qweedy
Well-known member
"Elba è nata nel Fascione, manicomio napoletano. Siamo nel 1982, Mutti, mamma di Elba è ritenuta pazza, di conseguenza anche la figlia è una quasi matta.
Elba ha il nome di un fiume del Nord: è stata sua madre a sceglierlo. Prima vivevano insieme, in un posto che lei chiama il mezzomondo e che in realtà è un manicomio. Poi la madre è scomparsa e a lei non è rimasto che crescere, compilando il suo “Diario dei malanni di mente”, e raccontando alle nuove arrivate in reparto dei medici Colavolpe e Lampadina, dell’infermiera Gillette e di Nana la cana. Del suo universo, insomma, il solo che conosce. Almeno finché un giovane psichiatra, Fausto Meraviglia, non si ficca in testa di tirarla fuori dal manicomio, anzi di eliminarli proprio, i manicomi; del resto, è quel che prevede la legge Basaglia, approvata pochi anni prima. Il dottor Meraviglia porta Elba ad abitare in casa sua, come una figlia: l’unica che ha scelto, e grazie alla quale lui, che mai è stato un buon padre, impara il peso e la forza della paternità."
Dopo “Il treno dei bambini” e “Oliva Denaro”, “Grande meraviglia” completa un’ideale trilogia del Novecento. Viola Ardone continua a stupire per la grande capacità di raccontare dolori pubblici (qui i manicomi e la legge Basaglia) utilizzando un linguaggio morbido, gentile, e restando abbastanza in superficie.
Il romanzo è raccontato come due lunghi monologhi, il primo attraverso la voce di Elba che racconta come passa le giornate, le malattie, le caramelle rosse, blu e quella grigia del buon sonno, il campionato mondiale dei pazzi con le squadre del Paris San Gennaro e del Patetico Madrid, l'elettroshock.
Nella seconda parte del romanzo, entra prepotentemente in scena Fausto Meraviglia, lo psichiatra che, grazie all'entrata in vigore della legge Basaglia, prova a rivoluzionare la vita al Fascione e poi prende Elba sotto la sua ala protettrice, cercando di plasmarla come non è riuscito a fare con i figli naturali.
Anche lo stile di scrittura cambia completamente nei due monologhi, le parole di Elba sono spesso in rima baciata, piene di candore come canzoncine di bambini, con nomi storpiati (le suore culone, il dottore che esegue gli elettroshock Lampadina, l’infermiera Gillette con il volto reso ispido da una tenace peluria, Nana la Cana, Mastro Lindo che ha tentato di suicidarsi con la candeggina).
C'è molta discrepanza di stile e non solo, nelle due parti, sono rimasta un poco disorientata.
Romanzo non facile da leggere, però direi che ne vale la pena.
"Ognuna è spaiata qua dentro, siamo bambole rotte che non vale la pena di riparare. Dài retta a me, che al mezzomondo ci sono nata e cresciuta, come un panda allo zoo che ho visto in un documentario sul terzo canale. Pazza la mamma, pazza la figlia, pazza tutta la sua famiglia."
“I mica-matti odiano i matti, li chiudono nel mezzomondo e qui non ci vogliono più mettere piede, neanche nei giorni di visita…”
"Il mezzomondo è la casa dei matti, ci stanno i cristiani che sembrano gatti: non hanno la coda, non sanno miagolare, sono gatti. Gatti da legare."
“E’ più comodo tenere tutti i difettosi in un unico posto nascosto, così non li vede nessuno. Come dice quella pubblicità: Viavà, e la macchia se ne va”.
“La mia Mutti era bella: i capelli di muschio dorato, gli occhi di foglie croccanti, le dita di edera rampicante”.
«Non era pazza la mia Mutti. Era sana in un mondo di folli. É finita qui per non rinunciare a me. Per dare la vita a me, ha rinunciato alla sua».
«Noi matti siamo piante con le radici in vista: se abbiamo fame ne abbiamo troppa, se non ne abbiamo non mangiamo più, se siamo contenti cantiamo e balliamo, se siamo tristi è come se fossimo morti da un pezzo. Se abbiamo un sospetto è già diventato realtà, se abbiamo paura è una porta spalancata nel vuoto. Se abbiamo voglia di parlare, le parole diventano un fiume come me in questo momento. E se non ne abbiamo più voglia, allora punto e basta”.
”La rabbia è un tumore dell’anima, incastrato tra il cuore e la gola e pesa su ogni battito come un quintale di odio”
”Sa qual è il grande problema del nostro tempo? Tutti vogliono parlare… e nessuno vuole ascoltare."
«L’amore è incomprensibile, una forma di pazzia."
“Non è mancanza di memoria, ma di interesse. Invecchiare è un po’ come diventare poveri, signora, mi creda. Hai meno possibilità nella vita, meno gente che ti cerca, e arrivare a fine mese è ogni volta una scommessa. La dimenticanza, a pensarci bene, è un’ultima carezza della vita, lo sconto di pena previsto per chi ha vissuto troppo e ha più ricordi del necessario”.
"Eppure sono certo di averti fatto un po' di bene. Ho avuto la capacità di scoprire in te una strada quando tu vedevi un muro."
Elba ha il nome di un fiume del Nord: è stata sua madre a sceglierlo. Prima vivevano insieme, in un posto che lei chiama il mezzomondo e che in realtà è un manicomio. Poi la madre è scomparsa e a lei non è rimasto che crescere, compilando il suo “Diario dei malanni di mente”, e raccontando alle nuove arrivate in reparto dei medici Colavolpe e Lampadina, dell’infermiera Gillette e di Nana la cana. Del suo universo, insomma, il solo che conosce. Almeno finché un giovane psichiatra, Fausto Meraviglia, non si ficca in testa di tirarla fuori dal manicomio, anzi di eliminarli proprio, i manicomi; del resto, è quel che prevede la legge Basaglia, approvata pochi anni prima. Il dottor Meraviglia porta Elba ad abitare in casa sua, come una figlia: l’unica che ha scelto, e grazie alla quale lui, che mai è stato un buon padre, impara il peso e la forza della paternità."
Dopo “Il treno dei bambini” e “Oliva Denaro”, “Grande meraviglia” completa un’ideale trilogia del Novecento. Viola Ardone continua a stupire per la grande capacità di raccontare dolori pubblici (qui i manicomi e la legge Basaglia) utilizzando un linguaggio morbido, gentile, e restando abbastanza in superficie.
Il romanzo è raccontato come due lunghi monologhi, il primo attraverso la voce di Elba che racconta come passa le giornate, le malattie, le caramelle rosse, blu e quella grigia del buon sonno, il campionato mondiale dei pazzi con le squadre del Paris San Gennaro e del Patetico Madrid, l'elettroshock.
Nella seconda parte del romanzo, entra prepotentemente in scena Fausto Meraviglia, lo psichiatra che, grazie all'entrata in vigore della legge Basaglia, prova a rivoluzionare la vita al Fascione e poi prende Elba sotto la sua ala protettrice, cercando di plasmarla come non è riuscito a fare con i figli naturali.
Anche lo stile di scrittura cambia completamente nei due monologhi, le parole di Elba sono spesso in rima baciata, piene di candore come canzoncine di bambini, con nomi storpiati (le suore culone, il dottore che esegue gli elettroshock Lampadina, l’infermiera Gillette con il volto reso ispido da una tenace peluria, Nana la Cana, Mastro Lindo che ha tentato di suicidarsi con la candeggina).
C'è molta discrepanza di stile e non solo, nelle due parti, sono rimasta un poco disorientata.
Romanzo non facile da leggere, però direi che ne vale la pena.
"Ognuna è spaiata qua dentro, siamo bambole rotte che non vale la pena di riparare. Dài retta a me, che al mezzomondo ci sono nata e cresciuta, come un panda allo zoo che ho visto in un documentario sul terzo canale. Pazza la mamma, pazza la figlia, pazza tutta la sua famiglia."
“I mica-matti odiano i matti, li chiudono nel mezzomondo e qui non ci vogliono più mettere piede, neanche nei giorni di visita…”
"Il mezzomondo è la casa dei matti, ci stanno i cristiani che sembrano gatti: non hanno la coda, non sanno miagolare, sono gatti. Gatti da legare."
“E’ più comodo tenere tutti i difettosi in un unico posto nascosto, così non li vede nessuno. Come dice quella pubblicità: Viavà, e la macchia se ne va”.
“La mia Mutti era bella: i capelli di muschio dorato, gli occhi di foglie croccanti, le dita di edera rampicante”.
«Non era pazza la mia Mutti. Era sana in un mondo di folli. É finita qui per non rinunciare a me. Per dare la vita a me, ha rinunciato alla sua».
«Noi matti siamo piante con le radici in vista: se abbiamo fame ne abbiamo troppa, se non ne abbiamo non mangiamo più, se siamo contenti cantiamo e balliamo, se siamo tristi è come se fossimo morti da un pezzo. Se abbiamo un sospetto è già diventato realtà, se abbiamo paura è una porta spalancata nel vuoto. Se abbiamo voglia di parlare, le parole diventano un fiume come me in questo momento. E se non ne abbiamo più voglia, allora punto e basta”.
”La rabbia è un tumore dell’anima, incastrato tra il cuore e la gola e pesa su ogni battito come un quintale di odio”
”Sa qual è il grande problema del nostro tempo? Tutti vogliono parlare… e nessuno vuole ascoltare."
«L’amore è incomprensibile, una forma di pazzia."
“Non è mancanza di memoria, ma di interesse. Invecchiare è un po’ come diventare poveri, signora, mi creda. Hai meno possibilità nella vita, meno gente che ti cerca, e arrivare a fine mese è ogni volta una scommessa. La dimenticanza, a pensarci bene, è un’ultima carezza della vita, lo sconto di pena previsto per chi ha vissuto troppo e ha più ricordi del necessario”.
"Eppure sono certo di averti fatto un po' di bene. Ho avuto la capacità di scoprire in te una strada quando tu vedevi un muro."
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