Visto in questi giorni.
Carino, scorrevole, ma non mi è coinvolto molto profondamente.
Mi viene spontaneo fare un paragone con un altro film che abbiamo visto in uno dei cineforum: The Fabelmans.
Mi viene di accostarli perchè mi sembra di aver capito che in entrambi i casi si tratta di racconti che i due registi, Branagh da un lato e Spielberg dall'altro, fanno della loro infanzia e in un certo senso anche di come si sono avvicinati al cinema come loro forma personale per narrare la realtà e esprimersi. Anche in Belfast, c'è l'incanto di Buddy che va al cinema con la sua famiglia spesso, ma è un aspetto molto marginale nell'intera storia.
Nel fare l'accostamento fra i due film, devo dire che se la visione di The Fabelmans è stata per me faticosa e un po' sofferta, mentre Belfast è scivolato via veloce e leggero, a conti fatti, il primo mi ha lasciato molto di più del secondo.
Fra l'altro la storia della famiglia di Buddy e la storia dell'inizio delle violenze fra cattolici e protestanti mi sono sembrate su due piani separati, non riesco bene a spiegarmi, ma l' "impasto" del film mi è sembrato poco riuscito.
Bellissima però la scena finale (piccolo spoiler che comunque non dice molto su come va a finire il film).
La frase:
A quelli che sono rimasti, a quelli che sono partiti, a quelli che si persi lungo la strada
che appare in sovraimpressione alle immagini a colori di Belfast di oggi, che chiudono il racconto come un cerchio richiamando quelle iniziali,
esprime tutto l'amore, la sofferenza e l'attaccamento alla propria terra di un intero popolo, quello irlandese, la cui storia porta in sè la cicatrice di una divisione civile che non si è ancora rimarginata.