima e accettabile.
Detto questo, visto che ho tempo e il punto di partenza del confronto era proprio l’articolo dell’HuffPost, mi umilmente permetto di commentare, citando, alcuni punti che mi hanno particolarmente interessato.
“E allora, guai a minimizzare vicende come quella di Chioggia[…]. Il fascismo, e io lo so bene avendo vissuto quei terribili anni, si è alimentato di stereotipi e di pregiudizi verso il 'diverso', considerato come un essere inferiore, anormale. Si è iniziato così e poi sono arrivate le leggi razziali".
“ Per chi come me ha conosciuto la brutalità del ventennio fascista, non c'è niente di più sacro della libertà di espressione”.
Ecco, questa credo sia una premessa fondamentale: ci parla chi ha vissuto realmente il nazifascismo, chi ne ha subito le brucianti conseguenze in modo diretto. Per me, queste persone sono molto più sensibili a tali temi di noi venuti dopo, proprio perché molto, molto più coinvolte. Con tutto il rispetto parlando, credo che ciò permetta sia di vedere le cose più nitidamente, ma forse anche un po’ meno lucidamente…
“Sa cosa temo di più.... l’oblio[…] questa memoria va coltivata per consegnarla alle giovani generazioni, per far comprendere loro che l'odio razziale è sempre dietro l'angolo”
Questo credo sia un tema importante. Effettivamente pure io ritengo che l’oblio della memoria può permettere che si ritorni alle nefandezze del passato, è già successo. E credo che questo oblio già incalzi. Il prof. parla di memoria per le nuove generazioni ed io, appunto di una nuova generazione, sono consapevole del fatto che molto meno rispetto a lui, ma anche rispetto a voi che siete più grandi di me, percepisco l’orrore di quei tempi. Dobbiamo allora stare attenti all’oblio, ma anche accettarlo, soprattutto perché inesorabile. Insomma, chi di noi soffre per l’eccidio di Otranto, lo sterminio delle popolazioni precolombiane o per tutte le guerre spesso neanche conosciute che hanno flagellato il mondo? Prima o poi anche la shoah, so che è brutto dirlo, farà la stessa fine. L’importante, a mio avviso, è accettare questo passato in quanto irrimediabile e immutabile e tentare d’impedire che in qualche modo la cosa possa accadere nuovamente. Ma ergendo muri (di pensiero) e tacciando chiunque dica qualcosa di contrario a ciò non credo sia la soluzione, anzi irrigidisce e innervosisce le parti, sterilizzando il dialogo.
“No, non basta. Quello di cui ho sempre avvertito il bisogno, è lavorare nelle scuole, è investire nell'educazione. I giovani oggi sono i più vulnerabili perché, per loro fortuna, non hanno vissuto quegli anni terribili […]. La conoscenza è il miglior antidoto contro il 'virus' dell'intolleranza”
Concordo, è proprio negli ambienti più poveri culturalmente che alligna l’intolleranza, che viene identificata col grande mito del fascismo e del nazismo. L’educazione credo sia la soluzione, ma educare non vuol dire recepire acriticamente quello che c’è scritto nei libri, o instillare la dicotomia beota fra buoni e cattivi che continuamente viene imposta in numerosi campi. Educare significa, per me, “sporcarsi le mani” cercando di conoscere da tutti i punti di vista, e non reprimendo chi dice cose che sono dal lato sbagliato della storia, anche se sono idiozie, perché il non ascoltare tutti è la vera follia, forse proprio quella che in passato ha portato allo scempio che ora noi lucidamente critichiamo.