Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato
Anche questa è una di quelle poesie studiate al liceo, una delle poesie più misurate e dolenti che si potessero scrivere sul dolore
Bellissima poesia che racchiude quel mal di vivere con il quale diversi artisti hanno dovuto a lungo convivere.
Spero mi perdoniate l'intrusione, se posto Cesare Pavese, ma mi permetto perchè credo si possa fare un parallelo.
Molto misurata quella di Montale, come dici giustamente, che paragona il proprio dolore ad un fiume che non riesce ad andare a valle, ad una foglia che si accartoccia e a un cavallo senza più forze.
Pavese fu un po' più estremo, in una delle sue memorabili poesie
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Cosìli vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.