Compresi ben presto quanto il peso della vigliaccheria gravasse sulla mie palpebre: le cicatrici sono meravigliose; lo sfoggio della loro orribile presenza ha in se qualcosa di salvifico, il potere innaturale di riportarci alla nostra condizione umana. Perfezione violata da forze misteriose, dal passato, dal futuro, dal mondo circostante. Un taglio nella carne non è che la via per la quale l'Universo fluisce nelle vene, si addentra, si insidia minaccioso e spavaldo, mutando il nucleo caldo incontaminato, forgiando nuovi militanti al Suo silenzioso seguito. Elimina l'ultima esile - fittizia? - barriera, il Mondo, lacerando il tessuto fragile della pelle, portando a termine la sua terribile missione.
Cominciai a diffidare del marmo, della sua fredda, affascinante, lucente perfezione. Non aveva provato lo scalpitio della passione la nuda pietra, né il fuoco dell'ira, né il ribollire del desiderio: era posta lì, affidata alla clemenza dei secoli, priva di qualunque umanità. Mi accorsi di essere come quelle statue, io. Tornando indietro nella memoria, vidi una pelle intata, mai violata da quella forza coercizzante di partecipazione al Cosmo. Scoprii di possedere in me il gelo glaciale della Siberia; sentii scorrere tra le arterie non la pienezza degli astri, ma il veleno della mia impotenza. Ero chiuso nel guscio luminoso di una pelle mai squarciata; mi ero precluso di scoprire il significato autentico di parole ridondanti, ma vuote, di idee nobili, ma astratte.
Mi resi conto di aver sprecato un'intera esistenza cercando di evadere il mondo, sentendomi altro, trasformandomi in altro, divenendo costantemente altro; ravvisai nel mio comportamento la paura infantile dei fanciulli davanti alla porta della cantina: temevo l'ignoto. Cosa avrebbe cambiato in me il Mostro una volta catturata la mia carcassa? Cosa sarei stato dopo? Cosa sarebbe rimasto della mia unicità?
Il desiderio di riprendermi gli anni andati mi assalì con la ferocia di una rabbia repressa troppo a lungo e troppo duramente. Era un masochismo dovuto, un farsi del male gratuitamente per ambire - assurde convinzioni - ad una qualche forma di redenzione. Fu lì che scopersi la mia pesante, insostenibile verità: mi ero sorpreso a desiderare anch'io, sebbene stessi maledicendo insieme a me la mia pelle non più liscia ormai, una seconda possibilità.
Ciò che ero stato, ciò che avevo fatto, perdeva ora ogni significato. Mi ero esiliato volutamente dal mio stato di uomo, per soffermarmi adesso, soltanto adesso, che non ero esente dalla felicità. Ogni azione, ogni scopo prefisso, avevano avuto lo stesso fine comune a tutti gli esseri umani: necessitavo di un nuovo equilibrio, un tacito accordo tra me e il Tutto che garantisse l'inviolabilità delle mie viscere. Un compromesso temporaneo, finché fossi rimasto in vita. Dopodiché, il vuoto a rendere del mio corpo sarebbe stato eternamente disponibile.
Compresi il grande, paradossale, potere del dolore.
Filtra tra le ossa, per ricordarci che siamo vivi.
D.