Finito il primo racconto.
Mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca, come penso sia successo ad Ayuthaya.
Come se la fine-non fine, che ci può stare, non sia stata in realtà adeguatamente preparata e arrivi precipitosamente, sembra nella fretta di chiudere il racconto.
Fra l'altro che il narratore era a sua volta parte del racconto, a me non è stato chiaro fino a qualsi 2/3 del libro. Ma chi è questo narratore, amico dello scrittore di Paul Auster che lo accusa così pesantemente di non aver fatto abbastanza per Quinn? A parte chi è, che ruolo ha nella storia?
Questo primo racconto mi ha lasciato un po' perplessa, come se ci fossero dei punti nodali non adeguatamente svolti e approfonditi, a tal punto da sembrare buttati un po' a caso per arrivare alla conclusione.
@MonicaSo sì, la tua interpretazione sul titolo sembra la più sensata.
Però New York ha tantissimi nomignoli, "città di vetro", "grande mela", "la città che non dorme mai", "la città dei sogni" ecc...
Perchè quindi scegliere proprio "città di vetro"?
Forse per quello che dici tu, queste finestre che un po' permettono di vedere all'interno, ma il più delle volte invece sono specchi che confondo con mille rimandi?
Pensavo anche New York fosse più presente. C'è soprattutto nei nomi delle numerose vie che vengono citate negli interminabili pedinamenti e passeggiate di Quinn e di Stillman, ma tolto questo, gli eventi avrebbero potuto svolgersi ovunque.
Vediamo come va con il secondo.