A questo punto il GdL è confermato
Ci sono 6 partecipanti sicuri:
elisa
Zingaro
darida
ester
velvet
francesca
GdL internazionale visto che francesca ci seguirà da Whashington :MUCCA
A questo punto il GdL è confermato
Ci sono 6 partecipanti sicuri:
elisa
Zingaro
darida
ester
velvet
francesca
C’è un po’ di spoiler, ma direi che è generico.
Hanna Arendt subì le persecuzioni e le ingiustizie naziste, anche per questo la sua voce è più che mai autorevole.
Nacque tedesca, ma venne privata della cittadinanza in quanto di origine ebraiche. Fece anche qualche anno di carcere e dovette fuggire dal proprio paese per non finire nelle camere a gas.
Non dimentichiamo, poi, che diede alla filosofia un grande contributo, anche se preferì rimanere sempre nell’ombra dei grandi. Studiò le opere di Sant’Agostino e perfezionò alcune teorie, niente di meno, di Kant in persona.
In questo scritto fa una cosa molto semplice; analizza il processo Eichmann, sia dal punto di vista filosofico che da quello giurisprudenziale. In quest’ultimo caso fu, non c'è dubbio, una farsa vera e propria e ogni principio cardine del rapporto tra magistrato e imputato venne calpestato. Il che non significa che Eichmann non fosse colpevole.
Ed è vero che il processo fu uno spettacolo andato in onda a uso e consumo del nascente popolo ebraico, che doveva farsi promotore della verità e della giustizia e porta bandiera, primo tra tutti, dell’anti nazismo.
Dal punto di vista filosofico, invece, la Ardendt è troppo semplicistica; siccome Eichmann era un mezzo analfabeta, privo di qualsiasi senso critico, aderì al nazismo come avrebbe potuto fare con qualsiasi altro partito politico. Salì su un carro, un carro qualsiasi e che fosse quello del male non poteva saperlo.
Cerca anche, come vedrete, di far credere che, in fondo in fondo, Eichmann non avesse poi tutte quelle responsabilità per cui i magistrati lo condannarono a morte.
Teorie che gli studi storici hanno poi smontato, senza nemmeno troppa fatica.
Eichmann era un ragazzo mediocre sin da adolescente, scarso a scuola, poco ambizioso sul lavoro, non brillante. Vive tutto Non ce l'ha neanche con gli ebrei, ha pure amici e parenti alla lontana, per lui sembra una cosa di ordinaria amministrazione, gli piace fare le cose burocraticamente bene.
Io sono quasi alla fine, ma approfitto di riuscire a scrivere solo ora per ripercorrere la lettura che ho fatto veramente tutta di un fiato, nei lunghi viaggi in aereo. Partendo dai primi capitoli in cui la Arendt descrive la situazione in Israele e in Germania al tempo del processo e ci dà un'idea del periodo storico.
Questa contestualizzazione mi ha fatto molto riflettere.
Mi sembra di conoscere abbastanza bene tutto il periodo della II Guerra Mondiale, le condizioni politiche e sociali che portarono all'avvento del fascismo e del nazismo e delle altre forma di nazionalismo, come nacque e si sviluppò l'idea della soluzione finale.
Ma non avevo mai pensato a quella che poteva essere la situazione negli anni sessanta, cioè passate ormai le urgenze immediate del dopo guerra, quando i vari stati, leccate e “laccate” le ferite, iniziano a prendere consapevolezza di quello che veramente è stata questa guerra.
Non avevo mai pensato per esempio che come in Italia improvvisamente non si trovasse più un fascista, in Germania non si trovasse più un nazista, salvo poi avere ex-fascisti e ex-nazisti ovunque nell’amministrazione pubblica. D’altra parte come viene detto nel libro, lo stesso Hitler aveva dovuto digerire ai più bassi livelli di amministrazione anche persone che non considerava proprio fidate.
Interessante è anche l’analisi della situazione di Israele, di come questo processo fosse visto come un momento di riscatto molto più che quello di Norimberga, perché in questo caso era proprio il popolo ebraico che si ergeva a giudice.
Ma già dai primi capitoli si capisce che la Arendt non farà sconti, sottolinea in modo preciso e a volte anche eccessivo e pretestuoso le contraddizioni della cultura ebraica e in particolare di quella sionista.
Come già ha avuto modo di dire Zingaro, anch’io trovo che il profilo che l’autrice traccia di Eichmann sia veramente troppo semplificato, e che il suo modo di giudicare gli atteggiamenti, le parole, gli scritti dell’imputato siano tutti convogliati alla dimostrazione della sua tesi, che si può riassumere usando le parole del titolo, cioè che il male non è demoniaco o grandioso, ma banale e mediocre.
Ma veramente questo Eichmann burattino, misero burocrate, a cui vanno tutte male, che si iscrive alle SS per caso, contrasta con le richieste insite nel suo ruolo di organizzatore delle deportazioni, spedito in tutta Europa dai suoi superiori a fare ispezioni, che tratta con i consigli ebraici e con i vari capi di stato per fare in modo che i treni non partissero troppo vuoti e le vittime non fossero mandate a casaccio in campi che non potevano smaltirle. Se si pensa a come ha funzionato con precisione tedesca tutta la macchina di deportazione anche mentre l’esercito tedesco era ormai alla disfatta, quando tutte le infrastrutture in Europa erano al collasso, se si pensa a quali richieste logistiche ci fossero dietro la deportazione e lo sterminio di milione di persone, non si può credere che le persone preposte alla sua organizzazione fossero poveri cretini, che facevano le cose solo perché non avrebbero saputo fare altro e per cieca obbedienza.
Francesca
Come già ha avuto modo di dire Zingaro, anch’io trovo che il profilo che l’autrice traccia di Eichmann sia veramente troppo semplificato, e che il suo modo di giudicare gli atteggiamenti, le parole, gli scritti dell’imputato siano tutti convogliati alla dimostrazione della sua tesi, che si può riassumere usando le parole del titolo, cioè che il male non è demoniaco o grandioso, ma banale e mediocre.
Ma veramente questo Eichmann burattino, misero burocrate, a cui vanno tutte male, che si iscrive alle SS per caso, contrasta con le richieste insite nel suo ruolo di organizzatore delle deportazioni, spedito in tutta Europa dai suoi superiori a fare ispezioni, che tratta con i consigli ebraici e con i vari capi di stato per fare in modo che i treni non partissero troppo vuoti e le vittime non fossero mandate a casaccio in campi che non potevano smaltirle. Se si pensa a come ha funzionato con precisione tedesca tutta la macchina di deportazione anche mentre l’esercito tedesco era ormai alla disfatta, quando tutte le infrastrutture in Europa erano al collasso, se si pensa a quali richieste logistiche ci fossero dietro la deportazione e lo sterminio di milione di persone, non si può credere che le persone preposte alla sua organizzazione fossero poveri cretini, che facevano le cose solo perché non avrebbero saputo fare altro e per cieca obbedienza.
Aggiungo al tuo finale che, pur ammettendo che Eichmann fosse stupido, non poteva esserlo così tanto da non sapere nemmeno cosa stesse facendo. Se hai la pazienza di guardare il video che ho linkato, vedrai che Eichmann, ad un certo punto, dirà che non sapeva nemmeno dove finissero le centinaia di migliaia di persone che lui deportava. Quando qualcuno gli dice "Auschwitz", lui si guarda in giro come a non capire. Farsesco fu il processo e farsesco fu Eichmann, che tentò di salvarsi senza avere il supporto di un vero avvocato. Un vero avvocato, credo, gli avrebbe detto qualcosa del tipo "fai lo scemo, ma mi raccomando, non esagerare". Invece Eichmann esagerò, probabilmente perché l'avvocatura non era il suo mestiere e, in soldoni, non sapeva che pesci pigliare. Decise di giocarsi il tutto e per tutto, tentando di farsi passare da mentecatto assoluto.
Non so se vi riferite a qualcosa che viene detto più avanti ma finora la Arendt non ha mai detto che Eichmann fosse stupido, dice che prima delle SS non era riuscito a fare carriera e a soddisfare le sue ambizioni, dice che aveva l'animo del gregario, e che entrò nelle SS non per convinzione ideologica ma per convenienza, per trovare una strada e secondo me è molto plausibile, la maggior parte dei tedeschi che aderirono al nazismo lo fecero per convenienza.
Poi per quanto riguarda il fatto che Eichmann dichiarò che non sapeva cosa succedeva, la Arendt è la prima a dire che fosse solo una farsa, una linea di difesa molto poco plausibile.
Quindi almeno fino a questo punto l'analisi della Arendt a me sta piacendo, purtroppo la cattiveria fa parte dell'animo umano, non c'è bisogno di essere fuori dall'ordinario, pazzi, psicopatici, indottrinati per commettere cattiverie, il male è ordinario e banale soprattutto quando istituzionalizzato.
La "giustificazione" di Eichmann che sostiene che lui non avesse niente contro gli ebrei e che obbediva agli ordini e seguiva le leggi corrisponde (con le dovute differenze derivanti dal contesto) a quella del ragazzino che partecipa al pestaggio del compagno "per gioco" e per spirito di gregarismo.