Commento strambo con spoiler sparsi
Henrik, un ragazzo cresciuto negli agi di una famiglia benestante e vicina all'imperatore-re d'Ungheria, durante gli anni al collegio militare instaura una forte e intima e amicizia con Konrad, un coetaneo dalle più umili condizioni economico-sociali. La loro amicizia non sembra minata dalla diversità sociale e caratteriale che si fa con gli anni sempre più marcata, finché un giorno Konrad non si fa più vedere, e in Henrik prende corpo il sospetto del tradimento di Konrad con sua moglie Krisztina. Il desiderio di verità e vendetta arde per sempre nel cuore del protagonista fino al giorno in cui, dopo quarantun anni, i due si rincontrano e hanno l'occasione di chiarirsi.
La storia di questo romanzo è apparentemente semplice e lineare ma, nonostante ciò, ho trovato Le braci un libro profondamente enigmatico e labirintico. Il romanzo è infatti disseminato di ambiguità e di non detti che a mio parere ne restituiscono una realtà complessa e multiforme in cui è pressoché impossibile definire cosa sia autentico e cosa sia invece illusorio.
In un clima familiare dai rapporti tesi e insinceri, intriso di desideri e sentimenti inespressi, il protagonista sembra vivere e soffrire un profondo senso di solitudine, di estraneità all’ambiente e alla condizione di vita in cui è imbrigliato, e di un conseguente disagio esistenziale: ha bisogno di affetto e di avere qualcuno con cui confidarsi, vuole fare il poeta ma è introdotto alla vita e alla carriera militare, e per tutto questo è sempre malato, fino al momento in cui al collegio all'improvviso conosce Konrad, con cui instaura una profonda amicizia, e il protagonista sembra acquistare una ritrovata serenità e una solida identità. Significativo a questo proposito è il fatto che l'autore dia un nome al protagonista soltanto dal momento in cui appare Konrad, e che lo menzioni solo nel corso delle poche pagine che ci raccontano l'idillio della loro amicizia. Ma quanto c'è di reale in Konrad? Che sia forse una proiezione di Henrik scaturita dal bisogno dell'affetto di una persona vicina che sostituisse la figura della balia? O un suo alter ego in cui riporre ciò che nel profondo lui è e non può essere, quell'animo sensibile e artistico da scacciare in favore del soldato a cui è stato destinato? E cosa nascondono davvero i medici che visitano Henrik al collegio, che parlano di "pericolo", preoccupati per le sue condizioni di salute e forse anche mentali? Potrebbe forse Konrad essere reale solo in parte, essere stato per esempio lui quel compagno di collegio dodicenne suicida menzionato immediatamente prima della sua comparsa nel romanzo, quasi ci fosse un legame fra loro, e il resto un tentativo di reinvenzione di Henrik per mantenerlo in vita nella sua mente e vincere così sul suo senso di solitudine ed estraneità?
Quando i due ex amici sembrano rincontrarsi dopo quarantun anni, è sorprendente e perfino inverosimile constatare non solo come Konrad sia evasivo e quasi assente, ma anche come il protagonista non voglia in realtà che Konrad risponda alle sue domande, al punto che l'incontro finisce per tramutarsi in un lungo soliloquio. Che quell'incontro sia in realtà solo il frutto dell'immaginazione del protagonista? Ancora più inspiegabile è il fatto che, durante il loro incontro, il tempo verbale della narrazione, fino ad allora al passato, passi all'improvviso al presente, quasi come se, dopo una trance iniziale, la mente del protagonista si abbandonasse definitivamente alla dimensione onirica, in quella condizione in cui la mente è impegnata a costruire il sogno e contemporaneamente a vivere la realtà che ne deriva.
Un paradosso finale sembra ulteriormente conferire al tutto il carattere inverosimile del sogno: il loro incontro sembra infatti protrarsi per tutta la notte fino all'alba, eppure, quando Konrad va via e il protagonista si ritrova con la balia, l'autore lascia intendere che sia ancora sera e che il mattino sia ancora lontano.
Diversi altri elementi accennati, ma non rivelati, aprono a mio parere ad altre domande, ipotesi e prospettive, sia sull'autenticità della trama sia sull'identità e autenticità dei personaggi, a nessuna delle quali è dato però il privilegio di avere una risposta certa e dimostrabile, né di connotarsi come una verità oggettiva. Tra tutte, forse una delle più centrali è rappresentata dalla vera identità di Krisztina e dei suoi appunti sul quadernetto che Henrik si rifiuta di leggere, e di cui conserva nella mente solo una memoria selettiva delle poche informazioni necessarie alla sua probabile costruzione mentale.
Il protagonista, che ha vissuto una vita intera nel desiderio ardente di conoscere la verità, finisce con l'accorgersi che in realtà non ne ha bisogno, perché "alla fine di tutto, è con i fatti della propria vita che si risponde agli interrogativi che il mondo ci rivolge con tanta insistenza", e che quindi le parole non avrebbero mai potuto sostituirsi a ciò che lui, Konrad e Krisztina hanno già dimostrato durante la loro intera esistenza. Ma allora che differenza avrebbe fatto conoscere la verità? Perché bruciare il quadernetto di Krisztina che probabilmente ne era l'unica testimonianza attendibile? Forse per paura di scoprire una verità difficile da sopportare, quella che gli avrebbe mostrato di aver consumato la sua intera vita nella prigione mentale di un'illusione?
"Per me quel mondo è sempre vivo, anche se non esiste più nella realtà. È vivo perché gli ho giurato fedeltà. È tutto ciò che posso dire."
In conclusione, mi rendo conto conto che questo mio commento è pieno di ipotesi fantasiose, inconcludenti, forse assurde, a cui cerco di aggrapparmi nel tentativo di dare un senso a ciò che non riesco razionalmente ad afferrare (o ad accettare), ma perlomeno dà l'idea del tipo di esperienza di lettura che questo libro mi ha indotto.
Le braci è infatti un romanzo che mi ha molto coinvolto mentalmente, che mi ha lasciato insoddisfatto per l'impossibilità di identificare convintamente una mia "verità" al suo interno, ma che al contempo ho trovato affascinante per il suo carattere inaccessibile e anche originale, profondo, lirico.