252° MG - Febbre di Jonathan Bazzi

qweedy

Well-known member
Finito!

E' molto credibile quando descrive il sollievo che prova nell'avere la diagnosi di Hiv, il peggio era non sapere, ora finalmente il nemico ha un nome e si può combatterlo e conviverci. Credibile anche quando descrive tutta la sua angoscia nel cercare un altro motivo al suo malessere, l'Hiv non gli basta come spiegazione ed è convinto di avere un'altra malattia grave, magari la Sla o un tumore al cervello, e cerca conferme con nuovi esami.

Ho apprezzato il suo stile asciutto e frammentato, e come utilizza spesso frasi brevi, spezzate, parole isolate e ripetute.
Penso che scrivere questo libro sia stata per lui una liberazione, una catarsi purificante.
 

Ondine

Logopedista nei sogni
Finito, liberazione è proprio il termine con cui definirei questo libro.
 

Shoshin

Goccia di blu
Ringrazio chi mi ha fatto conoscere questo giovane
e promettente narratore di vita,dandomi un'altra possibilità
di approfondimento .
Non è mai troppo "conoscere",
serve a non dimenticare, a non trascurare,serve
a capire,a chiedere una volta in più "come stai"?
"Posso starti accanto?"...
"Avanti,vieni ,vieni pure.Stavo facendo qualcosa
che può essere interrotto"

Da qualche parte ho letto,a proposito di questo libro,

" Non è stato solo leggere.
È stato imparare a voler bene a qualcuno."


https://youtu.be/LNYSJDi_B_s
 

qweedy

Well-known member
Questa la motivazione di Teresa Ciabatti nel candidarlo al Premio Strega «Febbre di Jonathan Bazzi è un romanzo che testimonia un presente che è già futuro prossimo. Questa è una storia del tempo nuovo: perché il fuoco è sorprendentemente altrove rispetto a dove è stato messo fin qui da letteratura e senso comune. Esula dai giudizi e sposta il baricentro sull’accettazione delle fragilità. Una lingua contaminata – la lingua di una periferia dove si parla un pidgin febbrile di milanese, napoletano, pugliese e siciliano – a tratti interrotta, a tratti fluida, distorce, denuncia, svela, innalza e abbassa la soglia della gioia. Così il protagonista, creatura in divenire, non cerca un’identità, o almeno non nelle categorie esistenti, ma ne inventa una sua personale in cui si ama su internet (“usatemi per studiare il cuore del nuovo millennio, quello che prima s’innamora e poi ti vede in faccia”), in cui si può essere tutto, felicemente tutto: colto, balbuziente, emotivo, gay, ironico e anche sieropositivo. L’Orlando di Virginia Woolf qui si condensa, e trova realizzazione in pochi anni. Non servono più secoli.»
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
"L’HIV è una mia caratteristica reale, incontrovertibile. Una delle tante. Un metro e settantanove, occhi marroni, capelli (pochi) castani, molti peli sul corpo,
PHP:
[PHP]
[/PHP] piede numero 43, balbuzie, ernia inguinale – forse sparita da sola (i medici dicevano: impossibile, bisogna operare) –, canino inferiore sinistro spinto in avanti dal dente del giudizio (mi storta la bocca), setto nasale un po’ sporgente da un lato, miope, lievemente intollerante all’alcol (quando bevo più di un bicchiere mi riempio di macchie), sieropositivo.
E allora?
Condizione corporea, oggettiva. Non decisa, scelta, voluta: il virus in realtà non dice niente di me, non dice niente di chi ce l’ha. Sempre lo stesso, uguale per tutti. Semmai conta il modo in cui chi ce l’ha assume su di sé la sua diagnosi, lo stile con cui sceglie o riesce ad attraversarla. Ci avete mai pensato? Ve ne frega davvero qualcosa?
Ho deciso di essere un sieropositivo che si lascia individuare, che racconta più che lasciarvi immaginare.
La precisione è l’arma di cui mi sono munito.
La compagnia degli altri, la soluzione che ho scelto."

Se sostituiamo HIV con cecità, sieropositivo con non vedente, le sue caratteristiche fisiche con le mie, il risultato è Rossella. Stesso pensiero, stesse soluzioni. E questa lettura non poteva non finire con un'altra stilettata.
Vado a leggere le ultime pagine.
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
Finito. Per me è 5/5, non per il libro in sé, ma per ciò che mi ha lasciato, per le cose personali su cui mi ha fatto riflettere.
 

Shoshin

Goccia di blu
"Abbiamo iniziato a stare insieme e a me non sembrava vero: come faccio a piacergli? Lui è bellissimo, non ha trovato di meglio? Sono un ripiego, un passatempo in attesa di altro? Ero così felice che pensavo sarebbe presto successo qualcosa di brutto: un incidente, una malattia, una morte improvvisa, A uno o all’altro, oppure, perché no, insieme.

La felicità è un affronto, richiede un bilanciamento..."


Continuo pian piano,
e cerco spunti per il mio
quaderno diario.
Non c'è un tempo stabilito
per scrivere un diario.
Penso che continuerò per sempre.
E questo frammento del libro di Jonathan
farà parte delle mie pagine ,
mi è piaciuto molto.
 

Shoshin

Goccia di blu
Lentamente procedo

"Sono stato in Africa, sono stato ad Haiti, sono stato a New York, in California, sono stato
in tutti gli Stati Uniti – raro cancro osservato in 41 pazienti gay, deficienza immunitaria
correlata all’omosessualità –, sono stato in Brasile, sono arrivato in Europa, sono stato
scimmia, membro della tribù, partner inconsapevole, attore porno, aspirante cantante, e
poi sconosciuto, donna tradita, danzatore, tossico, escort, parrucchiere, dirigente
d’azienda, sportivo, paziente a cui è andata male, marito infedele, impiegato, senzatetto,
figlio di balordi, attivista, prete, drag queen, ragazza transgender, professore, casalinga, medico, operaio, poeta, fotografo, madre che l’ha trasmesso al figlio, untore,
vendicatore, adolescente alle prime esperienze, vittima di stupro: il virus è stato in tutti
questi corpi, li ha attraversati, sfruttati, erosi. Le persone finiscono, sono finite: quei
corpi non esistono più. Invece lui è sopravvissuto, immortale, li ha trascesi, va oltre. È
passato ad altri – in altri, in altre – arrivando fino a qui.
Una parte di me ha fatto questo viaggio lunghissimo, nello spazio e nel tempo, e l’ha fatto prima di entrarmi dentro, prima di diventare quello che sono ora.
Appartengo a una comunità invisibile.
Di trapassati e superstiti, fantasmi e reliquie viventi."


Un altro passaggio impegnativo e forte.
Lascia poco spazio al respiro.
Non credevo di sapere tutto,adesso ne sono certa.
Quando puoi soltanto metterti nei panni di chi soffre,
ti mancano tante altre cose ,puoi intuire certo,
ma resti indietro comunque.Il viaggio non è il tuo.
La sofferenza è un cammino solitario...
Forse necessario per capire e trovare da qualche parte
la forza per reagire...
E la forza diventa una finestra che ci spalanca verso gli altri.
Ci toglie dall'invisibilita '.

Jonathan Bazzi sta cercando di far capire tutto questo.
 

Shoshin

Goccia di blu
Leggo..."Mio padre ha il cancro del sangue, io ho l’HIV.
Il cancro fa proliferare le cellule all’impazzata, con l’HIV le cellule muoiono. Il cancro è
rivolta interna, corpo che vuole troppo, che cresce, si espande. L’infezione da HIV è
assalto, invasione, resa. Immagini speculari – un po’ prodigio, un po’ beffa – manifestate
da due organismi che, seppur divisi da chilometri e fallimenti, hanno voluto prendersi
gioco delle ragioni e delle probabilità. Degli eventi e delle biografie. Sono voluti andare
oltre i fossati e le trincee del pensiero, per ricordare che molte più cose del previsto
sono unite, si conoscono, tramano alle nostre spalle.
Si può far finta di niente.
Si può essere costretti a dimenticare, per anni. Metterci una pietra sopra, recidere a colpi di volontà un legame che i fatti hanno
smentito. Ma le matrici primitive sanno come tornare a farsi sentire. L’appartenenza che
abbiamo negato è riaffermata dai corpi..."

È forse in questo breve estratto che si nasconde
il senso della copertina del libro di Jonathan.
Se penso al motivo per cui l'ha scelta,allora dico che
potrebbe richiamare il senso di queste parole.
Quella mano che regge un fiore strappato e quegli occhi
che piangono lacrime di un sangue malato per dimenticare.
Ma gli strappi restano,e le cicatrici formatesi fanno male...così
...I corpi "riaffermano l'appartenenza negata".

Sono giorni impegnativi,questo libro è impegnativo,
ma mi è di grande insegnamento.
Grazie Jonathan.
 

Shoshin

Goccia di blu
Coincidenze

"Sono ipnotizzato. Ti ho sognato, non conosciuto. Ti ho divorato lasciandoti intatto. Che
ne so di come devi installare i tuoi disegni che io tranquillamente ancora oggi mangerei
come se fossero un’ostia? Il corpo di Ernesto, amèn.
Poi più niente, per altri due, tre, quattro anni.
Va via Ernesto, lascia Milano.
Tristezza, depressione, fine dell’ispirazione. Non disegnava più. Milano lo stava
ammazzando – lo sai o lo stai immaginando? –, va a vivere in Trentino, in mezzo alle
montagne. Ora fa vignette, illustra le canzoni di De André e De Gregori, Van Gogh – lo
schizofrenico, il bipolare – ha preso il posto di Schiele. Si fa conoscere grazie ai social.
Ernesto diventa famoso?
Tutto quello che merita, ed è solo l’inizio.
Io sapevo, l’avevo capito: a sedici anni ero già un rabdomante, un talent scout che la
metteva un po’ troppo sul personale. Non ho mai amato uomini se non quando li ho
trovati rammolliti e dolcissimi ha scritto da qualche parte Alda Merini. E pure io uguale:
non posso che innamorarmi di ragazzi – ragazzi, non uomini – malinconici, stropicciati, mezzi barboni ma con gli occhi dolci – falliti? Aspiranti suicidi? Spirito, luce..."


Jonathan sta parlando di Ernesto Anderle,il giovane Maestro di cui ho parlato nel mio post Vincent ed altre storie.
Sorpresa e meraviglia per questa inaspettata coincidenza...
 

Shoshin

Goccia di blu
"Col virus voglio farci qualcosa, agire su di lui, modificarlo, non essere inerme, subirlo
– mi interessano solo le cose con cui posso imparare. Scriverne, per esempio, sfruttando
la mia condizione di privilegiato, di contaminato che non prova vergogna. Rinominare
quello che mi è successo, appropriarmene con le parole, per imparare, vedere di più:
usare la diagnosi per esplorare ciò che viene taciuto. Darle uno scopo, non lasciarla
ammuffire nel ripostiglio delle cose sbagliate.
Voglio rimanere là dove sta il dolore, per frammentarlo con le parole e fargli fare un
po’ meno male.
E poi non sopporto l’idea di sentirmi obbligato, costretto.
Il mantello dell’invisibilità ti impone un grado minore di esistenza..."

Un giovane narratore ,un libro che squarcia il silenzio ed urla la verità .
Un modo per non lasciarsi andare e non lasciare andare via ciò che di buono ,nonostante tutto,la vita ci offre.
Ci vuole coraggio a raccontarsi come ha fatto Jonathan,
accettando le conseguenze che sarebbero potute essere diverse.
Se avesse usato altre parole,se si fosse perso nell'autocommiserazione,
probabilmente non avrebbe mosso il cuore dei lettori così come ha saputo fare.
Io credevo di sapere tante cose sulla realtà che ha raccontato,ma non era così. Avevo bisogno di voltarmi indietro,tornare sui miei passi,aiutata dal suo racconto,per raccogliere tutto quello che non avevo capito,che non avevo sentito dentro,che non avevo voluto affrontare.
Spero che Jonathan riceva il giusto apprezzamento durante i lavori che conferiranno il Premio Strega tra qualche tempo.

Mi piace lasciare qui il link di un brano musicale ascoltato durante l'audiolettura di Valentia Carnelutti con cui avevo iniziato il percorso in questo post.Lo trovo molto dentro le parole di Jonathan...



https://youtu.be/Lgmtkav_Otk
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Ho appena letto sul sito di ibs che se si inviano recensioni dei libri candidati allo strega si potrebbe vincere un buono da 50 euro.
Ho pensato a voi soprattutto perchè vogliono anche la recensione sulla copertina e qui l'avete fatta.
Pensateci :wink:
 

Shoshin

Goccia di blu
"Anche i nostri amici ormai iniziano a essere in confidenza con la mia terapia. Mirella,
Alessandro, Simona: se sono fuori con noi me la ricordano pure loro, a volte ci
scherzano, il velo di imbarazzo sul loro viso si è assottigliato. Ci provano, si attestano su
un registro diverso.
Al ristorante, per quanti siano gli occhi dei vicini di tavolo potenzialmente in agguato,
io provo a non fermarmi: rievoco attorno a me il cerchio reale o invisibile degli alleati, il
giudizio degli altri di segno opposto. Vado, attraverso la nube di timori che orbita
attorno al mio nucleo.
Giustizia è che almeno tutti sappiano la verità.
Storie proibite, storie permesse – trovare il coraggio di una riscrittura.
Riempio il bicchiere d’acqua.
Allungo la mano, entro nella tasca del giubbotto.
A destra non c’è, sarà a sinistra?
Incontro il fazzoletto in cui è avvolta.
La sfilo, risalgo.
Apro le dita.
Rosa pallido su tovaglia bianca.
Non ci fa caso nessuno..."


Speravo moltissimo che il libro di Jonathan Bazzi
fosse votato,perché il suo nome restasse per sempre tra i vincitori del prestigioso Premio Strega
Intanto stanotte ho riletto le pagine
più significative di Febbre...
 
Alto