Commento (con spoiler):
In questo volume torna ad essere protagonista Marcellino, rimasto piuttosto sullo sfondo nei due tomi precedenti, I Guermantes e Sodoma e Gomorra. La sua assurda relazione con Albertine è oggetto di analisi ed elemento centrale dell'opera. Ho ritrovato molte analogie con la vicenda di Swann, che, non a caso, è più volte ricordato qui, nonostante sia ormai morto.
Se la psicologia, intesa come indagine dell'animo umano, è qui protagonista, mi ha lasciato di stucco vedere come all'indagine non segua affatto la consapevolezza di doversi trasformare. Cioè: analizzare la propria sofferenza, riconoscerne le cause e le modalità, non dovrebbe spingere a voler cambiare le cose? Evidentemente no. Marcellino non fa nulla, assolutamente nulla per cambiare se stesso. Non si ritiene in nessun modo "in difetto" rispetto ad Albertine, di cui pure si riconosce "carceriere". Al massimo si ripete vaghe promesse di rompere la relazione, rimandando, però, la decisione di giorno in giorno.
A lasciarmi perplessa è sempre questa strana scollatura tra il valore dell'autore come artista, la cui abilità sta proprio nell'indagine dell'animo umano, e la suaa assoluta indifferenza e inconsistenza morale. Sembra che Proust non abbia un orizzonte di valori di riferimento. Eppure, e ce lo dice spesso, la madre e la nonna lo hanno educato secondo i più severi dettami della moralità e della bontà, i riferimenti a Madame de Sevignè si sprecano. Eppure niente, le categorie di 'giusto' e 'sbagliato' non lo sfiorano. Fare uso di un altro essere umano è cosa indifferente, purché utile al fine del suo autocompiacimento, se ciò risponde ai suoi capricci.
Altro discorso andrebbe fatto per Albertine. Della quale, letteralmente, non si sa nulla. L'Io del protagonista è talmente smodat o da coprire del tutto la realtà della sua compagna, descritta solo come bugiarda, sensuale, incredibilmente docile. La descrizione non rende giustizia alla persona di albertine, che pure ha dedicato mesi della sua vita ad accondiscendere alle esigenze capricciose di Marcel.
Insomma, Proust la teme, la possiede, la controlla e la manipola. Ma non la vede.
Che libro incredibile
aura: