Roberts, Gregory David - Shantaram

ila78

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COPIO E INCOLLO DAL MINIGDL

Come ho detto, ci ho messo un attimo a "rielaborare" questo libro dopo aver chiuso l'ultima pagina e tutt'ora non mi so decidere se mi sia piaciuto o meno, di sicuro sono in disaccordo con chi, parlandone, si lancia in lodi sperticate utilizzando termini come "capolavoro assoluto", per me non lo è, o meglio, aveva le potenzialità per esserlo e diciamo che fino a oltre la metà (che son comunque 600 pagine) lo è; lo è finché Roberts si limita a fare quello che sa fare benissimo: parlare dell'India, descriverci paesaggi, sensazioni, odori (forti) usi e costumi. La parte della visita al piccolo villaggio di Prabacker sulle montagne, bisogna riconoscerglielo, è poesia pura, quasi commovente, così pure la vita "quotidiana" nello slum. Peccato, peccato perché inspiegabilmente il nostro Roberts viene colpito da un morbo che fa diventare il suo racconto un simil poliziesco, giallo, thriller malavitoso con sfumature di fantascientifiche (non è realistico che abbia fatto quello che racconta) condito di filosofia spicciola, Khaderbai è una specie di Totò Riina ma acculturato e affascinante, e, incredibile, Lin lo adora e fa di tutto per rendertelo simpatico provando in tutti i modi (senza riuscirci nel mio caso) a farti dimenticare che è un malavitoso e un assassino; mi attirerò le ire degli estimatori ma questa parte è brutta, pesante e collegata male e siccome sono altre 600 e passa pagine riesce a rovinarti la poesia di quello che hai letto prima.
Stendiamo un velo pietoso sulla protagonista femminile, Karla, odiata dalla prima pagina all'ultima e non mi frega se ha avuto una vita difficile, resta odiosa.
Le ultime 150 pagine poi sono di una pesantezza unica, sembra che abbia finito le idee, me le sono trascinate e ho fatto una fatica bestiale a finirlo. Mi dispiace ma non riesco a dare un voto che vada oltre il 3/5.
 

ayuthaya

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Ho appena finito qst libro di cui ho letto (qui) tante recensioni postive e che ha suscitato in me grandi aspettative dovute al mio amore per l’India (che ho visitato un po’ di tempo fa)! :sbav:
Devo dire che le mie reazioni sono state di due tipi. Da una parte c’è il ritratto dell’india che viene fuori dalle pagine (soprattutto nella prima parte): toccante, sincero e assolutamente corrispondente a quella che è stata la mia esperienza. La descrizione del primo “impatto” con qst realtà, impatto che butta all’aria qualsiasi idea preconcetta (positiva o negativa) si potesse avere in precedenza, ha prodotto in me una sofferenza quasi fisica: talmente ho sentito mie le parole usate dall’autore nel descrivere quel senso di smarrimento e di amore (quasi fosse un colpo di fulmine) che l’ha colto fin dal suo primo respiro, che mi sono chiesta “che ci faccio qui??? Perchè nn sono in India???”... :HIPP :mrgreen:
Mi sono poi quasi commossa nel leggere di alcune “caratteristiche” degli indiani che avevano colpito anche me: in particolare la loro abitudine a fissare insistentemente tutto ciò che desta la loro curiosità (in primis noi “stranieri”) e quel ciondolio particolare con la testa che a noi occidentali sembra un diniego ma in realtà è un cenno affermativo e perfino di simpatia... :)
D’altra parte però devo ammettere che, tenendo conto di tutti i commneti entusiastici che avevo letto, il romanzo nel suo complesso mi ha un po’ deluso. Nn appena il racconto si sposta da qll che sono le piccole scene di vita quotidiana nel villaggio di Prabu o nello slum, alla Bombay delle prigioni e delle mafie (per nn parlare della guerra in Afghanistan), il mio interesse è andato scemando e le ultime cento pagine le ho finite con una certa fatica (anche se qst fatto è dovuto anche al mio aver cominciato un altro libro che mi ha preso molto). É come se tutto ciò che di veramente importante avesse da dire l’autore (almeno rispetto a qll che era il mio personale interesse) l’avesse esaurito circa a metà libro.
Per cui alla fine di tutto non mi sento in grado, o forse semplicemente nn mi va, di dare un “giudizio” obiettivo... é stata una lettura comunque piacevole, che mi ha regalato nostalgici tuffi nel passato e in emozioni che credevo di aver dimenticato, e che invece ho riscoperto ancora vive e forti dentro di me. :D:D:D

Riposto il mio commento perché è uno dei pochissimi casi in cui il nostro giudizio coincide quasi totalmente!!! :mrgreen:
 

Spilla

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COPIO E INCOLLO DAL MINIGDL

Come ho detto, ci ho messo un attimo a "rielaborare" questo libro dopo aver chiuso l'ultima pagina e tutt'ora non mi so decidere se mi sia piaciuto o meno, di sicuro sono in disaccordo con chi, parlandone, si lancia in lodi sperticate utilizzando termini come "capolavoro assoluto", per me non lo è, o meglio, aveva le potenzialità per esserlo e diciamo che fino a oltre la metà (che son comunque 600 pagine) lo è; lo è finché Roberts si limita a fare quello che sa fare benissimo: parlare dell'India, descriverci paesaggi, sensazioni, odori (forti) usi e costumi. La parte della visita al piccolo villaggio di Prabacker sulle montagne, bisogna riconoscerglielo, è poesia pura, quasi commovente, così pure la vita "quotidiana" nello slum. Peccato, peccato perché inspiegabilmente il nostro Roberts viene colpito da un morbo che fa diventare il suo racconto un simil poliziesco, giallo, thriller malavitoso con sfumature di fantascientifiche (non è realistico che abbia fatto quello che racconta) condito di filosofia spicciola, Khaderbai è una specie di Totò Riina ma acculturato e affascinante, e, incredibile, Lin lo adora e fa di tutto per rendertelo simpatico provando in tutti i modi (senza riuscirci nel mio caso) a farti dimenticare che è un malavitoso e un assassino; mi attirerò le ire degli estimatori ma questa parte è brutta, pesante e collegata male e siccome sono altre 600 e passa pagine riesce a rovinarti la poesia di quello che hai letto prima.
Stendiamo un velo pietoso sulla protagonista femminile, Karla, odiata dalla prima pagina all'ultima e non mi frega se ha avuto una vita difficile, resta odiosa.
Le ultime 150 pagine poi sono di una pesantezza unica, sembra che abbia finito le idee, me le sono trascinate e ho fatto una fatica bestiale a finirlo. Mi dispiace ma non riesco a dare un voto che vada oltre il 3/5.

Hai già scritto tutto tu, Ila , davvero non saprei cosa aggiungere .
Il libro ha parti incantevoli, la vicenda di Lin invece è una vera americanata
La vicenda, a detta dello stesso Roberts, è di invenzione anche se ispirata a esperienze personali. Purtroppo dove prevale l'invenzione il risultato non è dei migliori
Peccato, credo anche io che l'autore abbia delle potenzialità che non ha pienamente espresso ;)
 

qweedy

Well-known member
Ho letto Shantaram di Gregory David Roberts, molto incuriosita dai commenti sentiti.

Lettura piacevole per evadere, si entra davvero in un altro mondo. Trascina in un vortice di avventura, negli slums di Bombay e sulle montagne dell'Afghanistan.
Mi è piaciuto molto il personaggio di Prabeker, con il suo irresistibile sorriso e la sua semplicità, e la solidarietà della vita nello slum. Mi è piaciuto anche il personaggio del protagonista, uomo di poche parole, che dà un grande valore all'amicizia.
1200 pagine non sono certo poche, un po' lento e ripetitivo dopo la metà, comunque scorrevole, anche se molto romanzato e alquanto improbabile come autobiografia. Non alta letteratura, però avventuroso, esotico, si legge d'un fiato nonostante la mole.
 
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