Per quanto sia tentata di proseguire nella mia galoppata, mi costringo a fermarmi e a "recuperare" un po' di citazioni e un po' di commenti "specifici", ovvero sullo svolgimento della trama vera e propria!
Allora, provo a mettere in pratica l'idea di evidenziare IN ROSSO tutti i passaggi principali in cui si parla esplicitamente dell'uomo "senza qualità", iniziando col cap. 4, dove si confronta il senso della realtà col senso della possibilità. Io ho trovato questo paragrafo, di cui riporto solo alcuni pezzi, sublime...
"Ma se il senso della realtà esiste, e nessuno può mettere in dubbio che la sua esistenza sia giustificata, allora ci dev'essere anche qualcosa che chiameremo senso della possibilità. Chi lo possiede non dice, ad esempio: qui è accaduto questo o quello, accadrà, deve accadere; ma immagina: qui potrebbe, o dovrebbe accadere la tale o tal altra cosa; e se gli si dichiara che una cosa è com'è, egli pensa: beh, probabilmente potrebbe anche esser diverso. Cosicché il senso della possibilità si potrebbe anche definire come la capacità di pensare tutto quello che potrebbe essere, e di non dar maggior importanza a quello che è, che a quello che non è.
(...) Il possibile però non comprende soltanto i sogni delle persone nervose, ma anche le non ancor deste intenzioni di Dio. Un'esperienza possibile o una possibile verità hanno qualcosa di divino in sè, un fuoco, uno slancio, una volontà di costruire, un consapevole utopismo che non si sgomenta della realtà bensì la tratta come un compito e un'invenzione.
(...) E poiché possedere delle qualità presuppone una certa soddisfazione di constatarle reali, è lecito prevedere come a uno cui manchi il senso della realtà anche nei confronti di se stesso, possa un bel giorno capitare di scoprire in sé l'uomo senza qualità."
Un passaggio l'ho già riportato (e adesso l'ho messo in rosso), un altro è questo (cap.39). è abbastanza complesso, molto "filosofico" ma se si riesce a seguirlo è grandioso:
"E così s'era anche dovuto convincere che le qualità in tal modo acquistate, più che con lui erano connesse fra loro (...). Anche adesso non dubitava che la differenza fra l'attivo delle proprie esperienze e qualità e il loro rimanere estranee a lui fosse soltanto una diversità d'atteggiamento, in certo senso una volizione o la scelta di viere a un punto determinato posto fra la generalità e la personalità.
(...) Oggi invece la responsabilità ha il suo punto di gravità non più nell'uomo ma nella concatenazione delle cose. Non s'è notato come le esperienze si sian rese indipendenti dall'uomo?
(...) È sorto un mondo di qualità senza uomo, di esperienze senza colui che le vive, e si può quasi immaginare che nel caso limite l’uomo non potrà più vivere nessuna esperienza privata, e il peso amico della responsabilità personale finirà per dissolversi in un sistema di formule di possibili significati. Probabilmente la decomposizione del rapporto antropocentrico che per tanto tempo ha posto l’uomo come centro dell’universo, ma è in ribasso da secoli, è giunta finalmente all’Io, perché l’idea che l’importante dell’esperienza è il viverla, e dell’azione il farla, incomincia a sembrare un’ingenuità alla maggior parte degli uomini. Ci sono ancora persone che vivono molto personalmente; dicono «ieri siamo stati dal tale e dal tal’altro», oppure «oggi facciamo questo e quest’altro» e ne son contenti, senza bisogno di altro significato e contenuto. Amano tutto ciò che toccano con le dita e sono tanto esclusivamente persone private quanto è possibile esserlo; appena ha da fare con loro il mondo diventa un mondo privato e brilla come un arcobaleno. Forse sono molto felici; ma quella specie di gente appare già assurda, di solito, a tutti gli altri, sebbene non si capisca ancora bene il perché. E a un tratto, davanti a queste perplessità, Ulrich dovette confessare sorridendo a se stesso, che era nonostante tutto un carattere, pur senza averne uno."
Intanto ecco altri passaggi molto belli:
"E questo passaggio dal trovar vecchio al trovar bello è quasi uguale al passaggio dalla mentalità dei giovani alla morale superiore degli adulti, che per molto tempo è un ridicolo soggetto d'insegnamento, finchè a un tratto ci si accorge di possederla".
"La conoscenza è un atteggiamento, una passione. Un atteggiamento illecito, in fondo; perché come la dipsomania, l'erotismo e la violenza anche la smania di sapere foggia un carattere che non è equilibrato. Non è vero che il ricercatore insegue la verità, è la verità che insegue il ricercatore. Egli la subisce. Il vero è vero, e il fatto è reale senza curarsi di lui, egli ne ha soltanto la passione..."
Allora, messa così sembra che il romanzo sia composto esclusivamente di speculazione filosofica, ma non è così. C'è una vicenda, ci sono personaggi interessanti, spesso paradigmatici, ma l'una e gli altri sono uno strumento per analizzare a fondo, in modo quasi scientifico, l'identità dell'epoca moderna e dell'uomo moderno. POSSIBILI SPOILER La serie interminabile di inviti, sedute, confronti per decidere in cosa effettivamente debba consistere questa benedetta Azione Parallela sono davvero uno spasso... è più che semplice "sarcasmo" diretto alla vuotezza di certe idealismi. In realtà non credo che Musil volesse denigrare la grandezza di queste ideali, di questo aspirare a simboli universali, capaci di scuotere - attraverso l'Austria - la coscienza di tutto il mondo, ecc ecc (insomma: tutte gli elevatissimi e inconcludenti discorsi messi in bocca a Diotima), quanto mostrarci come tutte queste aspirazioni siano ormai impossibili da realizzare nel mondo moderno. Faccio davvero molta fatica a rielaborare con parole mie quello che Musil ci mostra con tanta competenza, bravura, ironia, per cui mi fermo qui, certo è che leggendo questo libro non ci si annoia proprio...
Allora, provo a mettere in pratica l'idea di evidenziare IN ROSSO tutti i passaggi principali in cui si parla esplicitamente dell'uomo "senza qualità", iniziando col cap. 4, dove si confronta il senso della realtà col senso della possibilità. Io ho trovato questo paragrafo, di cui riporto solo alcuni pezzi, sublime...
"Ma se il senso della realtà esiste, e nessuno può mettere in dubbio che la sua esistenza sia giustificata, allora ci dev'essere anche qualcosa che chiameremo senso della possibilità. Chi lo possiede non dice, ad esempio: qui è accaduto questo o quello, accadrà, deve accadere; ma immagina: qui potrebbe, o dovrebbe accadere la tale o tal altra cosa; e se gli si dichiara che una cosa è com'è, egli pensa: beh, probabilmente potrebbe anche esser diverso. Cosicché il senso della possibilità si potrebbe anche definire come la capacità di pensare tutto quello che potrebbe essere, e di non dar maggior importanza a quello che è, che a quello che non è.
(...) Il possibile però non comprende soltanto i sogni delle persone nervose, ma anche le non ancor deste intenzioni di Dio. Un'esperienza possibile o una possibile verità hanno qualcosa di divino in sè, un fuoco, uno slancio, una volontà di costruire, un consapevole utopismo che non si sgomenta della realtà bensì la tratta come un compito e un'invenzione.
(...) E poiché possedere delle qualità presuppone una certa soddisfazione di constatarle reali, è lecito prevedere come a uno cui manchi il senso della realtà anche nei confronti di se stesso, possa un bel giorno capitare di scoprire in sé l'uomo senza qualità."
Un passaggio l'ho già riportato (e adesso l'ho messo in rosso), un altro è questo (cap.39). è abbastanza complesso, molto "filosofico" ma se si riesce a seguirlo è grandioso:
"E così s'era anche dovuto convincere che le qualità in tal modo acquistate, più che con lui erano connesse fra loro (...). Anche adesso non dubitava che la differenza fra l'attivo delle proprie esperienze e qualità e il loro rimanere estranee a lui fosse soltanto una diversità d'atteggiamento, in certo senso una volizione o la scelta di viere a un punto determinato posto fra la generalità e la personalità.
(...) Oggi invece la responsabilità ha il suo punto di gravità non più nell'uomo ma nella concatenazione delle cose. Non s'è notato come le esperienze si sian rese indipendenti dall'uomo?
(...) È sorto un mondo di qualità senza uomo, di esperienze senza colui che le vive, e si può quasi immaginare che nel caso limite l’uomo non potrà più vivere nessuna esperienza privata, e il peso amico della responsabilità personale finirà per dissolversi in un sistema di formule di possibili significati. Probabilmente la decomposizione del rapporto antropocentrico che per tanto tempo ha posto l’uomo come centro dell’universo, ma è in ribasso da secoli, è giunta finalmente all’Io, perché l’idea che l’importante dell’esperienza è il viverla, e dell’azione il farla, incomincia a sembrare un’ingenuità alla maggior parte degli uomini. Ci sono ancora persone che vivono molto personalmente; dicono «ieri siamo stati dal tale e dal tal’altro», oppure «oggi facciamo questo e quest’altro» e ne son contenti, senza bisogno di altro significato e contenuto. Amano tutto ciò che toccano con le dita e sono tanto esclusivamente persone private quanto è possibile esserlo; appena ha da fare con loro il mondo diventa un mondo privato e brilla come un arcobaleno. Forse sono molto felici; ma quella specie di gente appare già assurda, di solito, a tutti gli altri, sebbene non si capisca ancora bene il perché. E a un tratto, davanti a queste perplessità, Ulrich dovette confessare sorridendo a se stesso, che era nonostante tutto un carattere, pur senza averne uno."
Intanto ecco altri passaggi molto belli:
"E questo passaggio dal trovar vecchio al trovar bello è quasi uguale al passaggio dalla mentalità dei giovani alla morale superiore degli adulti, che per molto tempo è un ridicolo soggetto d'insegnamento, finchè a un tratto ci si accorge di possederla".
"La conoscenza è un atteggiamento, una passione. Un atteggiamento illecito, in fondo; perché come la dipsomania, l'erotismo e la violenza anche la smania di sapere foggia un carattere che non è equilibrato. Non è vero che il ricercatore insegue la verità, è la verità che insegue il ricercatore. Egli la subisce. Il vero è vero, e il fatto è reale senza curarsi di lui, egli ne ha soltanto la passione..."
Allora, messa così sembra che il romanzo sia composto esclusivamente di speculazione filosofica, ma non è così. C'è una vicenda, ci sono personaggi interessanti, spesso paradigmatici, ma l'una e gli altri sono uno strumento per analizzare a fondo, in modo quasi scientifico, l'identità dell'epoca moderna e dell'uomo moderno. POSSIBILI SPOILER La serie interminabile di inviti, sedute, confronti per decidere in cosa effettivamente debba consistere questa benedetta Azione Parallela sono davvero uno spasso... è più che semplice "sarcasmo" diretto alla vuotezza di certe idealismi. In realtà non credo che Musil volesse denigrare la grandezza di queste ideali, di questo aspirare a simboli universali, capaci di scuotere - attraverso l'Austria - la coscienza di tutto il mondo, ecc ecc (insomma: tutte gli elevatissimi e inconcludenti discorsi messi in bocca a Diotima), quanto mostrarci come tutte queste aspirazioni siano ormai impossibili da realizzare nel mondo moderno. Faccio davvero molta fatica a rielaborare con parole mie quello che Musil ci mostra con tanta competenza, bravura, ironia, per cui mi fermo qui, certo è che leggendo questo libro non ci si annoia proprio...
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