Banti, Anna - Artemisia

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"Per quante forme, per quanti modi diversi possa esprimersi il dolore di una intattezza violata, Artemisia me lo fa intendere in quest'aria di sacrificio e di pericolo che fomenta, con i rimpianti di tutti, il suo rimpianto di risuscitata invano. La nostra povera libertà si lega all'umile libertà di una vergine che nel milleseicentoundici non ha se non quella del proprio corpo integro e non può capacitarsi in eterno di averla perduta. Per tutta la vita essa si adoprò a sostituirla con un'altra, più alta e più forte, ma il rimpianto di quell'unica restò: mi pareva, con quei fogli scritti, d'averlo quietato. Ora ritorna più intenso che mai, con un moto di relitto che appare e dispare sull'onda che lo porta, e, a momenti, sembra che l'acqua limpida l'abbia digerito. Scottata mille volte al bruciore dell'offesa, mille volte Artemisia si fa indietro e prende fiato per lanciarsi di nuovo nel fuoco. Così usava un tempo, così usa oggi con me". Con uno scritto di Attilio Bertolucci.

è il terzo libro in breve tempo che leggo su Artemisia Gentileschi, pittrice italiana vissuta tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento. Questo di Anna Banti è, lo dico senza tema di essere smentita, un libro particolare e sui generis: non è una vera e propria biografia della pittrice, non è neppure un saggio su di lei… è un romanzo? Sì, ma non solo: è quasi una conversazione immaginaria tra la scrittrice e la pittrice che non vuol essere dimenticata, non vuol finire nell'oblio e pretende che la sua storia venga raccontata come vuole lei. Purtroppo, però, non c'è bisogno di aver letto altri libri per capire che il racconto della Banti è pieno di inesattezze, probabilmente ascrivibili al fatto che venne scritto tra il 1944 e il 1947 quando magari non si avevano ancora le stesse conoscenze sulla Gentileschi. Dal canto mio non sono riuscita ad entrare a pieno in sintonia col romanzo, ma non mi sento di sconsigliarlo, dato che è un'opera comunque pregevole. Una buona lettura, in definitiva, purché si sappia che non è una biografia della pittrice.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Non conoscevo questa autrice mentre conosco la storia di Artemisia Gentileschi. Questo libro dimostra, a mio modo di pensare, come Anna Banti avesse bisogno di aggredire il passato, c'è una rabbia sotterranea, facendogli carico della propria solitudine. E' come se il passato qui fosse sottomesso al presente, all'immaginazione dell'autrice, alla sua psicologia, e questa rievocazione di un tempo e di una donna dimenticata, Artemisia, mi ha affascinato, è stato come un incanto. Gli elementi storici permettono di introdurre un'analisi psicologica del suo personaggio che colloca in situazioni o rapporti inventati per poter recuperare quello che i libri di storia non potrebbero mai raccontare. In questo senso ho trovato in questo libro un romanzo fluido tra il passato rappresentato da Artemisia e il presente rappresentato da Anna, l'autrice da una parte prolunga la vita del suo personaggio e dall'altra prolunga la propria vita andando alla ricerca del proprio passato. Anna Banti rispecchia le proprie idee, sulla vita in generale e sulla condizione della donna in particolare, in Artemisia. Penso che Artemisia sia un romanzo di formazione in cui c'è la ricerca della propria identità da parte della protagonista che riversa sulla pittura il trauma vissuto, prima lo stupro e poi il processo. Anche Anna Banti ha vissuto un trauma, quello della seconda guerra mondiale a Firenze, per cui l'autrice sente commozione per la pittrice. Ho trovato molto affascinante l'inizio del romanzo in cui Artemisia diventa un fantasma agli occhi della narratrice e con lei instaura un dialogo, a volte è la narratrice a raccontare la storia della pittrice e a volte è la pittrice stessa a parlare. Mi ha molto colpito la figura di Cecilia Nari, basata su una bambina di nome Angelica che è stata un'amica d'infanzia di Anna e che aveva gli stessi occhi e la stessa malattia di Cecilia. Ho trovato questo romanzo molto sensoriale attraverso la descrizione di una Roma antica, delle sue vie, dei suoi profumi. Mi è piaciuto anche il dietro le quinte della realizzazione dei dipinti di Artemisia, catartico per lei in particolare Giuditta che decapita Oloferne così come l'autoritratto di Artemisia in cui la pittrice in realtà dipinge un'altra pittrice talentuosa conosciuta a Napoli. Questo romanzo è caratterizzato dallo specchio, Anna si rispecchia in Artemisia e Artemisia si rispecchia in altri personaggi femminili. Artemisia è una donna forte che aspira ad una carriera come pittrice ma è anche debole per quanto riguarda le sue emozioni come quando si stacca fisicamente dal marito ma non emozionalmente e prova nostalgia verso le loro sere insieme.
 
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