Più che quali emozioni dominino o prevalgano su chi, quando o dove, è forse più interessante, da monte, chiedersi quale sia il personalissimo discrimine, la linea di confine tra emotività e razionalità. Le emozioni prevalenti dello spettro umano sono sostanzialmente otto (statistica o biologia che sia), ognuna delle quali può comporsi insieme alle altre a formare emozioni del secondo grado: e di nuovo, ciascuna di queste, prime e seconde, si declina per il tramite del tempo nei sentimenti. Ora, la questione si più corposa alla sguardo fenomenologico, al chiedersi: come avverto io quella concretissima (cit.) emozione, quel preciso individuato sommovimento nella coscienza? Una questione di come e non quali, o di come proprio quei quali. Ma è non meno proficuo - e per me più foriero di conseguenze - domandare la misura: in quale grado l'emotività incide sulla vita? E cosa implica lasciarle troppo o poco spazio, soffocarla o consumarla ciecamente? Tra il dare e l'avere della personalità, cosa non si compensa e cosa sì, tra l'emozione e la ratio, cosa sorte fuori? Ecco, cosa uno manifesti e dall'alto di quale unico equilibrio è forse uno dei misteri più intriganti.