Quindi sono rimasta solo io... mi scuserete, ma mi prenderò il tempo che ci vorrà. Purtroppo sto preparando un esame impegnativo, quindi sono distratta da altro.
Intanto vi lascio una considerazione. Mi ha colpito, proprio in apertura del libro, una considerazione che il protagonista fa sui colori. Scrive che gli piace indicare i colori con un nome, più che con un esempio, perché i nomi sono esatti e non ci si sbaglia. In qualche modo, credo di capire cosa intende e, per esperienza personale, condivido: come molti di voi sanno, sono non vedente. Mi capita spesso di dover utilizzare i colori (quando decido cosa mettermi e prima ancora cosa comprare, quando mi trucco ecc.) e, siccome sono molto precisa, mi piace sempre sapere alla perfezione che colore sto usando, o meglio, indossando, anche per creare abbinamenti congrui e armonici. Bene, vi assicuro che la cosa non è affatto facile, proprio a causa della immensa varietà di sfumature di colore che troppo spesso non hanno un nome definito o conosciuto... A questo bisogna aggiungere due cose: in primis l'occhio umano non percepisce il colore allo stesso modo, la percezione varia da persona a persona. In secondo luogo, i vari brand sembrano fare a gara per definire i colori nei modi più astrusi e bizzarri... immaginate per esempio un colore come il malva......... rosa? Viola? Glicine? Pervinca? Cipolla? Per non parlare poi di malva chiaro, scuro, freddo, caldo, satinato, desaturato........ Ecco, se i colori avessero nomi universali, non sarebbe molto più facile orientarsi?

Intanto, mentre scrivo tutto questo papiro, sorrido pensando alle espressioni di autentico panico che fanno le persone (spesso mia madre o le amiche) ogni volta che chiedo loro di descrivermi il colore di un vestito, un ombretto, un rossetto!

Io ormai mi diverto, loro... no!

Ecco, è una considerazione che esula dal libro (anche se parte da lì), ma mi serviva per staccare dallo studio e pensare a qualcosa di diverso dalla psicologia generale!