elena
aunt member
Siamo nel 1993 in un piccolo paesino della Sierra Leone. Ishmael è un dodicenne appassionato di musica rap e di hip-hop e insieme al fratello e altri amici hanno formato una piccola band. Il gruppo di amici lascia il villaggio per andarsi ad esibire in una manifestazione per dilettanti, inconsapevoli che sarà l’ultima volta che vedranno le loro case e i loro familiari. Lo scontro tra l’esercito governativo e i ribelli, di cui i ragazzi ne hanno conoscenza come di una cosa lontana, una cosa di cui parla la Tv, si estende sempre più e i ragazzi si troveranno direttamente catapultati negli orrori della guerra. All’inizio la loro è solo una fuga dai combattimenti, attraversando villaggi e foreste e riuscendo per mesi ad essere solo testimoni inorriditi dei massacri e delle distruzioni da parte dei ribelli. Ma la guerra è più veloce di loro; Ishmael perde i suoi compagni e la sua disperata corsa termina di fronte ad un inevitabile bivio: essere abbandonato a se stesso, solo e senza mezzi di sussistenza, o diventare un soldato dell’esercito. Non è una scelta ma una strada obbligata che il protagonista percorrere, fomentato dall’odio che gli adulti/soldati sono riusciti ad instillare nella sua mente come in quella di tanti altri bambini che hanno visto distruggere e massacrare le proprie famiglie. Ishmael inizia la sua esperienza da soldato, reagendo agli orrori provocando altrettanti orrori senza alcuna capacità di provare emozioni e sentimenti, con la mente sempre offuscata da tutti i droghe a disposizione dei combattenti di tutte le età. Colpisce, in questa parte, la completa assenza di partecipazione emotiva; i bambini/soldati sono delle piccole macchina da guerra che trascorrono le giornate ad uccidere i nemici, a vedere film di guerra e far uso di droga: tutto pur di non pensare al presente ma soprattutto al passato, che ben presto essi cancellano completamente dalla loro testa. Dopo più di due anni di questa vita Ishmael viene, per caso e contro la sua volontà, inserito in un processo di riabilitazione da parte dell’UNICEF; ma la sua riabilitazione come quella degli altri bambini non è semplice perché, in realtà, essi hanno perso la capacità di essere bambini. E poi la guerra non è finita, non è un ricordo da poter mettere alle spalle ma è una realtà presente fino alle ultime pagine del libro. Ishmael è, tuttavia, un fortunato che può raccontare la sua storia e, per un caso fortuito, ha la possibilità di far partecipe delle vicende del suo popolo e della sua terra il grande pubblico, spesso troppo distratto dal prestare attenzione a queste guerre ” minori”, che coinvolgono paesi “lontani” e che sono troppo spesso considerate “inevitabili” in questi paesi.
Solo giunta ai ringraziamenti, mi sono resa conto di aver letto non solo un romanzo toccante ma la vera storia di un soldato/bambino, raccontata dallo stesso protagonista.
Solo giunta ai ringraziamenti, mi sono resa conto di aver letto non solo un romanzo toccante ma la vera storia di un soldato/bambino, raccontata dallo stesso protagonista.