Riporto quello che avevo scritto subito dopo aver finito di leggere questo libro all'amico che me lo aveva consigliato.
Ieri ho finito di leggere "Non è un paese per vecchi" di Cormac McCarthy.
Che dire...è un capolavoro!!!
L'ultima parte andrebbe letta ogni anno scolastico in tutte le scuole superiori. Le ultime riflessioni andrebbero inserite in tutti i testi scolastici, compresi i libri di matematica e di biologia.
L'immagine del tipo che scava con lo scalpello l'abbeveratoio nella roccia non può ricevere accoglienza nella nostra società. Credo sia una delle cose piú belle che abbia letto in assoluto.
Val la pena di imparare l'inglese anche solo per leggere le due paginette finali in lingua originale.
La totale e disperata tragicità di tutta la storia è davvero abissale.
Ho letto su internet paragoni con Shakespeare e i Greci ma secondo me qui siamo un passo avanti. Qui la disperazione è ancora piú onnicomprensiva e radicale almeno in due direzioni.
Sia in Shakespeare che nei Greci (per quel pochissimo che ne so) i protagonisti delle tragedie sono personaggi importanti (re, principi, principesse, figli, cugini, nipoti di dei e dee) che subiscono una sorte sventurata di cui viene a conoscenza tutto il mondo civilizzato. Da qui l'esemplarità e l'universalità delle vicende narrate.
Qui, invece, i personaggi sono gente comune. Persone che vivono con mezzi di fortuna, poliziotti con moglie a carico, gestori assonnati di motel incastonati in mezzo ai deserti del centro america, trafficanti di droga qualsiasi e killer ignoti ai piú. Nel bene e nel male, tutti signor nessuno. Nessuno saprà mai di loro, nessuno vedrà le loro lacrime, i loro sputi nella sabbia, il sangue secco delle loro ferite mentre la loro vita si svolge lungo i nastri grigi delle statali. Nessuno li chiamerà eroi o assassini.
È forse questa la tragedia piú grande a cui vanno incontro tutti i personaggi, è questo che piange Carla Jean seduta sul letto a fianco al suo sicario. Non la fama o la notorietà. Ma l'inutilità di una sacrificio che rimarrà sepolto per sempre.
Quando è ormai vecchio e cieco Edipo chiede che la sua storia venga raccontata, che diventi e rimanga cosa viva la sua esistenza proprio quando il suo corpo sta diventando cosa morta. I personaggi di McCarthy questo lusso non se lo possono permettere. Nascono nessuno. Vivono forse momenti di speranza, di gioia, di oscura felicità e poi giú anzitempo nel niente. Senza che nessuno ne sappia nulla. Anzi peggio. Perché il loro ricordo rimane legato al chiacchericcio pettegolo dei trafiletti di cronaca del giornale locale. Per uno o due giorni. La storia di una vita bruciata in un paio di articoli scandalistici e morbosi. Neanche il silenzio spetta a chi non ha niente.
In secondo luogo la normalità dei protagonisti rende la storia virtualmente moltiplicabile e riproducibile su scala planetaria. Edipo, Amleto, Macbeth, Oreste erano tutti personaggi unici, eccezionali. Quanti Moss e Carla Jean ci sono invece in giro per il mondo? Centinaia di migliaia, milioni, decine di milioni? E quanti Chigurh? Sempre di piú, pensa lo sceriffo Bell, che si vede ormai esemplare di una razza in via di estinzione. Questo fa rimbombare in modo intollerabile quei colpi di pistola e di fucile ben al di là della conche assolate del Texas, in cerchi concentrici sempre piú ampi, oltre l'orizzonte.
Irrinunciabili le elementari verità che Bell riferisce alla giovane giornalista: "Le cose cominciano ad andare male quando i giovani smettono di dire 'Per favore' e 'Grazie'" e poi "I trafficanti di droga ci sono perché ci sono i drogati" il che equivale ad una dichiarazione di guerra contro tutte le dipendenze della modernità, non solo quelle scontate (alcol, fumo, sesso, soldi, potere, fama, egoismo, ecc.) ma anche quelle meno plateali (libertarismo, autoaffermazione, esibizionismo, ecc.).
Non vedo l'ora di vedere il film.
Sono contento di aver letto prima il libro.
Qui in occidente credo che solo i Coen o Eastwood potevano avere il coraggio di trarre un film da una storia del genere.
Mamma mia, che esperienza...