Il Giornalino di Forumlibri - N. 17 - luglio 2023

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
Sono particolarmente affezionato al guazzetto di zampe di gallina e vi racconterò perchè.

Era il 2004 ed erano 11 anni che ci provavo inutilmente con Lei, talmente inutilmente che si era addirittura sposata un altro!
Era anche la prima volta che andavo in Portogallo per lavoro.
Arrivai a Lisbona in macchina, dal sud della Spagna, di venerdì.
Il primo appuntamento di lavoro era lunedì mattina, perciò ebbi un po’ di tempo a disposizione per girare bene la città e comprarmi un po' di libri di Josè Mauro de Vasconcelos in un giardino botanico.
Poi, la domenica sera, stufo della città, volli prendere la macchina e zingareggiare su per il Tago cercando un posto per cenare.
Mi andò male e non trovai nulla, finchè ad un certo punto quando iniziavo a disperare, trovai sulle sponde del fiume una festa popolare con i festoni, i tavolacci e le panche.
Posteggio, mi siedo e aspetto che arrivi qualcuno a chiedermi cosa voglio.
Come per miracolo, arriva Lei e mie chiede cosa desidero.
Non ci potevo credere: Lei a fare la cameriera ad una festa di paese in Portogallo!
No, non era Lei, ma le somigliava tantissimo, da restare come di sale.
- Vorrei cenare. Cosa avete di buono? – domando io in un portoghese non proprio accademico e una faccia che dovevo sembrare il Coniglio Pasquale.
- mi dispiace – rispose Lei – ma non abbiamo nulla per cena –
Io non capii: tutti che mangiavano a quattro palmenti una specie di stufato.
- Ma stanno mangiando tutti... – provai a ribattere io
- Non è un posto per stranieri, mi dispiace –
- Guardi che pago – la rassicuro io, tiro fuori il portafogli e (anche se so che è da maleducati, ma non sapevo cosa fare) le faccio vedere che non è vuoto.
- No, no – insiste lei – vado a chiamare mio padre –
- Ma cosa centra tuo padre! – pensai io.
Arriva sto qui che sembrava Juan Miranda di Giù la testa! e in uno spagnolo titubante come il mio portoghese, mi ripete che non è un posto per stranieri, ma era tardi e rischiavo di saltare la cena, perciò insistetti per restarci e gli feci vedere i soldi anche a lui.
- non è questione di soldi – disse lui – è che sono zampe di gallina –
- va bene risposi io, le mangio anch’io –
- OK – rispose lui che fece cenno alla figlia che stizzita mi portò il coperto, il pane e mezzo litro di vino.
Dopo un po’, Lei o la sua sosia, mi portò un piattone di stufato di zampe di gallina in un brodino leggermente piccante con pezzettoni di pomodori dolci.
Io ringraziai vivamente, anche perchè mi avrebbe fatto piacere che Lei si sedesse un po’ con me e farci due chiacchiere, ma non mi guardò nemmeno (anche Lei).
Prima mi bevetti il brodo col pane e poi mi rosicchiai le zampette: mi sembrò tutto buonissimo.
Mi sembrò talmente buono che aspettai che mi passasse vicino per dirle che era buonissimo e ne volevo un’alta porzione.
- Não há mais.– mi rispose disinteressata, appunto come Lei.
- Ha mais alguma coisa? –
- Não, não há nada mais –
Oltre a somigliare a Lei, rispondeva anche come Lei.
Dopo cena aspettai seduto sperando di poterle parlare: sapevo che non era Lei, ma un miraggio, per sgarbato che sia, a volte è meglio di nulla, e invece finii per parlare con suo padre che mi chiese cosa volessi da bere.
- Um bagasso – chiesi io, cioè una grappa ruvida.
- Não há – rispose lui – mais se gosta, hà licor de beirao – un liquore dolciastro di ciliegie che sembra il rosolio di un funerale.
Non c’era altro e accettai.
Chiesi il conto, e pensando al rimborso spese, anche lo scontrino.
Lui mi strappo un pezzo di tovaglia di carta unta di brodino di zampe di gallina e ci scrisse sopra 3,50€.

Io dico che è stato meglio mangiare le zampe di gallina pensando a Lei e illudendomi di avercela vicino, che qualsiasi altra cosa da soli e senza pensieri.
E feci bene, perchè ancora per due anni e fu l’unico ricordo che ebbi di Lei.

Poi una volta Lei accettò di vedermi di nascosto dal marito, e per essere sicuri di essere lontani da occhi indiscreti, al largo, sulla mia barca, che allora avevo un piccolo cabinato a vela: il giorno dopo lo lasciò, andammo a vivere insieme e siamo ancora insieme, e ai nostri bambini ho raccontato delle zampe di gallina che è la prima cosa che mangiamo del bollito.
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
Sono particolarmente affezionato al guazzetto di zampe di gallina e vi racconterò perchè.

Era il 2004 ed erano 11 anni che ci provavo inutilmente con Lei, talmente inutilmente che si era addirittura sposata un altro!
Era anche la prima volta che andavo in Portogallo per lavoro.
Arrivai a Lisbona in macchina, dal sud della Spagna, di venerdì.
Il primo appuntamento di lavoro era lunedì mattina, perciò ebbi un po’ di tempo a disposizione per girare bene la città e comprarmi un po' di libri di Josè Mauro de Vasconcelos in un giardino botanico.
Poi, la domenica sera, stufo della città, volli prendere la macchina e zingareggiare su per il Tago cercando un posto per cenare.
Mi andò male e non trovai nulla, finchè ad un certo punto quando iniziavo a disperare, trovai sulle sponde del fiume una festa popolare con i festoni, i tavolacci e le panche.
Posteggio, mi siedo e aspetto che arrivi qualcuno a chiedermi cosa voglio.
Come per miracolo, arriva Lei e mie chiede cosa desidero.
Non ci potevo credere: Lei a fare la cameriera ad una festa di paese in Portogallo!
No, non era Lei, ma le somigliava tantissimo, da restare come di sale.
- Vorrei cenare. Cosa avete di buono? – domando io in un portoghese non proprio accademico e una faccia che dovevo sembrare il Coniglio Pasquale.
- mi dispiace – rispose Lei – ma non abbiamo nulla per cena –
Io non capii: tutti che mangiavano a quattro palmenti una specie di stufato.
- Ma stanno mangiando tutti... – provai a ribattere io
- Non è un posto per stranieri, mi dispiace –
- Guardi che pago – la rassicuro io, tiro fuori il portafogli e (anche se so che è da maleducati, ma non sapevo cosa fare) le faccio vedere che non è vuoto.
- No, no – insiste lei – vado a chiamare mio padre –
- Ma cosa centra tuo padre! – pensai io.
Arriva sto qui che sembrava Juan Miranda di Giù la testa! e in uno spagnolo titubante come il mio portoghese, mi ripete che non è un posto per stranieri, ma era tardi e rischiavo di saltare la cena, perciò insistetti per restarci e gli feci vedere i soldi anche a lui.
- non è questione di soldi – disse lui – è che sono zampe di gallina –
- va bene risposi io, le mangio anch’io –
- OK – rispose lui che fece cenno alla figlia che stizzita mi portò il coperto, il pane e mezzo litro di vino.
Dopo un po’, Lei o la sua sosia, mi portò un piattone di stufato di zampe di gallina in un brodino leggermente piccante con pezzettoni di pomodori dolci.
Io ringraziai vivamente, anche perchè mi avrebbe fatto piacere che Lei si sedesse un po’ con me e farci due chiacchiere, ma non mi guardò nemmeno (anche Lei).
Prima mi bevetti il brodo col pane e poi mi rosicchiai le zampette: mi sembrò tutto buonissimo.
Mi sembrò talmente buono che aspettai che mi passasse vicino per dirle che era buonissimo e ne volevo un’alta porzione.
- Não há mais.– mi rispose disinteressata, appunto come Lei.
- Ha mais alguma coisa? –
- Não, não há nada mais –
Oltre a somigliare a Lei, rispondeva anche come Lei.
Dopo cena aspettai seduto sperando di poterle parlare: sapevo che non era Lei, ma un miraggio, per sgarbato che sia, a volte è meglio di nulla, e invece finii per parlare con suo padre che mi chiese cosa volessi da bere.
- Um bagasso – chiesi io, cioè una grappa ruvida.
- Não há – rispose lui – mais se gosta, hà licor de beirao – un liquore dolciastro di ciliegie che sembra il rosolio di un funerale.
Non c’era altro e accettai.
Chiesi il conto, e pensando al rimborso spese, anche lo scontrino.
Lui mi strappo un pezzo di tovaglia di carta unta di brodino di zampe di gallina e ci scrisse sopra 3,50€.

Io dico che è stato meglio mangiare le zampe di gallina pensando a Lei e illudendomi di avercela vicino, che qualsiasi altra cosa da soli e senza pensieri.
E feci bene, perchè ancora per due anni e fu l’unico ricordo che ebbi di Lei.

Poi una volta Lei accettò di vedermi di nascosto dal marito, e per essere sicuri di essere lontani da occhi indiscreti, al largo, sulla mia barca, che allora avevo un piccolo cabinato a vela: il giorno dopo lo lasciò, andammo a vivere insieme e siamo ancora insieme, e ai nostri bambini ho raccontato delle zampe di gallina che è la prima cosa che mangiamo del bollito.
Devo confessare che questo brano (racconto, cronaca, favola, o delirio che sia) mi colpisce molto per motivi per così dire tecnico- letterari.
Perché è una delle storie più tenere che io abbia mai letto, e lo è quasi senza volere, con un tono leggero che sembra voglia far finta di niente: parlare di zampe di gallina per parlare della Cosa che a nominarla è un topos di ogni letteratura, e invece niente, non la nomina, lascia il volatile con arco e frecce a svolazzare altrove, nasconde tutta la dolcezza del racconto in quella maiuscola (Lei) che è un capolavoro di detto-ma-non-detto.
Alla faccia dei corsi di scrittura creativa.
 
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Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
DICONO DI ME di @estersable88

Dopo la famosa e sfortunata Sissi del precedente giornalino, eccomi di nuovo alle prese con un personaggio che non avrei mai pensato di prendere in considerazione. Ma conoscendo la capacità di Ester di rendere affascinante anche il più ostico degli argomenti, ho letto la sua storia con attenzione. Una storia irrisolta, cominciata male a causa di una famiglia disfunzionale, e poi continuata sulla falsariga di un vuoto d'amore incolmabile perché mancante della base di una solida autostima. Eppure, come dice una mia saggia amica, tutti noi costruiamo equilibri sui nostri disequilibri. Forse se lady Diana fosse vissuta, oggi sarebbe una gentildonna generosa e pacificata, realizzata nell'attività sociale e magnanimamente capace di abbracciare anche un passato così doloroso. Non possiamo saperlo.
Possiamo solo, sulla scia della narrazione di Ester, provare compassione per la sua vita come per il dolore di ogni altra esistenza.
*
Concludo affermando che l'Autrice è una scrittrice di valore, anche se secondo me si cimenta in un compito molto arduo, parlare di figure già tanto sfruttate e sulle quali il pregiudizio è già radicato. Per questo mi piace pensare ad Ester come ad una avvocata/investigatrice che riapra dei cold case per scoprire un altro pezzetto di verità, o perlomeno per farci riflettere un attimo sulle verità precotte dei rotocalchi. Bel tentativo!
 

estersable88

dreamer member
Membro dello Staff
DICONO DI ME di @estersable88

Dopo la famosa e sfortunata Sissi del precedente giornalino, eccomi di nuovo alle prese con un personaggio che non avrei mai pensato di prendere in considerazione. Ma conoscendo la capacità di Ester di rendere affascinante anche il più ostico degli argomenti, ho letto la sua storia con attenzione. Una storia irrisolta, cominciata male a causa di una famiglia disfunzionale, e poi continuata sulla falsariga di un vuoto d'amore incolmabile perché mancante della base di una solida autostima. Eppure, come dice una mia saggia amica, tutti noi costruiamo equilibri sui nostri disequilibri. Forse se lady Diana fosse vissuta, oggi sarebbe una gentildonna generosa e pacificata, realizzata nell'attività sociale e magnanimamente capace di abbracciare anche un passato così doloroso. Non possiamo saperlo.
Possiamo solo, sulla scia della narrazione di Ester, provare compassione per la sua vita come per il dolore di ogni altra esistenza.
*
Concludo affermando che l'Autrice è una scrittrice di valore, anche se secondo me si cimenta in un compito molto arduo, parlare di figure già tanto sfruttate e sulle quali il pregiudizio è già radicato. Per questo mi piace pensare ad Ester come ad una avvocata/investigatrice che riapra dei cold case per scoprire un altro pezzetto di verità, o perlomeno per farci riflettere un attimo sulle verità precotte dei rotocalchi. Bel tentativo!
Grazie, Path! <3 Sì, concordo con te: se Diana fosse qui probabilmente sarebbe una filantropa convinta e "pacificata", sì, che bel termine. Ma credo che non rinuncerebbe mai a qualche colpo di testa dei suoi!
Quanto a me, l'immagine che hai creato mi piace... d'altronde il mio genere letterario preferito è il giallo/thriller e avvocata lo sono diventata davvero, anche se poi ho deciso che non era la mia strada. ;)
 

MaxCogre

Well-known member
@Carcarlo intetessante domanda: per il cinese l intonazione non é funzionale alla sintassi emotiva, ma proprio al significato. Quindi questa parte sembrerebbe non valere. Stranamente il pop cinese é incredibilmente simile al pop italiano piu melodico.
 
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qweedy

Well-known member
Per questo mi piace pensare ad Ester come ad una avvocata/investigatrice che riapra dei cold case per scoprire un altro pezzetto di verità, o perlomeno per farci riflettere un attimo sulle verità precotte dei rotocalchi. Bel tentativo!
Ho letto ora "Dicono di me" e pur avendo letto molto di Diana negli anni passati credo che Ester sia riuscita a restituirle l'anima. E' vero, riapre dei cold case per recuperarne il soffio vitale.
Bravissima Estersable, potresti pubblicare un libro con vari "Dicono di me"!

Mi è piaciuta molto anche Donna Petrosilla, per fortuna è tornata! Ci voleva, un po' di sana e ironica leggerezza!

Ho recuperato anche l'altro ragù che mi mancava, quello di Isola. Bello il confronto regionale, brave!
 

Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
@Carcarlo intetessante domanda: per il cinese l intonazione non é funzionale alla sintassi emotiva, ma proprio al significato. Quindi questa parte sembrerebbe non valere. Stranamente il pop cinese é incredibilmente simile al pop italiano piu melodico.
Si potrebbe discutere come si faccia in cinse mandarino ad esprimere il significato e significante di un concetto astratto facendo a meno dell'intonazione, e se ciò valga anche per il cantonese ed altri dialetti di origine sino-tibetana, e analogamente, si potrebbe cercare di capire se il pop cinese e quello italiano melodico abbiano una radice comune precedente allo scollegamento dei popoli indo-europei da quelli trans-siberiani che poi scesero lungo il fiume Giallo, purtroppo però, siccome non ho chiaro quello che hai scritto (sono proprio ignorante in materia), se me lo spieghi, magari non entro nella discussione, ma almeno posso dire Ah! Grazie. ;)
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
Durelli? Gli stomaci delle galline sono 100% muscolo, tutte proteine, niente grassi. Vuoi stare a dieta e mettere su massa muscolare? Brodo di durelli e durelli! Brodo di durelli e durelli!! Brodo di durelli e durelli!!!
Li ho provati, sono buoni.
Costano poco ma solo se hai la pentola a pressione, altrimenti per la lunghezza della cottura finisce che spendi di gas quel che risparmi sulla carne.
Comunque una buona idea.
Scusate l'OT.
🙋‍♀️
 

greenintro

Active member
Continuando a spulciare il Giornalismo, scopro sempre nuove perle. Tra le altre, mi sento di fare moltissimi complimenti a @estersable88 per avere descritto con grande accuratezza e un bellissimo stile di scrittura la personalità e la vita di Lady Diana, mettendo in luce la complessità della sua vita interiore, contrassegnata e anche lacerata dal conflitto tra la sua timidezza, le sue insicurezze, le sue difficoltà nell'adeguarsi ai ritmi, alle regole della vita di corte da un lato, e dall'altro la sua determinazione nel portare avanti i suoi ideali di giustizia e il suo desiderio di dare e ricevere amore, creando una sintonia sentimentale con i cuori del popolo. Foriero di riflessioni l'articolo sulla musica di @MaxCogre. Non sono in grado di occuparmi degli aspetti più tecnici, ma il rapporto tra musica e linguaggio ha stimolato il mio interesse, mi ha fatto riflettere su quanto effettivamente l'idea di orecchiabilità che fa sì che l'ascolto di una melodia susciti una sensazione di gradevolezza data proprio a mio avviso, dal fatto che riconosciamo in essa un aspetto di familiarità, proprio in quanto intuiamo una qualche analogia fra andamento melodico e linguaggio verbale a cui accostiamo dei significati comprensibili alla nostra mente. Una certa melodia ci appare bella, orecchiabile, in quanto non mero ammasso caotico di note, ma allusiva di un linguaggio i cui caratteri estetici, intervalli, pause, tonalità riflettono il contenuto emotivo del linguaggio verbale, cioè la musica acquisisce una vita interiore. Bella anche la recensione cinematografica di @alessandra di un film che non conoscevo, ma capace di dare un esaustivo profilo della protagonista, della sua introversione dovuta alla condizione di autismo, introversione che se da un lato inevitabilmente suscita problemi nei rapporti con l'ambiente circostante, dall'altro non viene vissuta in modo angosciante, preservando uno stato di serenità appena immalinconito dal dispiacere delle difficoltà di comprensione dei sentimenti altrui. Questo connubio poetico tra serenità e malinconia, ben descritto nella recensione, contribuisce a creare l'idea di un accostamento ben preciso, quello con un altro film, "Il magico mondo di Amelie" la cui protagonista sembra davvero essere il corrispettivo occidentale del film recensito (almeno per come me ne hanno sempre parlato, non ho ancora visto nemmeno il film francese, ma vorrei farlo presto).
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
UNO SCRITTORE E UNA CITTA' di @Grantenca

Gentile collega di forum, in quest'articolo ho ritrovato con piacere uno scrittore che mi è sempre stato caro, Giorgio Bassani.
Nel tuo scritto però c'è qualcosa in più di un semplice resoconto su un autore e su una città, c'è davvero una contenuta passione per Ferrara e per la sua storia, oltre al dichiarato orgoglio di una vita vissuta in un posto splendido e ricco di arte.
Dei libri che hai citato alcuni li conosco, sia per averli letti sia per aver ascoltato gli audiolibri.
Invece mi manca quello che hai descritto cioè l'Airone. Però l'hai raccontato in un certo modo, che mi hai fatto nascere il desiderio di leggerlo. E così è iniziata la ricerca.
Su Internet Archive non c'è. Ma cercando su Google ho trovato l'anteprima; sono poche pagine ma da esse emerge il particolare clima emotivo che permea tutta la vicenda e che tu hai lasciato intuire molto efficacemente.
Mi permetto di sottolineare una frase dell'anteprima che mi sembra significativa:
<< Ed ecco, avvicinandosi al grande letto matrimoniale di legno scolpito, rossastro, dove lui, figlio unico, era stato concepito, e dove, dal '39 in poi, aveva dormito così di rado con sua moglie, per la seconda volta in quella mattina si sentì invadere da uno strano senso di assurdità. Ancora una volta era come se fra lui e le cose che vedeva si levasse una specie di sottile e trasparente lastra di vetro. Le cose tutte di là; e lui, di qua, a guardarle ad una ad una e a meravigliarsene >>.
Fra queste poche righe e la tua descrizione, credo di aver capito che mi piacerebbe molto leggere questo romanzo e immergermi nell'atmosfera di straniamento che sicuramente esprime.
Non contenta di questi assaggi sono anche andata a cercare le descrizioni dei luoghi in cui si svolge la vicenda, ed ho trovato questo video
.
Insomma, una piccola full immersion in questo angolo dell'universo di Bassani, per la quale sono debitrice a te e al tuo articolo interessante.
 
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Grantenca

Well-known member
UNO SCRITTORE E UNA CITTA' di @Grantenca

Gentile collega di forum, in quest'articolo ho ritrovato con piacere uno scrittore che mi è sempre stato caro, Giorgio Bassani.
Nel tuo scritto però c'è qualcosa in più di un semplice resoconto su un autore e su una città, c'è davvero una contenuta passione per Ferrara e per la sua storia, oltre al dichiarato orgoglio di una vita vissuta in un posto splendido e ricco di arte.
Dei libri che hai citato alcuni li conosco, sia per averli letti sia per aver ascoltato gli audiolibri.
Invece mi manca quello che hai descritto cioè l'Airone. Però l'hai raccontato in un certo modo, che mi hai fatto nascere il desiderio di leggerlo. E così è iniziata la ricerca.
Su Internet Archive non c'è. Ma cercando su Google ho trovato l'anteprima; sono poche pagine ma da esse emerge il particolare clima emotivo che permea tutta la vicenda e che tu hai lasciato intuire molto efficacemente.
Mi permetto di sottolineare una frase dell'anteprima che mi sembra significativa:
<< Ed ecco, avvicinandosi al grande letto matrimoniale di legno scolpito, rossastro, dove lui, figlio unico, era stato concepito, e dove, dal '39 in poi, aveva dormito così di rado con sua moglie, per la seconda volta in quella mattina si sentì invadere da uno strano senso di assurdità. Ancora una volta era come se fra lui e le cose che vedeva si levasse una specie di sottile e trasparente lastra di vetro. Le cose tutte di là; e lui, di qua, a guardarle ad una ad una e a meravigliarsene >>.
Fra queste poche righe e la tua descrizione, credo di aver capito che mi piacerebbe molto leggere questo romanzo e immergermi nell'atmosfera di straniamento che sicuramente esprime.
Non contenta di questi assaggi sono anche andata a cercare le descrizioni dei luoghi in cui si svolge la vicenda, ed ho trovato questo video
.
Insomma, una piccola full immersion in questo angolo dell'universo di Bassani, per la quale sono debitrice a te e al tuo articolo interessante.
Per completare questa tua stupenda ricerca, che mai mi sarei aspettato di ispirare, resta solo un piccolo particolare: la lettura del libro!
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
UNA RISPOSTA DI DONNA PETROSILLA - Contributo di Pathurnia a
LA POSTA DI DONNA PETROSILLA di @bouvard
Cara Donna Petrosilla, mi chiamo Susanna e sono tutta panna, amo i colori pastello, le sdolcinature e i toni smielati, amo anche le frasi fatte, i lunghi giri di parole senza che si dica niente di importante, amo le ovvietà e i cieli sempre sereni. Se solo si decidessero nelle scuole a sostituire nel menù la zuppa di lupini con un bel polpettone di interiora come sarebbe più bello il mondo! Non più facce tristi e grigie, ma occhiali rosa e lacrime solo di felicità! Non trova anche lei che sarebbe infinitamente meglio?
Sua Susanna

**********
Cara Susanna, chi non muore si rivede!
Le rispondo un po' in ritardo, ma come lei ben sa meglio tardi che mai. Ho letto con interesse la descrizione dei suoi gusti e delle sue preferenze, e sono convinta che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace, e se a Lei piace il polpettone di interiora è perché Lei ama ogni tipo di interiorità, anche in cucina; insomma, Lei è bella dentro.
E se fin dalla più tenera età Lei ha letto solo romanzi Harmony, come darle torto? E' come voler vedere il bicchiere mezzo pieno! E soprattutto, sì cara Susanna, in questo mondo senza più valori, in questa società liquida dove non c'è più niente di solido, Lei è un faro che brilla nell'oscurità, Lei che di liquido ha solo il contenuto della cavità cranica, Lei è pura e sincera, è chiara come l'acqua.
Lei è sicuramente cara agli Dei.
Concludendo, mi soffermerei quest'ultimo punto, consigliandole un completo check up allo scopo di preservare la Sua luminosa esistenza, perché.. ehm.. sa bene che fine fa chi è caro agli Dei.
Ma anche a questo c'è rimedio; le basterà seguire il consiglio del Sommo Poeta che certamente pensava a Lei quando vedendola apparire tanto gentile e tanto onesta scrisse il verso immortale: "Cammini per strada mangiando una mela".
Per questo, cara Susanna, non si preoccupi: come dicono gli abitanti della perfida Albione, An apple a day keeps the doctor away.
Continui così e camperà cent'anni. Magari si faccia anche qualche birra, non si sa mai.
Sua
Donna Petrosilla
 
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Carcarlo

Nave russa, vaffanculo!
UNA RISPOSTA DI DONNA PETROSILLA - Contributo di Pathurnia a
LA POSTA DI DONNA PETROSILLA di @bouvard
Cara Donna Petrosilla, mi chiamo Susanna e sono tutta panna, amo i colori pastello, le sdolcinature e i toni smielati, amo anche le frasi fatte, i lunghi giri di parole senza che si dica niente di importante, amo le ovvietà e i cieli sempre sereni. Se solo si decidessero nelle scuole a sostituire nel menù la zuppa di lupini con un bel polpettone di interiora come sarebbe più bello il mondo! Non più facce tristi e grigie, ma occhiali rosa e lacrime solo di felicità! Non trova anche lei che sarebbe infinitamente meglio?
Sua Susanna

**********
Cara Susanna, chi non muore si rivede!
Le rispondo un po' in ritardo, ma come lei ben sa meglio tardi che mai. Ho letto con interesse la descrizione dei suoi gusti e delle sue preferenze, e sono convinta che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace, e se a Lei piace il polpettone di interiora è perché Lei ama ogni tipo di interiorità, anche in cucina; insomma, Lei è bella dentro.
E se fin dalla più tenera età Lei ha letto solo romanzi Harmony, come darle torto? E' come voler vedere il bicchiere mezzo pieno! E soprattutto, sì cara Susanna, in questo mondo senza più valori, in questa società liquida dove non c'è più niente di solido, Lei è un faro che brilla nell'oscurità, Lei che di liquido ha solo il contenuto della cavità cranica, Lei è pura e sincera, è chiara come l'acqua.
Lei è sicuramente cara agli Dei.
Concludendo, mi soffermerei quest'ultimo punto, consigliandole un completo check up allo scopo di preservare la Sua luminosa esistenza, perché.. ehm.. sa bene che fine fa chi è caro agli Dei.
Ma anche a questo c'è rimedio; le basterà seguire il consiglio del Sommo Poeta che certamente pensava a Lei quando vedendola apparire tanto gentile e tanto onesta scrisse il verso immortale: "Cammini per strada mangiando una mela".
Per questo, cara Susanna, non si preoccupi: come dicono gli abitanti della perfida Albione, An apple a day keeps the doctor away.
Continui così e camperà cent'anni. Magari si faccia anche qualche birra, non si sa mai.
Sua
Donna Petrosilla
Cara Susanna,
non sto scherzando: stasera per cena c'ho rognoni di cinghiali trifolati con i (funghi) galletti, mentre il cuore e il fegato li ho congelati per affrontare l'inverno sereno; da bere un vinaccio di Jumilla di 14,5° che ti dovrebbe bastare.
Se puoi vieni, e se no ti avviso in anticipo per quando farò il panino di uova strapazzate con le animelle: i miei figli ne vanno matti.
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
Oibò che squisitezze!
Solo per il vino avrei una preferenza alternativa, sai, da romanticona non potevo prediligere che un Romeo rosso, con i suoi profumi morbidi, ed è anche più leggero.
Comunque stasera non posso, ho una seduta a base di spiriti di tutt'altro tipo al "Club dei Non Morti".

Però grazie, per le animelle ci faccio un pensierino.
 
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lettore marcovaldo

Well-known member
ALLEGATO ESTEMPORANEO AL GIORNALINO

Num. 0 - Dicembre 2023

Lettore Marcovaldo

Storia



LA FORZA DELLA CARTA



Benjamin Franklin e i Paxton Boys

Il famoso politico e scienziato Benjamin Franklin, uno dei padri della costituzione americana, scrisse nel gennaio 1764 un accorato libretto rapidamente diffuso in Pennsylvania dove viveva. Era intitolato "A Narrative of the Late Massacres, in Lancaster County, of a Number of Indians friends of this province by persons unknown".

Nel dicembre del 1763 una milizia paramilitare di immigrati scozzesi e irlandesi nota come i "Paxton Boys" aveva massacrato un gruppo di circa 20 indiani Susquehannock nello stato della Pennsylvania.
La strage era frutto del clima esacerbato a causa di una rivolta indiana allora in corso. I miliziani avevano protestato contro il governatore locale denunciando una insufficiente protezione contro le incursioni dei guerrieri ostili. Ad un certo punto avevano deciso di scaricare odio e frustrazione contro il piccolo gruppo di indiani 'amici' che si era posto sotto la protezione delle autorità.
Ma forse le cause erano da ricercarsi ancora più indietro. Infatti i miliziani era animati da un misto di pregiudizi razziali, intolleranza religiosa e rivendicazioni sociali.

Dal punto di vista religioso infatti, basandosi sulla loro fede presbiteriana, i leader dei Paxton Boys avevano dichiarato che gli indiani erano pagani e dovevano essere distrutti. I Paxton Boys contestavano l'idea di gruppi indigeni 'amici' dicendo che la distinzione tra indiani 'amici' e 'nemici' non era valida. Tutti gli indiani erano nemici e dovevano essere trattati di conseguenza. Inoltre attaccavano anche i bianchi, quaccheri inglesi e moravi tedeschi, che con il loro atteggiamento conciliante mettevano a repentaglio la sicurezza del territorio cercando accordi con le tribù e puntando alla convivenza. La Pennsylvania al tempo infatti era controllata da una elitè politica di fede quacchera.
Infine il fatto che certi territori fossero riservati agli indiani da trattati e accordi era visto come una sorta di riproposizine della rete feudale inglese che di fatto limitava l'accesso alla terra. Da quel punto di vista i Paxton Boys rappresentavano, pur in una visione estremista, alcune delle istanze che avrebbero successivamente portato alla guerra di indipendenza americana.
Tutto sommato la questione degli indiani rientrava in un quadro generale di critica del governo inglese e delle prerogative riconosciute ai coloni.

Il pamphlet di Franklin invece denunciava la violenza cieca di certe forze. Proprio coloro che si eleggevano a portatori di civiltà e ordine, si dimostravano inferiori nei sentimenti di giustizia a popolazioni considerate barbare. Franklin portava esempi di come diversi popoli in differenti aree del mondo e in epoche diverse avessero mostrato senso di giustizia e moralità di fronte a condizioni analoghe.

Lo scritto di Franklin suscitò grande emozione e sdegno per il comportamento dei miliziani.

Nel Febbraio del 1764 i Paxton Boys armarono altri uomini per un nuovo attacco a gruppi indiani che si erano rifugiati vicino a Philadelphia per avere protezione. Fu lo stesso Franklin a raccogliere e organizzare un folto gruppo di armati, compresi quaccheri (in genere contrari alla violenza) che fece desistere i Paxton Boys dal proseguire nei loro intenti.

Comunque dopo questi fatti Franklin preferì allontanarsi dai territori teatro di questi scontri e andare in Europa dove avrebbe vissuto per molti anni appoggiando la causa delle colonie americane (il giorno dell'imbarco dovette essere scortato a causa delle minacce che gli venivano rivolte dai sostenitori dei Paxton Boys).
Tornerà solo anni dopo al centro della scena pubblica e politica americana diventando uno dei protagonisti dell'indipendenza.

Ritratto di Benjamin Franklin
1200px-BenFranklinDuplessis.jpg




Sequoya (tribù dei cherokee)

La tribù dei Cherokee è stata definita una delle "Cinque tribù civilizzate".
Insieme alle tribù dei Choctaw, Seminole, Creek e Chicksaw nel sud-est degli stati uniti si era distinta per aver cercato di integrarsi nel sistema di vita dei coloni americani. I Cherokee forse erano quelli più avanti in questo processo.
Dai primi anni dell'ottocento i Cherokee avevano cercato di seguire lo stile di vita dei bianchi implementando l'agricoltura, assumendo alcune abitudini dei coloni e fondando un governo sulla falsa riga della Repubblica Americana.
Ad un certo punto gli esponenti più facoltosi della tribù avevano costruito case e piantagioni del tutto simili a quelle dei ricchi coltivatori americani della zona. Vestivano come loro e possedevano schiavi.

Uno dei più evidenti tentativi di evoluzione nella cultura dei Cherokee fu l'invenzione di Sequoya.
Sequoya era un Cherokee nato nel 1770 circa che conosceva solo la sua lingua. Per molti anni, con diversi momenti di interruzione, pensò di creare un sistema di scrittura per la lingua Cherokee. Inizialmente si indirizzò verso un sistema di pittogrammi (immagini che rappresentavano singole parole) ma desistette.

Tra il 1812 e il 1813, insieme ad altri membri della sua tribù combattè contro gli indiani Creek a fianco delle truppe statunitensi. Vedendo la grande utilità che avevano i soldati bianchi nel conoscere e usare un sistema di scrittura, Sequoya perseverò nella sua idea e iniziò a pensare di rappresentare le sillabe che componevano le singole parole.

Nel 1821 rese pubblica la sua invenzione di un alfabeto per scrivere la lingua Cherokee.
Creò infatti un sillabario in cui un simbolo rappresenta una sillaba anziché un singolo fonema. Mentre in molte lingue questo risultarebbe difficilissimo nella lingua cherokee gli 85 caratteri inventati da Sequoya (parzialmente ispirati all'alfabeto latino) erano sufficienti ad esprimere tutti i suoni della lingua e a fornire un metodo per la scrittura.

Pur con qualche perplessità e contrasto il sistema venne approvato dal governo tribale nel 1825. All'inizio la lingua scritta fu usata per preservare le formule della religione tradizionale Cherokee e poi a seguire libri di scuola e documenti legali.
Si arrivò nel 1828 alla pubblicazione di un primo giornale in Cherokee: il "Cherokee Phoenix". Il giornale ospitava articoli in cherokee e inglese (la pubblicazione fu interrotta nel 1834 per essere poi ripresa alla fine del novecento in formato cartaceo e on-line).

Ben presto il sistema ebbe una notevole diffusione tra i membri della tribù e in pochi anni le comunità Cherokee risultarono avere un tasso di alfabetizzazione maggiore delle circostanti comunità di coloni americani. Questo modo di tramandare e conservare la lingua fu successivamente molto importante nel mantenere l'identità delle comunità Cherokee.
L'invenzione di Sequoya ha avuto infatti vita lunga ed è arrivata fino ai giorni nostri tanto che nel 2010 Apple ha annunciato che il Cherokee sarebbe stata la prima lingua dei nativi americani disponibile per Iphone. Attualmente ci sono alcune app (ad esempio vocabolari e corsi di lingua) disponibili su Google Play.

Ritratto di Sequoia con il suo sillabario.
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lettore marcovaldo

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Macunajin - Orso in Piedi (tribù dei Ponca)

La tribù dei Ponca è un gruppo di lingua Sioux. Nell'ottocento erano dediti ad alcune attività agricole. Il loro territorio era in prossimità delle "Grandi Pianure" (nell'attuale stato del Nebraska) e di consegunza stagionalmente integravano la loro dieta con la caccia al bisonte. Nella seconda metà del secolo i Ponca si trovarono ad essere trasferiti nel cosiddetto "territorio indiano" a seguito della sottoscrizione di un trattato.

Il territorio scelto dal governo era sgradito ai rappresentanti della tribù ma essi furono forzati ad accettare la destinazione.
I timori dei capi indiani era giustificati. Un ritardo nelle forniture promesse dal governo americano e necessarie alla semina impedì la produzione di un raccolto e molti Ponca di conseguenza morirono di stenti e malattie visto che la riserva offriva scarse risorse.
Tra i morti il figlio più grande del capo Orso in Piedi. Poichè aveva promesso di seppellirne il cadavere nelle terre ancestrali, Orso In Piedi con circa 30 seguaci uscì dalla riserva per andare in Nebraska.

Arrivati sul posto si recarono nella riserva degli indiani Omaha (tribù amica etnicamente affine) che li accolse con benevolenza.
La notizia arrivò però alle autorità governative che diedero ordine di arrestare i Ponca per aver lasciato la riserva.
La locale forza militare, comandata dal Generale George Crook, eseguì l'ordine e trattenne Orso in Piedi e la sua gente a Fort Omaha. Gli ordini erano di rimandarli il prima possibile alla riserva. Ad ogni modo il generale prese in simpatia la causa dei Ponca e
ne ritardò la partenza per dargli tempo di riprendersi dopo il lungo viaggio e ristabilirsi, considerando anche le condizioni in cui erano partiti.

Inoltre Crook fece conoscere la storia dei Ponca a Thomas Tibbles, un avvocato che sosteneva i diritti degli indiani (aveva anche un passato da antischiavista). Tibbles divulgò quindi la vicenda attraverso la stampa.

L'avvocato fece ricorso contro il provvedimento governativo invocando il principio dell'Habeas corpus.
Ossia il principio per cui un individuo può ricorrere davanti ad una corte se ritiene di essere trattenuto dalle autorità senza un valido motivo.

Al processo la difesa di Orso In Piedi denunciò che non c'erano ragioni per trattenere il capo e i suoi uomini. Infatti l'allontanamento dalla riserva non aveva violato alcuna legge.

Alla conclusione del processo, il giudice concesse una dichiarazione a Orso In Piedi che dichiarò, sollevando la mano destra: "Questa mano non è del tuo colore, ma se la pungo, il sangue scorrerà e sentirò dolore". "Il sangue è dello stesso colore del tuo. Dio mi ha fatto, e io sono una persona." Orso In Piedi rivendicava di essere trattato con giustizia secondo le leggi.

Il 12 maggio 1879, il giudice Elmer S. Dundy sentenziò che "un indiano è una persona" ai sensi dell'habeas corpus. Rilevò che il governo federale non era riuscito a dimostrare una base legale per l'arresto e la conseguente prigionia dei Ponca. Aggiungendo che
"Il diritto allo spostamento è un diritto naturale, intrinseco e inalienabile e si estende all'indiano così come alla più fortunata razza bianca".

Questo in prospettiva fu un passaggio molto importante per le tribù indiane perchè stabiliva il primo passo per farle rientrare sotto la sfera della tutela dei diritti individuali garantiti sul territorio americano, al di là delle regole dei trattati.

Il generale fece subito rilasciare gli indiani. Poco dopo dalla presidenza degli Stati Uniti arrivò l'autorizzazione al trasferimento permanente di Orso In Piedi e altri Ponca nelle loro terre di origine in Nebraska.

ritratto di Orso in Piedi
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Tribù degli Objiway

Gli Ojibway sono un gruppo tribale che aveva le sue zone di insediamento tra il Canada e gli stati americani del centro nord. Una tribù di Ojibway è insediata in una riserva vicino a Leech Lake, nel centro nord dello stato del Minnesota.
Il territorio della riserva comprede una vasta area boschiva. Nell'anno 1898 la tribù stava affrontando una serie di annose diatribe con le autorità locali del Servizio Indiano e alcune compagnie di legname.

Le prime era solite procedere ad arresti di membri della tribù per futili motivi portando a processo gli interessati in corti federali molto lontane dalla riserva. Anche semplici testimoni erano costretti a questi lunghi e faticosi viaggi. Le compagnie invece abusavano del loro diritto di raccogliere i tronchi caduti spontaneamente dentro la riserva, tagliando alberi non caduti o provocando incendi che avere così disponibilità di alberi da portare via. Inoltre le compagnie erano solite non pagare la giusta cifra dovuta agli indiani per la raccolta del legname.

L'esasperazione degli Ojibway cresceva di giorno in giorno. Nell'ottobre del 1898 due componenti della tribù furono fermati
da uno sceriffo e un agente del servizio indiano in relazione a un fatto di contrabbando di alcolici. Uno dei due, Bug-O-Nay-Ge-Shigs, fu fermato per essere inviato alla corte Federale (a circa 200 km di distanza). Alcuni componenti della tribù furono avvertiti e fecero in modo di far scappare i due fermati.

La situazione precipitò rapidamente: lo sceriffo chiese aiuto per affrontare gli "indiani ostili" a un vicino forte e ben presto una ottantina tra soldati, elementi della polizia indiana e sceriffi si recarono nella riserva. Buona parte dei militari erano giovani reclute.
Arrivati sulle rive del Leech Lake in prossimità del villaggio degli Objiway i soldati fecero base in una piccola penisola preparandosi a cercare i fuggitivi.

Nel frattempo alcuni uomini (forse solo venti o poco più) della tribù si erano appostati armati intorno al gruppo, celandosi nella boscaglia. Erano tutti esperti cacciatori e buoni tiratori. Non è chiaro chi abbia sparato il primo colpo comunque iniziò una sparatoria. La postazione presidiata dai bianchi era troppo esposta e rimasero bloccati sul posto.
Arrivati a sera gli assediati contarono sette morti e diciannove feriti. Pare che nessun Ojibway fosse stato colpito. I combattenti indiani attesero la notte per dileguarsi e poi fecero in modo di nascondersi in attesa degli eventi.

Presto si scatenò un allarme generale gettando nel panico i cittadini della zona, timorosi di una rivolta indiana. Partì una massiccia mobilitazione militare, mentre i civili formavano gruppi di autodifesa. La stampa pubblicava titoli allarmanti sulla vicenda.

Dopo la battaglia ci fu però un colpo di scena.
Un giornale locale ricevette una lettera firmata dai capi della tribù. Questi denunciavano le prepotenze subite e in particolare il comportamento delle compagnie di legname:
i pagamenti inferiori al dovuto e la devastazione delle terre causate dagli incendi dolosi. Invocavano una commissione imparziale che accertasse i fatti.

Successivamente una commissione dell'Ufficio per gli affari indiani fece numerose visite alla riserva. Concluse i suoi lavori con un rapporto dove le autorità locali e le compagnie di legname furono indicate come maggiori responsabili dei fatti a causa delle ingiustificabili angherie fatte agli Ojibway.
La vicenda si chiuse senza conseguenze per la tribù.

Molti uomini della tribù che si erano nascosti rientrarono poco dopo nella riserva, senza subire nessun provvedimento.
Bug-O-Nay-Ge-Shig invece sparì dalla circolazione e non fece mai ritorno alla riserva.

immagini del lago oggi

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