Hot ti chiedo qual è secondo te il senso di una forma così antica per comunicare il tuo pensiero e le tue emozioni. Faccio molta fatica a entrare dentro perché non riesco a capire perché dare questa forma adesso se non per barocchismo, non so cosa devo cercare, già la prima parola (R.I.P.) mi rimbalza :boh:
Come prima spiegazione mi riferisco alla mia sensibilità personale, che mi ha fatto trovare per la poesia la forma che sentivo più musicale. questione di istinto, quindi, non di premeditazione. il linguaggio in pratica non l’ho scelto io, ma è lui che ha scelto me! se poi la mia formazione culturale/caratteriale abbia condizionato tale opzione è più che probabile e naturale: ma non vi è stata conscia premeditazione. che tale stile sia anticheggiante non credo costituisca problema: quanti ancora oggi compongono musiche per orchestra con orientamento classico del passato; quante volte si utilizzano voci liriche; persino nel rock si compongono opere di impostazione classica, tipo Hair, Jesus Christ Superstar, Tommy. Per dire che sia i modelli classici/antichi che le strumentazioni con cui esternarli sono ancora ben vivi, costituendo bagaglio acquisito e alternativo di libera scelta espressiva. il mio senso musicale poi si era particolarmente sviluppato in gioventù, quando andando per la maggiore la musica inglese io coi miei coetanei la apprezzavamo o meno principalmente in base al personale “orecchio”, visto che quasi tutti ignoravamo quella lingua (da noi, semmai, si studiava il tedesco).
un aneddoto: accadeva che mi piacesse molto “gemsbraun”, ovviamente senza capire un tubo dei testi. così un giorno, trovandomi in treno con un prete seduto di fronte, vantandosi quello di conoscere le lingue perché loro a scuola andavano per studiare e non per occuparle, gli chiesi di tradurmi il titolo “aigacciu”. illuminandosi come un missionario con la grande occasione di recuperare il capellone smarrito, mi esaudì, ovviamente evitando accuratamente equivoci significati secondari. rivolti gli occhi al cielo ringraziò tra sé e sé il suo grande capo per la grazia ricevuta, pregandolo al contempo di allontanargli il calice nell’eventualità che io mi rivelassi il diavolo che lo metteva alla prova come Cristo nel deserto, e gli chiedessi anche di “seccsmascin”…
accenni, amica Elisa, a una scelta di sapore barocco… laddove oggi il barocco nell’accezione comune riflette significato di aulico celebrativo eccessivo esagerato ridondante artificioso etc, cosa che squalifica il genere a mera questione estetica, rottamandone i contenuti. devo dire che anche nei riguardi della mia poesia nel presente 3D l’argomento stile l’ha fatta finora da padrone, divenuto l’oggetto delle valutazioni e del dibattito, conquistandosi (e al momento mantenendo) la precedenza sul contenuto -del quale non mi pare si sia molto parlato-.
credo che il mio linguaggio non pecchi di barocchismo formale, in quanto trattasi della povera lingua volgare che si cercava di affermare, sulla base del parlato popolare, per allargare alla gente i confini culturali, svincolandoli dalla torre d’avorio della lingua latina utilizzata ancora nel rinascimento anche come distintivo di un’elite dominante e privilegiata. sapore antico quindi sì, ma grande semplicità di vocabolario. lingua in evoluzione condannata però dalla fase storica a rimanere legata a esprimere un mondo immerso nella religione e condizionato dalla chiesa. i contenuti del barocco, che venne più tardi, poggiavano invece sull’esigenza di nuovi aggiustamenti in materia, in conseguenza delle rivoluzionarie scoperte scientifiche che, dichiarando non essere più la terra il centro dell’universo, causavano la crisi della centralità del rapporto esclusivo uomo-Dio. Aprendo la via all’illuminismo.
certamente il sommo Dante avrebbe composto un’opera completamente diversa, se si fosse trovato a cimentarsi in una Commedia Copernicana…
se l’uomo voleva mantenere la propria grandezza, doveva ora capire che l’avrebbe trovata nell’autoidentificarsi componente dell’universo, quindi natura. laddove anche Dio era universo. perciò il binomio col creatore non veniva annullato -come si era temuto- dal ridimensionamento dell’uomo a infinitesimale particella del creato, particella senza più dominio e senza canali preferenziali con dio, tutt’altro. andava solo cambiata l’angolazione visiva, il punto di incontro: non uomo-terra-dio, ma uomo-natura universale-dio.
la mia poesia ha volutamente cercato una contaminazione tra rinascimento e barocco, scegliendo un linguaggio agli albori della modernità culturale per calarsi in una location essenziale ma piena di simbolismi e metafore. a partire dal percepire l’ambiente come eterno nella sua immutabilità, mentre l’essere umano che in tale forma sopravvive parimenti solo grazie al continuo ricambio generazionale, diventa immortale se impara a considerarla uno stato temporaneo, di passaggio: un’espressione della natura che nella natura rientra, e in lei sempre esisterà. poi lo spargimento delle ceneri che sono al contempo l’essenza dell’anima. gli elementi terra acqua cielo vento. i gabbiani che vegliano sull’uomo e con lui si rapportano. persino i sassi antropomorfizzati. il lanciarli a rimbalzare tra le onde con diversi livelli di abilità. il ricalcare le orme del genitore. la crescita del figlio che rimpiazza il padre sempre più decadente ma suo maestro di vita. etc
:MUCCA