Ondine
Logopedista nei sogni
Questo romanzo è una storia d'avventura e potrebbe sembrare puramente evasiva, il suo tono romantico è da capire dopo aver letto la biografia della scrittrice perché ci sono degli avvenimenti fortemente autobiografici come l'attaccamento della du Maurier per Christopher Puxley (la du Maurier era sposata con Tommy, spesso lontano da lei e dai loro tre figli per motivi di lavoro), per cui Daphne secondo me ha proiettato nel romanzo la sua impossibile relazione amorosa con Christopher che in queste pagine assume le sembianze di un pirata che conquista il cuore di Dona, moglie e madre che attraversa una crisi esistenziale e cerca una fuga temporanea dalla sua vita matrimoniale e sociale per trovare la sua vera identità andandosi a rifugiare nella dimora in campagna. Pur non condividendo la condotta di Dona per la mancanza di sincerità nei confronti del marito, ho compreso il suo senso di oppressione perché evidentemente il suo non è stato un matrimonio d'amore e la maternità non è stata una sua scelta ma una conseguenza obbligatoria e tutto questo mi ha lasciato addosso un senso di tristezza pensando al suo destino. Il fatto poi che si travesta da uomo sia prima della conoscenza del Francese che dopo mi fa pensare che nella protagonista ci sia una forte componente maschile, che nel profondo lei avesse da sempre voluto essere un maschio (guardava da bambina infatti ai suoi fratelli con invidia perché passavano del tempo con il loro padre facendo attività che a lei non erano permesse in quanto femmina). Ecco questo romanzo è il simbolo della lotta tra i due generi, penso che all'epoca questo romanzo sia stato rivoluzionario e minimizzato a pura storia romantica. La du Maurier ha vissuto personalmente questa lotta essendo stata sempre molto indipendente, amando la vita all'aria aperta e non aveva alcun desiderio della vita domestica quindi questo suo romanzo secondo me è da interpretare come un modo per incanalare i suoi sentimenti, la pressione che sentiva intorno a sé e per cercare di dare un senso a questa lotta tra la femminilità e la mascolinità dentro di sé. Le attività all'aria aperta sono amate da Dona e, non appena si libera dalla società, sola in Cornovaglia, sente finalmente di poter essere se stessa perché può dedicarsi ad attività ritenute all'epoca maschili senza che nessuno pensi che sia meno donna per questo. Dona e Jean-Benoit Aubery sono accomunati dallo stesso rifiuto della loro vita agiata, scelgono il vagabondaggio, sono entrambi fuggitivi e alla ricerca di un'identità che meglio si adatti a ciò che sentono essere il loro vero sé. La fuga di Dona è quindi una ricerca del suo vero sé e inizia attraverso una riconnessione con la natura e con l'infanzia: l'estate della Cornovaglia fa da sfondo a sane passeggiate, cene tardive e piacevoli, giochi con i bambini e un generale senso di libertà, pigrizia e mancanza di formalità. Il legame con l'infanzia è presente in tutto il romanzo, con Dona spesso paragonata a una bambina nel suo godimento delle passeggiate estive, anche le scappatelle con il Francese hanno un che di infantile, non solo le battute di pesca e il campeggio in riva al fiume, ma anche la pirateria ha un tocco puerile per alcuni versi. Attraverso il Francese l'autrice pronuncia questa frase: «Dimentichi» disse lui «che le donne sono più primitive degli uomini. Per un po', sì, fanno le vagabonde, e giocano all'amore e all'avventura. Ma poi, come gli uccelli, devono fare il loro nido. È troppo forte l’istinto. Gli uccelli sentono il bisogno di costruire il nido, e nidificano, al calduccio, lontano dai pericoli, e prolificano». Gli uomini non condividono la stessa esigenza di costruire un nido, sempre secondo l'autrice. Personalmente mi ha molto colpito questo passo: «Lady Saint Columb» ribatté lei «diventerà una matrona benevola che sorriderà alla servitù, agli affittuari e alla gente del villaggio. Un giorno avrà dei nipotini che le si arrampicheranno sulle ginocchia, e ai quali racconterà la storia di un pirata che riuscì a fuggire». «E che ne sarà del mozzo di cabina?» «Il mozzo di cabina veglierà qualche volta la notte, e si mangerà le unghie tormentando il cuscino. Poi si addormenterà e, chissà, forse tornerà a sognare». Splendide le descrizioni della baia del Francese che esiste davvero e grande maestria di scrittura nel tenere alta la suspense, inoltre il conflitto interiore è reso in modo molto efficace. La storia mi ha coinvolto poco ma riconosco alla du Maurier una bravura nel tratteggiare un animo così tormentato.