l' U.D.I
(cito dal web)
Il 12 settembre 1944 nasce nella Roma appena liberata l’UDI (Unione Donne Italiane),
che, raccogliendo le esperienze elaborate dai Gruppi di Difesa della Donna (GDD) durante
la Resistenza, si propone di “unire tutte le donne italiane in una forte associazione che
sappia difendere gli interessi particolari delle masse femminili e risolvere i problemi più
gravi e urgenti di tutte le donne lavoratrici, delle massaie e delle madri”. *
Il Primo Congresso Nazionale (Firenze, ottobre 1945) ha carattere fondativo e segna
l’unificazione tra l’UDI e i GDD, i Gruppi di Difesa della Donna che avevano operato
nell’Italia settentrionale dal 1943 in collegamento col CLN (Comitato di Liberazione
Nazionale).
Nell’immediato dopoguerra le donne dell’UDI partecipano alla ricostruzione del Paese e, in
virtù del loro lavoro e del loro impegno, entrano a far parte delle prime strutture nelle quali
si riorganizza la vita civile e l’amministrazione pubblica.
Si delineano i primi elementi di una nuova idea di cittadinanza: famiglia, lavoro e pace
sono le principali preoccupazioni di questo periodo (come esplicitato dalle parole d’ordine
del Terzo Congresso Nazionale, Roma, ottobre 1949: “Per l’avvenire dei nostri figli, per la
libertà e il progresso, no alla guerra”).
Negli anni Cinquanta l’UDI si interroga su di sé e sul carattere specifico e unitario che
vuole avere; allo stesso tempo compare un concetto allora considerato eversivo, quello di
emancipazione (“Per l’emancipazione della donna, per una società più progredita e più
giusta, per il disarmo e la pace” sono le parole d’ordine del Quinto Congresso Nazionale,
Roma, aprile 1956; “Per l’emancipazione della donna, una grande associazione autonoma
e unitaria” sono le parole del Sesto Congresso Nazionale, Roma, maggio 1959).
Nel corso degli anni Sessanta l’UDI denuncia il doppio lavoro a cui sono costrette le donne
e chiede che il lavoro casalingo sia riconosciuto come lavoro vero e proprio, battendosi per
la pensione alle casalinghe (1963), per la parità di salario, per il riconoscimento del lavoro
della donna contadina, per il divieto di licenziamento delle donne che si sposavano.
L’UDI comincia inoltre a rivendicare una politica dei servizi sociali: nel febbraio 1965
consegna 50.000 firme raccolte per presentare una legge di iniziativa popolare per
l’istituzione degli asili nido.
Nell’anno precedente si svolge il Settimo Congresso Nazionale (Roma, giugno 1964), nel
corso del quale si fa esplicitamente riferimento al conflitto tra i sessi e si definisce la
società italiana come società maschilista.
Gli anni Settanta sono gli anni delle lotte cruciali, dominati dalle battaglie per il divorzio, la
liberalizzazione dell’aborto, la riforma del diritto di famiglia.
Si andavano intanto formando, verso la fine degli anni Sessanta, diversi gruppi di donne
che avrebbero dato vita al neo-femminismo (gruppi di autocoscienza, collettivi
studenteschi o di quartiere etc): al Nono Congresso Nazionale (Roma, novembre 1973)
l’UDI offre ai gruppi femministi una seduta straordinaria nel corso della quale possano
presentare le loro pratiche, in particolare quel tipo di analisi politica contraddistinta dalla
pratica del partire da sé.
“In tutto il Congresso c’è un vivace confronto tra l’UDI e il neo-femminismo. Il terreno in cui
ci si confronta e scontra è l’esperienza e la realtà dell’aborto: il tema è però paradigmatico
di diverse concezioni della politica e delle donne in quanto soggetti della politica. Tutto
l’arco degli anni ’70 è dominato dalla vicenda dell’aborto.
Ripercorrendo i documenti si può
ricostruire un significativo processo, non privo di aspra conflittualità, che però si risolverà
in un comune sentire e agire tra donne dell’UDI e femministe. Tanti gli episodi, le
occasioni, le circostanze. Fino alla grande manifestazione del 3 aprile 1976 che vede
vivere nell’immenso corteo di protesta contro il voto del Parlamento (che aveva
reintrodotto il principio dell’aborto come reato) l’unità delle donne e, insieme, il convidere di
esperienze storiche diverse. Sul finire degli anni ’70 si moltiplicheranno le occasioni di
incontro quando esploderanno i problemi e le riflessioni sulla violenza sessuale”. **
Anche alla luce dell’incontro-scontro con il femminismo, si apre all’interno dell’UDI una
travagliata fase di riflessione critica sui propri metodi politici e organizzativi, che culminerà
con l’Undicesimo Congresso nazionale (Roma, maggio 1982). In questa sede, portando a
compimento la critica alle tradizionali forme della politica, si decide di abbandonare la
struttura organizzativa verticistica e centralizzata dell’Associazione, optando per nuove
forme di relazione politica tra donne come l’autoconvocazione, l’autoproposizione,
l’autofinanziamento etc.
Significativamente, anche nelle parole d’ordine del Congresso si parla ora di liberazione e
non più di emancipazione (“Noi donne che ci ribelliamo, trasgrediamo, usciamo dalle
nostre case, parliamo tra di noi, ci organizziamo, la nostra politica è la liberazione”).
Ora la realtà dell’UDI diventa più complessa e differenziata, i congressi successivi
affrontano infatti il problema fondamentale della gestione politica delle differenze non
componibili (non a caso le parole d’ordine del Congresso del 1988, il Dodicesimo, sono:
“Diamo voce alle nostre differenze: pratiche e teorie UDI a confronto”).
Con il Quattordicesimo Congresso, svolto in più tappe tra il 2002 e il 2003, si apre una
fase nuova, testimoniata innanzitutto dal cambio del nome: per sottolineare l’intento di
essere luogo che accoglie anche le esperienze e i saperi delle donne che, nate altrove,
vivono in Italia, l’UDI rilegge il proprio acronimo come Unione Donne in Italia.
* L’Unione delle donne italiane si è costituita a Roma, in L’Unità, 21 settembre 1944, cit. in
Patrizia Gabrielli, La pace e la mimosa. L'Unione donne italiane e la costruzione politica
della memoria (1944-1955), Donzelli, Roma, 2005, p. 3
** Marisa Ombra, Introduzione, in Guida agli Archivi dell’Unione Donne Italiane, Ministero
per i beni e le attività culturali, Quaderni della “Rassegna degli Archivi di Stato”, Roma,
2002, pag. 21