XCIII GdL - La pentola dell'oro di James Stephens

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Devo ancora postare la parte sui 3 uomini :W.
Anche io come bona non sono sicura che il filosofo alla fine è stato salvato davvero :??, dovrei rileggere anche questa parte, sul finale mi sono un po' persa
 

elisa

Motherator
Membro dello Staff
il fatto che si perda il filo della storia non so se depone a sfavore della traduzione o dell'autore stesso, la capacità di chiarezza e di comprensione sono caratteristiche positive che a volte non vengono valorizzate abbastanza
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Sul finale ho trovato una contraddizione nella storia dei 3 uomini che simboleggiavano Bellezza, Forza e Bruttezza... quello che dicono su di loro non mi sembra la stessa cosa che poi ripete la Donna Magra, anzi mi sembrava tutto il contrario :?.

Ecco a cosa mi riferivo (parti sottolineate):

La Bellezza è Pensiero, la Forza è Amore e la Bruttezza è Procreazione. La casa della Bellezza è la testa dell’uomo. La casa della Forza è il cuore dell’uomo, e nei lombi dell’uomo la Bruttezza ha il suo spaventoso regno. Se vieni con me, conoscerai ogni gioia. Vivrai immune nella fiamma dello spirito, e niente di volgare impaccerà le tue membra o impedirà il tuo pensiero. Ti muoverai come una regina, senza tormento né disperazione, tra tutte le passioni scatenate. Non sarai mai una pagliuzza al vento, non dovrai mai vergognarti; sarai sempre tu a scegliere la tua strada, e camminerai con me in piena libertà, splendidamente appagata.
– Tutte le cose – disse la Donna Magra – devono conformarsi alla propria natura, e allora io dico al Pensiero, se mi trattieni contro la mia volontà, molto presto io ti vincolerò contro la tua volontà, perché chi trattiene un compagno maldisposto diventa il guardiano e lo schiavo del suo prigioniero.


Però rileggendolo ora mi sembra di aver capito meglio, all'inizio avevo capito che ci fosse contraddizione invece la donna si riferisce in generale al fatto che non vuole scegliere la Bellezza.
Alla fine non sceglierà nessuno dei 3 comunque, però riporto anche gli altri 2:

Io sono la Forza e l’Amore, e con me c’è sicurezza e pace; i miei giorni sono onorati e le mie notti serene. Nulla di male sfiora i confini delle mie terre, non si ode alcun suono oltre il muggito dei miei armenti, il canto dei miei uccelli e il riso dei miei figli felici. Vieni dunque da me che do protezione, felicità e pace, e non crollo e non mi stanco mai.

Vieni da me e io ti darò quelle gioie selvagge che sono state dimenticate da tanto tempo. Tutte le cose grezze e sfrenate mi appartengono, tutto ciò che è grossolano e illimitato. Non dovrai più pensare, non dovrai più soffrire; ma le tue sensazioni saranno tali che il calore del sole ti renderà felice: il gusto del cibo, il vento che ti investe, il maturo benessere del tuo corpo... quanto ti stupiranno queste cose che hai dimenticate! Le mie grandi braccia strette intorno a te ti renderanno di nuovo giovane e appassionata; balzerai sulle colline come una giovane capra e canterai di gioia come cantano gli uccelli. Lascia questa umanità tetra, che è incatenata ed esclusa dalla gioia e vieni con me: anche la Forza e la
Bellezza finiranno col venire alla mia antica pace come bambini stanchi a tarda sera, tornando alla libertà degli animali e degli uccelli, e allora i loro corpi basteranno al loro piacere, e il Pensiero e la sciocca curiosità non li tenteranno più.


Se non avessi letto le loro caratteristiche avrei scelto la Bruttezza, invece poi ho preferito la Forza e la Bellezza, però non avrei mai detto che l'Amore (cuore) e il Pensiero (testa) fossero abbinati a loro :boh:, piuttosto io il Pensiero l'avrei associato alla Bruttezza e per questo motivo credevo di sceglierla.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
sul finale

Ma quindi voi cosa avete capito... il filosofo che fine fa? Viene salvato o viene condannato a morte?
E perché ha deciso di costituirsi pur non essendo colpevole? Solo per uno strano senso innato di giustizia che non gli permetteva di opporsi alla sua cattura?
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Finito.
Finale un po' lontano dai miei gusti, ma significativo l'insegnamento: felicità e libertà non stanno nell'appagamento di sé, ma nel riconoscersi come parte del tutto, dell'insieme degli esseri. Non si può essere felici se altri esseri soffrono.
Condivido e sottoscrivo.

Edit: è questa scoperta che rende libero il Filosofo, vero Dex? Essere uscito da sé, dalla propria sterile "saggezza" ed aver incontrato la sofferenza...

Mi piace questa interpretazione.
Io però non sono felice neppure se gli altri intorno a me lo sono, anzi mi domando come facciano ad esserlo e vorrei tanto diventare come loro. Il contagio in questo caso sarebbe gradito :wink:.
 

Spilla

Well-known member
Mi piace questa interpretazione.
Io però non sono felice neppure se gli altri intorno a me lo sono, anzi mi domando come facciano ad esserlo e vorrei tanto diventare come loro. Il contagio in questo caso sarebbe gradito :wink:.

Dal libro mi sembra emergere il contrario: chi è "felice" (qualunque cosa significhi quest'espressione) non può esserlo pienamente se altri sono infelici. È necessario occuparsi dell'infelicità altrui. Farsene, in qualche modo, carico. E in questo consiste la vera libertà. Per eliminare l'infelicità, poi, non so... forse devono scendere gli dèi dai monti ...:boh:
 

ayuthaya

Moderator
Membro dello Staff
Commento finale

Sono abbastanza convinta che questo libro lo si apprezzi di più ad una seconda lettura. Non perchè la prima non sia sufficiente a cogliere il suo valore e la sua originalità, ma perchè credo che, conoscendo già l’evolversi dei fatti e riuscendo così a cogliere i collegamenti fra l’uno e l’altro, si riesca a sentirne più distintamente la coerenza e l’intento unitario. Ne ho avuto conferma quando, al termine della lettura, ho ripercorso velocemente i punti salienti della vicenda, appunto per cercare di leggervi dentro quel “filo rosso” che in alcuni momenti avevo sentivo sfuggirmi via.

Le prime pagine mi hanno straordinariamente colpito per la vivacità, l’arguzia, la gioiosa ironia: ho sentito di avere fra le mani un possibile capolavoro. Poi, in alcuni punti a partire da metà libro, ho temuto anch’io di “perdere il filo”, anche se comunque non ho mai smesso di divertirmi e di sorprendermi. Pur con un certo sforzo, sentivo che un “disegno” complessivo c’era, un filo rosso che unisse i diversi episodi, i quali altrimenti si svolgerebbero quasi indipendentemente l’uno dall’altro: la pentola dell’oro viene “rubata” ma non ne sappiamo più nulla fino a fine romanzo; i bambini vengono “rapiti” e poi restituiti immediatamente; Caitilin si unisce a dio Pan ma poco più avanti lo abbandona a favore di Angus Og.
L’unico filo rosso che sono riuscita a individuare è il percorso di maturazione del Filosofo, che nelle prime pagine ci sembra tutto fuorchè un vero filosofo pervaso da una vera saggezza, la quale dovrebbe essere allo stesso tempo intelletto e buon senso, astrazione e realtà. Al contrario, nei primi paragrafi i due Filosofi (eh sì... all’inizio sono due!) ci vengono presentati con grande ironia, quasi l’autore volesse prenderli in giro: vivono in un mondo tutto loro e, non solo non sono capaci di dare consigli efficaci, ma non sembrano in grado neppure di ascoltare chi hanno di fronte (il loro continuo interrompere con un secco “No” è il leit motiv più divertente di tutto il romanzo!). Tutt’altra cosa le loro mogli, più “rozze” ma dotate di un forte senso pratico e di sentimenti più “umani”.

Accadono una serie di fatti e il Filosofo si ritrova al cospetto del dio Pan, con l’iniziale proposito di “salvare” la virtù di Caitilin, che presume minacciata, e l’esito di questo incontro è tutto diverso da quello che si sarebbe aspettato. Chi è a salvare chi? Quel che è certo è che, senza che se ne renda conto, dopo l’incontro con Pan il Filosofo non è più lo stesso: messo da parte il Pensiero, che solo fino ad allora aveva guidato le sue scelte e determinato la sua scala di valori, egli torna “bambino”, poichè per la prima volta percepisce la realtà, il movimento, l’emozione. Egli per la prima volta sente. Sente la fame, ad esempio, e la condivisione del cibo con gente di passaggio diventa un momento fondamentale, quasi un rituale. Ma, come un bambino, il suo sentire è immaturo: ubriacato dalla vita che ha appena scoperto, egli ad esempio non riesce a tollerare la sofferenza della vecchia, il suo pensiero la disturba, perchè il suo percorso di maturazione non è ancora completo ed egli non sa cosa sia la condivisione, l’empatia.
Dopo una serie di altri incontri, il Filosofo finalmente raggiunge lo scopo del suo viaggio: essere al cospetto di Angus Og. Qui la narrazione si interrompe momentaneamente per spostarsi su Angus Og stesso, in occasione però del suo incontro con Cailitin e della sua “disputa” con Pan per contendersi il cuore della fanciulla. É questo il cuore del romanzo e, allo steso tempo, il punto che ho trovato più ostico: intriso di filosofia, il diverbio fra i due dei rischia di mantenersi su un piano puramente teorico. Parole bellissime (sopratutto quelle di Angus Og) ma... solo parole.
Questo incontro-scontro fra le due divinità di fatto sostituisce il racconto dell’incontro personale del Filosofo con Angus Og. Bisogna sottolineare, per chi non conoscesse i miti irlandesi (come me fino ad ora), che Angus Og è il dio dell’amore, della vita, in senso meno “orgiastico” rispetto a Pan, più profondo. Il risultato è che, nel viaggio di ritorno a casa, il Filosofo è nuovamente trasformato e sembra aver raggiunto finalmente la completezza, la maturità: lo dimostra il fatto che, da questo momento in poi, ogni volta che incontra qualcuno, i suoi consigli, i suoi gesti, la sua sola presenza diventano qualcosa di positivo. Il Filosofo ha imparato la condivisione, l’ascolto, e l’esperienza in prigione segna l’apice di questo nuovo modo di sentire non solo “la Terra” ma “le creature che la abitano”.

A dare voce e carattere a questo percorso di consapevolezza (di cui non racconto la conclusione), una narrazione vivace, dai toni leggeri e fiabeschi, in cui a farla da padroni sono creature mitologiche e personaggi strambi, al limite del surreale. Una narrazione che diverte, sorprende, coinvolge e fa pensare, senza per questo farsi promotrice di una qualche univoca verità. Una lettura gradevolissima e molto, molto particolare.
 

Minerva6

Monkey *MOD*
Membro dello Staff
Ma quindi voi cosa avete capito... il filosofo che fine fa? Viene salvato o viene condannato a morte?
E perché ha deciso di costituirsi pur non essendo colpevole? Solo per uno strano senso innato di giustizia che non gli permetteva di opporsi alla sua cattura?

Prima che io dimentichi del tutto la storia potete rispondermi :mrgreen: ?

Oppure anche voi non avete capito cosa accade davvero al filosofo?
Può darsi che l'importante sia solamente il suo essersi amalgamato col popolo, l'aver finalmente superato il suo egocentrismo e quindi se poi muore o meno non è rilevante :boh: ?
 

bonadext

Ananke
Prima che io dimentichi del tutto la storia potete rispondermi :mrgreen: ?

Oppure anche voi non avete capito cosa accade davvero al filosofo?
Può darsi che l'importante sia solamente il suo essersi amalgamato col popolo, l'aver finalmente superato il suo egocentrismo e quindi se poi muore o meno non è rilevante :boh: ?

In teoria lo vanno a liberare :MUCCA
 

francesca

Well-known member
Scusate
sono stata un po' latitante, a dir la verità il libro l'ho finito da un pezzo, ma non ho mai trovato 5 minuti per scrivere qualche riflessione.
La lettura mi ha un po' delusa.
Le recensioni, le prime pagine, tutto mi aveva preparato ad una lettura piacevole, ironica e arguta, invece molte parti mi hanno lasciata spiazzata ma soprattutto mi hanno annoiato.
A ripensarci, sono le parti relative agli interventi dei vari dei che mi sono piaciute meno; ogni volta che in scena c'è il Filosofo la narrazione è vivace e anche se ricca di spunti di riflessione, scorre via veloce. Ma le riflessioni che scaturiscono dagli incontri con le figure più mitologiche, quelle più elevate intendo, quindi non i leprecauni, sono pesanti e sembrano quasi capitoli di un altro libro. Forse dovrebbero essere proprio queste le parti che danno senso al libro, ma le ho trovate eccessive nei contenuti e anche slegate.
Mi è piaciuto molto l'inizio del libro, le discussioni del Filosofo con i diversi personaggi, le avventure dei due figli nel bosco, ci sono tutti gli elementi di un fantasy di livello, agganciato alla mitologia irlandese.
Una parte che mi ha sorpreso molto, in cui il libro cambia registro ancora, ma questa volta in un modo che risulta interessante ed espressivo, è quella del Filosofo in prigione. Veniamo dalla nottata nel bosco con gli sgangherati poliziotti, sentiamo un po' addosso la stessa stanchezza che deve provare il Filosofo quando si presenta al commissariato, siamo sballottati; l'atmosfera inizia a cambiare decisamente già dal cortile, quando il Filosofo comincia a notare attorno a sé tutte le brutture che lo circondano e si consolida nello squallore della cella e nella miseria dei racconti degli altri detenuti. Questo cambiamento si riflette nell'animo del Filoso stesso, che passa dalla sua illusione di una libertà incorruttibile e inalienabile insita nella capacità di pensiero indipendente da tutto ciò che viene vissuto alla consapevolezza della prigionia che come un cerchio soffoca ogni guizzo di logicità e razionalità.

La fine poi è proprio sconclusionata.
Il tutto appare senza un senso chiaro e slegato. Mi chiedo se non ci sono dei rimandi alla mitologia celtica a me ignoti che avrebbero in qualche modo potuto chiarirmi qualche parte del libro.

Insomma una lettura che mi ha lasciata perplessa, anche se sono contenta di averla fatta.

Infine, anche secondo me il Filosofo viene liberato. Ma mi sarebbe piaciuto capire se l'esperienza della prigione lo ha trasformato.

Francesca
 
Alto