XCVI GdL - L'opera al nero di Marguerite Yourcenar

francesca

Well-known member
Intanto mi sono riletta il primo capitolo, che alla prima lettura è stato un trauma perché non mi ci raccapezzavo per niente, e mi sembrava di essere stata catapultata improvvisamente in una terra straniera in mezzo a gente che non conoscevo.
Dopo i primi capitoli, la rilettura del primo mi ha aiutato a capire meglio tutto, mi è sembrata una sorta di riassunto di quello che ho letto finora e mi ha ridato il filo.
Vado comunque avanti fiduciosa, perché non mi spaventa certo questo senso di smarrimento, anzi....
l'unica cosa che non mi piace quando leggo è non riuscire a sentire vivi, reali i personaggi: per ora ho un po' questa sensazione, ma sono pronta a ricredermi!

Francesca
 

Trillo

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Grazie a tutti per i vostri commenti, mi stanno aiutando a vedere le cose da un'ottica diversa e a poter apprezzare di più questo romanzo.

Mettendo insieme i vostri pensieri, sto cominciando a pensare che l'intento dell'autrice sia stato proprio quello di realizzare il ritratto di un'epoca cercando di trasmetterci quel particolare clima che si viveva in quel tempo.

Sul suggerimento di francesca sono andato anch'io a rileggere il primo capitolo, in cui effettivamente si ritrovano alcuni elementi che vengono dopo, diventando quindi più chiaro ad una seconda lettura.

Credo che ci sia un elemento fondamentale in questo primo capitolo, e più precisamente alla fine. Zenone è diretto verso se stesso. E perché cerca se stesso? Perché quella che vive è un'epoca di smarrimento, fatta di guerre, di dispute religiose, di peste, dei primi progressi tecnologici, di oscurantismo e tanto altro. E forse lo scopo dell'autrice è proprio quello di far provare a noi lettori quello stesso senso di smarrimento e disorientamento che prova Zenone di fronte a tutto questo, essendo lui troppo "avanti" per quell'epoca. In quest'ottica la Yourcenar riesce bene nel suo intento, proiettandoci bruscamente in quel vortice di avvenimenti che stanno sconvolgendo l'ordine delle cose in quel periodo post medioevale.

Anche il fatto di non farci vivere Zenone in prima persona, ma di farcelo perdere per strada per poi ritrovarlo dopo tanto tempo e tanti avvenimenti potrebbe voler simboleggiare proprio quel suo perdersi ma allo stesso tempo la sua ostinata e mai rassegnata ricerca di sé in quel mare di ostacoli culturali e storico-sociali che si ritrova a dover affrontare.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Intanto, io che ero la reginetta delle citazioni, ne posto un paio, giusto per non perdere la corona :mrgreen::

Ma nessuno è tanto folle da non avere momenti di saggezza.

I polmoni erano il mantice che ravviva la brave, la verga un'arma da lancio, il sangue nei meandri del corpo l'acqua dei rivoli in un giardino d'Oriente, il cuore, secondo che si adatti una teoria anziché l'altra, la pompa o il braciere, il cervello l'alambicco ove si distilla un'anima...


Era di quelli che preferiscono, il loro destino, riceverlo dall'esterno, vuoi per orgoglio, poiché trovano bello che il cielo stesso si occupi della loro sorte, vuoi per indolenza, per non dover rispondere né del bene né del male che portava in sé.
 

Spilla

Well-known member
Ieri i commenti di Trillo e Minerva mi hanno dato la chiave di lettura giusta :mrgreen:... Zenone non c'è mai perché... non deve esserci!
Il filo che raccoglie colori e forme che danno vita al patchwork, rimane invisibile, no?
Anche io sono riuscita, finalmente, a vedere l'insieme: non questo o quel personaggio, perché tutti entrano ed escono, ci mostrano un tratto, un dettaglio, e poi vengono abbandonati. È l'epoca, con l'immenso smarrimento che ha portato cone sé, ad essere protagonista, filo conduttore, occasione e fine del racconto. E mi sta piacendo immensamente.
Sono anche fortunata perché ques'epoca, con le sue lotte e contraddizioni, la conosco piuttosto bene, anche se non nei dettagli. Ci ho messo un po', ma adesso il libro mi ha totalmente conquistata.

Sono, come sempre, l'ultima: sono solo a pagina 90 :mrgreen:
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Io ieri ho finito la prima parte. Aspetto voi per iniziare la seconda anche perché oggi non ho la testa per leggere causa problemi imprevisti di salute in famiglia :(. Spero si risolvano presto altrimenti resterò io indietro , se sono troppo in ansia faccio difficoltà a concentrarmi nella lettura.
 

Spilla

Well-known member
Sono a pag. 140
Stamattina, mentre mi perdevo, affascinata, nei meandri della mente di Zenone, mi sono chiesta se questo libro non ci stia proponendo un'indagine introspettiva nell'essere umano. Forse non stiamo solo esplorando un'epoca, quella del XVI secolo, ma stiamo contemplando, nello scorrere delle pagine, la donna compiacente, il soldato, l'uomo d'affari, il mistico, il cortigiano, l'opportunista, lo scienziato che è in ciascuno di noi. Non so, ci pensavo :??
 

Trillo

Active member
Anch'io sono nel capitolo "L'abisso". Zenone sta ritornando al centro dell'attenzione, e siamo effettivamente condotti nei meandri della sua mente, fra le sue profonde riflessioni che si intrecciano con gli innumerevoli ricordi delle sue variegate esperienze. Al momento però non mi sento di generalizzare questo aspetto introspettivo all'essere umano nelle sue diverse espressioni. In ogni caso penso sia una sensazione soggettiva, ma comunque proverò a vedere se la tua osservazione può condurmi verso un'interpretazione diversa da come la vedo ora.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Cerco di proseguire anche io, però sono appena all'inizio de L'abisso.
In effetti Spilla non ha tutti i torti, indubbiamente non c'è solo l'aspetto puramente storico in risalto ma una varietà di persone con i loro mestieri, le loro capacità, i loro pensieri, i loro vizi, le loro paure... è però questo succedersi ininterrotto di troppi personaggi uno dietro all'altro che alla fine non vengono mai approfonditi più di tanto che a me ancora non convince :boh:.
Ad esempio mi sarebbe piaciuto ritrovare ancora Martha, la sorellastra di Zenon, invece non se ne è più parlato, dopo aver sposato il cugino il suo ruolo di donna è stato relegato a quello di moglie e probabilmente anche di madre, mentre io mi ero immaginata per lei una storia da coprotagonista in ambito religioso o comunque sociale.
 

Spilla

Well-known member
Io ho proprio l'impressione che il libro non voglia farci identificare con UN personaggio. Ce ne offre parecchi, un po' per descrivere , attraverso i diversi ruoli, un'epoca; un po' perché ognuno di questi "caratteri" forma la tessera di un puzzle. Penso che per scorgere la figura intera dovremo arrivare alla fine del libro :wink:
 

francesca

Well-known member
Ho appena finito il capitolo sulla sorte di Enrico-Massimiliano.
Mi piacciono moltissimo tutti i vostri commenti che mi aiutano a vedere la lettura sotto punti di vista diversi e mi aiutano anche ad affrontarla meglio.
Interessante questa interpretazione che molti di voi hanno condiviso, cioè che i veri protagonisti del libro siano da un lato un'epoca inquietissima, oscurata da guerre e pestilenze, da fanatismi e miseria, in cui a fatica si fa strada un barlume di razionalità e ragione, dall'altro l'animo umano in tutte le sue declinazioni, rappresentato dai tantissimi personaggi che si succedono capitolo dopo capitolo, e che racchiudono in sé le diverse sfaccettature dell'umanità, una specie di campionario umano, una "commedia umana" racchiusa in un solo libro.
Ho iniziato a orientarmi nell'epoca dal capitolo "La morte a Munster" perché avevo letto la vicenda degli anabattisti a Munster in Q di Luther Blisset e questo mi ha aiutato a focalizzarmi sull'epoca in cui si svolgono le vicende mentre all'inizio mi risultava abbastanza confusa.
Però continuo ad avere la stessa sensazione di Minerva, di un succedersi continuo di personaggi mai veramente approfonditi, che mi impedisce di immedesimarmi davvero nella lettura.
Zenone poi è sfuggente come un'ombra.
Lo ritroviamo nel capitolo Conversazioni ad Innsbruck, e in poche pagine vengono condensati anni di viaggi, di studi che lo hanno portato a diventare quello che è, ma il suo personaggio risulta così poco convincente.
Così come Enrico-Massimiliano: in un capitoletto viene raccontata la sua vicenda, dopo poche pagine morto, liquidato, come Hizolde, Adriansen, Benedetta e già diversi personaggi.
Per ora tutti i personaggi sembrano personaggi minori, il protagonista appare e scompare in controluce, ogni tanto si sofferma un po' di più per sparire nuovamente senza che sia chiaro da dove venga e dove sia nuovamente diretto…
Forse è proprio questa la bellezza del libro, come hanno notato alcuni di voi. Ma non so, non sono ancora completamente convinta perché non sono ancora completamente presa dalla narrazione.

Francesca
 

Spilla

Well-known member
Io mi sono un po' impantanata nel capitolo l'abisso, a tratti affascinante, a tratti ostico con tutti i riferimenti ad azioni di tipo "misterico" di cui non so assolutamente nulla.
Una chicca: viene citato l'alchimista Nicolas Flamel... che pensavo fosse un'invenzione della Rowling, che ne fa una figura di qualche importanza nella saga di Harry Potter. Invece è un personaggio storico, reale.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
"L'abisso" per me è stato troppo profondo, ma nel senso negativo, l'ho trovato davvero ostico tanto che mi ha portato a pensare che, dopo averlo così desiderato come voi, forse sarebbe stato meglio se Zenon non fosse stato approfondito :mrgreen:.
Solo verso la parte finale ho capito e apprezzato qualcosa di più.
Il capitolo successivo invece, La malattia del priore, mi è piaciuto molto. Per fortuna c'è questa alternanza di narrazione per cui alcuni capitoli sono comunque interessanti e più facilmente comprensibili.
 

Trillo

Active member
Sono a pag. 191. Vorrei fare due osservazioni. La prima è che effettivamente il commento di Spilla mi ha indotto a vedere le cose da un altro punto di vista.

Forse non stiamo solo esplorando un'epoca, quella del XVI secolo, ma stiamo contemplando, nello scorrere delle pagine, la donna compiacente, il soldato, l'uomo d'affari, il mistico, il cortigiano, l'opportunista, lo scienziato che è in ciascuno di noi. Non so, ci pensavo :??

Sebbene continuo a non vedere la possibilità di identificarci con ognuna di queste espressioni umane, mi sono reso conto però che il libro, nel presentarci un affresco dettagliato di quell'epoca, ci mostra indirettamente diversi aspetti che sono sopravvissuti al tempo e si prestano quindi ad essere attualizzati. A volte infatti siamo portati a credere e a pensare che certe cose avvenivano solo in passato, mentre in realtà quelle stesse cose descritte in un'epoca lontana quasi mezzo millennio dalla nostra, accadono ancora oggi. Dal semplice essere "buoni cattolici se non altro per abitudine", ai vari tipi di superstizione, passando per l'opulenza della Chiesa "che non è tutta al servizio di Dio", agli abusi di potere come quello dell'ufficiale gendarme contro la donna nella locanda, fra l'indifferenza e la compiacenza degli spettatori, alle leggi che "non colpivano i ricchi né i grandi di questo mondo". Questi sono solo alcuni esempi di cose che esistevano allora come oggi, e che probabilmente sono così intrinseche alla natura umana da caratterizzare un'eterna costante nella storia dell'uomo. E sicuramente rileggendo il libro se ne potrebbero rilevare anche altri.

La seconda osservazione è che nel capitolo dell'abisso, quando viene citato Flamel, viene esplicitato il significato del titolo del libro, anche se non in modo del tutto chiaro e diretto. Si fa infatti riferimento al motto degli alchimisti "Solve et coagula", che prevede una fase iniziale di dissoluzione di tutti gli elementi e di tutte le forme come condizione necessaria per poter poi ricoagulare il tutto verso una sostanza e una consapevolezza superiore.
Come emerge dai pensieri in cui si immerge Zenone in questo capitolo, la conoscenza e l'esperienza da lui accumulate nei diversi ambiti della vita, delle scienze e delle arti, lo hanno portato a realizzare questa prima fase, conducendolo verso quella visione atemporale e unitaria del tutto, dove ogni cosa è anche il suo contrario, il suo stato presente ma anche il suo passato e futuro. Ed è proprio questo insieme informe di pensieri a cui perviene Zenone che rappresenta la cosiddetta Opera al nero, il compimento di quella forma di decomposizione che rimesta insieme ogni cosa per ricreare quella condizione originaria di fusione del tutto che porta in sé le potenzialità di una nuova e più sublime creazione. Da questa particolare visione così estrema, il filosofo-alchimista dovrebbe quindi poter ricavare e plasmare una visione superiore di sé, della vita e del mondo attraverso le successive fasi dell'Opera al bianco e dell'Opera al rosso. Ma se già "la prima fase dell'Opera aveva richiesto tutta la sua vita", allora non ci sarà probabilmente per Zenone la possibilità di raggiungere gli altri stadi dell'Opera per arrivare a quel "trionfo coniugato dello spirito e dei sensi che caratterizza l'Opera al rosso".
L'esperienza di Zenone, così come probabilmente quella di ogni uomo, è allora destinata ad essere confinata nell'ambito dell'Opera al nero, limitata, ma dalle infinite possibilità e speranze.
 
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Trillo

Active member
Se qualcuno ha finito di leggere il capitolo "La passeggiata sulla duna", ha capito perchè Zenone decide di tornare indietro all'ospizio? Prima della partenza vengono spese tante parole per far capire che sarebbe partito definitivamente, che era deciso a sparire, che vuole procurarsi una barca per andare lontano, che una volta intrapreso il cammino prova una gioia, un entusiasmo e una libertà dimenticati, a tal punto che non riesce a capire come abbia fatto a rimanere fermo per tanti anni in una città. Si informa sui prezzi e sulle modalità del viaggio in mare e sulle diverse barche che offrono questo tipo di traversate. E alla fine, del tutto all'improvviso, decide di tornare indietro.
Questo repentino cambio di rotta mi ha lasciato perplesso, ma forse mi sono perso qualche passaggio... Voi che impressione avete avuto? Avete colto qualcos'altro che io mi sono lasciato sfuggire?
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Io il capitolo l'ho finito ed ho pure una mia teoria personale (forse troppo personale :mrgreen:) sul perché sia tornato indietro ma ora non riesco a scriverla perché sono col cellulare, lo farò appena riesco a collegarmi dal pc.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Allora sei anche tu curioso come me... Pensa che qui sul forum alcuni mi chiamano scimmietta curiosa :mrgreen:. Faccio uno sforzo col cellulare perché so bene cosa significa restare con la curiosità :wink:.
Però potresti restare deluso, quello che ho pensato io è abbastanza banale, anche se è quello che succede a me da qualche tempo, infatti in questa parte finalmente mi sono riuscita ad immedesimare, seppur a modo mio, con Zenon.
In pratica si tratta della paura del cambiamento, del perdere il certo (anche se non ci soddisfa più) per guadagnare l'incerto che potrebbe essere peggiore o addirittura pericoloso. Zenon non sa di chi fidarsi, entrambi quelli che devono portarlo in mare sembrano poco attendibili... Di quelli che chiedono una cifra spropositata sembra non fidarsi e pure quello che chiede poco non sembra così capace di conoscere il tragitto. Quindi preferisce ritornare indietro, nel suo porto sicuro, dove rifugiarsi e proseguire la sua vita anche se avrebbe voluto cambiarla. Così faccio io, addirittura non ho proprio provato a modificarla, continuo a lamentarmi delle mie catene, a bramare la libertà senza però fare nulla per ottenerla perché innanzitutto ho paura e poi perché sono ormai così disillusa dalla vita che credo di non poter più sperare in un miglioramento per me. Fino a qualche anno fa dicevo di non essere pessimista, ma solo tendente al pessimismo, ora non so più se è così, credo di aver quasi raggiunto il pessimismo cosmico leopardiano...
Io poi ho proseguito nella lettura e so cosa gli accadrà ma non ti svelo nulla :wink:
 

Trillo

Active member
Ok, quindi non vuole affidare il suo destino in mano a persone ambigue di cui non riesce ad fidarsi. E forse il tanto tempo trascorso in quell'ospizio e l'età avanzata contribuiscono in definitiva a convincerlo a tornare nel suo porto sicuro.
Grazie mille per aver soddisfatto la mia curiosità :) Però non essere troppo pessimista...!
 

Spilla

Well-known member
Non leggo gli ultimi post perché io sono indietri, solo a pagina 192:wink:
Grazie, Trillo, per la tua riflessione sul capitolo L'abisso, mi hai aiutato a mettere a fuoco lo sviluppo del pensiero di Zenone. Confesso che comunque il significato di Opera al nero, opera al rosso, opera al bianco rimangono superiori alle mie capacità di comprensione... nessuna novità, i regni dell'astratto assoluto non hanno mai fatto per me :mrgreen:

Nel cpitolo sulla malattia del priore si va delineando una trama fitta di elementi minuscoli eppure potenzialmente devaastanti per la vita di Zenone. Proprio ora che ha scelto di non operare più da eretico e alchimista, queste due accuse rischiano di travolgerlo. Zenone è una figura tragica.
Bello anche il rapporto con il priore: molto simili per intelletto e visione della vita, il priore sembra però aver trovato pace nella sua fede, mentre per Zenone la logica e l'analisi dei fatti negano ogni conforto e portano alla costante delusione nei confronti degli uomini.
 

Trillo

Active member
Bello anche il rapporto con il priore: molto simili per intelletto e visione della vita, il priore sembra però aver trovato pace nella sua fede, mentre per Zenone la logica e l'analisi dei fatti negano ogni conforto e portano alla costante delusione nei confronti degli uomini.

E' piaciuto anche a me il rapporto che si crea tra Zenone ed il priore. Tra i due si stabilisce una profonda stima e un rispetto sincero, che via via si consolidano in un'intesa e un'intimità molto particolari. In fondo sono entrambi soli, ma l'uno riesce a trovare nell'altro un confidente fraterno con cui potersi esprimere liberamente e senza timore.

Oltre al loro rapporto, a me è piaciuta anche la figura del priore. Per quanto non sono riuscito sempre a cogliere a pieno il significato dei suoi colloqui con Zenone, ho visto nel priore una persona buona, intelligente, umile, sensibile, giusta.

Probabilmente se Zenone avesse saputo fin dall'inizio che il priore conosceva la sua vera identità e che nonostante ciò lo accettava e gli era amico, sarebbe emersa fra i due una complicità ancora maggiore.
 
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