Dai Tanny, ti aiuto io:
La signora Barberis dell'interno 12
Era una giornata da schifo e tornavo in ufficio fradicio di pioggia e nevischio che poteva solo anticipare una delle peggiori nevicate del decennio.
Non feci in tempo ad accendere la luce, ad appendere il soprabito e a versarmi un bicchiere di whiskey, che suona il telefono.
- chi diavolo sarà? - mi domandai cercando una marlboro.
- Studio Tanny & Tanny, buongiorno - masticai al telefono
Era la Barberis, quella dell'interno 12.
Chiamava quasi tutti i giorni per parlare di...boh!
Parlava, parlava, parlava.
Io lasciavo il viva voce e ogni tanto dicevo
oh yeah e lei continuava imperterrita.
Era sulla cinquantina, non si era mai sposata e parlava sempre.
Ovviamente parlava anche questa volta e mi chiese anche di andare da lei.
- con questa pioggia, signora? - risposi stiracchiando l'angolo destro delle labbra.
- certo! E' urgente! Le devo parlare! Le devo pagare il trimestre! -
Per la signora Barberis era tutto urgente.
Sempre.
Per me invece, era urgente solo che mi pagassero, perciò mentre le dicevo di aspettarmi, ero già per le scale.
Barberis c'era scritto sul campanello, e suono.
- Buonasera signor Tanny - disse lei aprendo la porta - venga, venga. -
Mi fece accomodare nel salotto buono, tutto mobili anni 30 di finto noce ed ettare di centrini.
- Non faccia caso al disordine - disse lei dopo una vita trascorsa a mettere in ordine.
- Gradisce un rosolio? -
- Grazie signora, ma preferirei un whiskey -
- No, no signor Tanny, se no mi offendo. L'ho fatto io, sa? -
Mi versò un bicchierino di uno sciroppo violaceo e appiccicoso con un vago retrogusto di dentiera.
- Buono - mentii - ma mi dica -
- Deve sapere caro signor Tanny che... - attaccò lei, ma poi non ricordo più niente.
Niente.
Nulla.
Solo che mi svegliai intorpidito, con un leggero mal di testa, scomodo.
Cercai di muovermi ma ero legato.
Legato mani e piedi alla spalliera del letto della signora Barberis.
- Ha dormito bene signor Tanny? - mi domandò la Barberis facendomi capire tutto.
- Spero di sì - aggiunse - perchè adesso le devo parlare - e mentre lo diceva, stringendomi la mano sinistra, mi infilava qualcosa nel dito medio che mi stringeva.
- Vede signor Tanny - mi diceva mostrandomi la sua vera a due dita dal naso - adesso ce l'abbiamo uguale, siamo sposati e mi deve stare a sentire! -
Dai, adesso vai avanti tu.
Magari mettici dentro che aveva anche un cagnetto brutto e ringhioso, che girava sempre con le pattine di lana cotta e te ne aveva fatte due anche per te, ricamate.
Solo una cosa: non puoi concludere dicendo che era un sogno. No. Troppo banale.
Dai, sforzati: secondo me puoi vincere!