Sulla punibilità del reato di tortura so bene che non c'è retroattività. E me ne dispiace.
Ma noi argentini abbiamo affinato ottimi strumenti giudiziari per incriminare chi, anche in periodi di totale impunità, si è macchiato di questo reato. Da noi la legge sulla tortura è stata promulgata nel 1985 e tra gli strumenti di cui la legge si è dotata c'è il riferimento agli artt. 5 della Dichiarazione dei Diritti Umani e 7 del Trattato Internazionale dei Diritti Civili e Politici, rattificati anche dall'Italia.
Non come pena ma sì come aggravante, nel corso dei processi ancora in atto, i torturatori e i genocidi stanno pagando per questi gravi reati.
E quando accadrà in Italia?
In Italia i più grandi criminali sono ormai morti da tempo.
Enrico Cialdini è morto nel 1892...
« Enrico Cialdini, plenipotenziario a Napoli, nel 1861, del re Vittorio. In quel suo rapporto ufficiale sulla cosiddetta "guerra al brigantaggio", Cialdini dava queste cifre per i primi mesi e per il solo Napoletano: 8 968 fucilati, tra i quali 64 preti e 22 frati; 10 604 feriti; 7 112 prigionieri; 918 case bruciate; 6 paesi interamente arsi; 2 905 famiglie perquisite; 12 chiese saccheggiate; 13 629 deportati; 1 428 comuni posti in stato d'assedio. E ne traevo una conclusione oggettiva: ben più sanguinosa che quella con gli stranieri, fu la guerra civile tra italiani »
(Vittorio Messori, Le cifre del generale Cialdini)
... il ligure
Nino Bixio nel 1873 (per me è un mistero come la maggior parte dei paesi meridionali possa dedicare strade e piazze a questi due criminali; immagina se in Argentina qualcuno si permettesse di dedicare una Piazza ad Astiz cosa succederebbe?)...
"Il giorno 9 vi fu un processo
farsa che condannò a morte i cinque imprigionati, che erano del tutto innocenti e che fece
fucilare spietatamente il giorno successivo. Per ammonizione, all'uso piemontese, i
cadaveri furono lasciati esposti al pubblico insepolti. Bixio ripartí il giorno dopo portando con
sé un centinaio di prigionieri presi indiscriminatamente tra gli abitanti"
...
Raffaele Cadorna morto nel 1897
Le sette giornate della rivolta di Palermo del settembre 1866 furono la testimonianza tangibile di una cosiddetta "unità nazionale", malamente perseguita e peggio attuata. Manco a farlo apposta i più decisi tra i rivoltosi furono proprio i "picciotti" che sei anni prima avevano permesso le "strepitose" vittorie di Garibaldi...Le sette giornate di Palermo costarono lacrime e sangue a tutti. I reparti del regio esercito e delle forze di polizia contarono tra le proprie fila oltre 200 morti, più un migliaio di feriti gravi e leggeri, circa 2200 uomini fatti prigionieri dagli insorti.
Le perdite dei rivoltosi non furono mai accertate ufficialmente (in verità non si volle), ma gli storici concordano nel calcolarle a molte migliaia durante i combattimenti, a cui occorre aggiungere poi le altre migliaia di popolani arrestati e, senza regolari processi, gettati a marcire nelle patrie galere dopo la fine della rivolta, senza contare infine le numerosissime condanne a morte e all'ergastolo irrogate dai tribunali militari.