La poesia del giorno....

HOTWIRELESS

d'ya think i'm stupid?
Testi di canzoni o poesie ?

Avevo inizialmente pensato di inserire quello che segue in un 3D di citazioni, ma mi sono accorto che avrei fatto torto al buon Guccini: perchè questa è vera poesia !!!


Un vecchio e un bambino si preser per mano
e andarono insieme incontro alla sera;
la polvere rossa si alzava lontano
e il sole brillava di luce non vera...

L' immensa pianura sembrava arrivare
fin dove l'occhio di un uomo poteva guardare
e tutto d' intorno non c'era nessuno:
solo il tetro contorno di torri di fumo...

I due camminavano, il giorno cadeva,
il vecchio parlava e piano piangeva:
con l' anima assente, con gli occhi bagnati,
seguiva il ricordo di miti passati...

I vecchi subiscon le ingiurie degli anni,
non sanno distinguere il vero dai sogni,
i vecchi non sanno, nel loro pensiero,
distinguer nei sogni il falso dal vero...

E il vecchio diceva, guardando lontano:
"Immagina questo coperto di grano,
immagina i frutti e immagina i fiori
e pensa alle voci e pensa ai colori

e in questa pianura, fin dove si perde,
crescevano gli alberi e tutto era verde,
cadeva la pioggia, segnavano i soli
il ritmo dell' uomo e delle stagioni..."

Il bimbo ristette, lo sguardo era triste,
e gli occhi guardavano cose mai viste
e poi disse al vecchio con voce sognante:
"Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!"



Il Vecchio E Il Bambino - Francesco Guccini
 

sharazad

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Poesia di Miguel Angel Asturias -
Addormentata una stella! -


Un albero, tagliato dalla selva e portato nell'officina, parla al falegname mentre l'ascia e la sera lo tagliano.
Ma l'albero non sente dolore: sa che il suo mutamento non sarà poi grande, che la sua sostanza non cambierà divenendo tavola, sedia, letto. Pure, di qualcosa sembra rammaricarsi, quasi avvertire una dolce nostalgia..
La nostalgia dei giorni in cui si levava nel cielo e la pioggia si muoveva sulle sue fronde come cosa viva; il rimpianto delle gran notti serene, con le stelle tanto vicine che una di esse era una gemma addormentata tra i rami.

Poesia di Miguel Angel Asturias -
Addormentata una stella! -

Albero, io, m'abbandono, mi consegno.
A te, falegname, mi affido.
Tra i miei rami tenni
addormentata una stella
e nulla m'importa.
L'ascia che taglia,
la sega che sega,
con denti di cagna che mordono.
Albero, io m'abbandono
a te, falegname,
tra i miei rami tenni
sveglia la pioggia,
e nulla m'importa.
Galoppa, galoppa
su di me la tua pialla!
Minimo è il cambiamento! Trascurabile
che sia il tuo tetto ,
la tua tavola, la sedia, il tuo letto.
Sveglia la pioggia
tra i miei rami tenni,
Albero, io m'abbandono
a te, falegname.
Tra i miei rami tenni
addormentata una stella!
 
Rimbaud, intitolato Vocali:

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
io dir un giorno le vostre nascite latenti:
A, nero corsetto villoso delle mosche lucenti
che ronzano intorno a fetori crudeli,

gonfi d'ombra; E, candori di vapori e di tende,
lance di ghiacciai superbi, re bianchi, brividi di umbelle;
I, porpora, sangue sputato, riso di labbra belle
nella collera o nelle ebbrezze penitenti;

U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari,
pace dei pascoli seminati di animali, pace di rughe
che l'alchimia imprime nelle ampie fronti studiose;

O, suprema Tuba piena di stridori strani,
silenzi solcati dai Mondi e dagli Angeli:
-O l'Omega, raggio violetto dei suoi occhi!
 
Ond’elli a me: ‘Si' tosto m’ha condotto.

a ber lo dolce assenzio de’ martri.

la Nella mia con suo pianger dirotto’.

(Dante Alighieri, "Purgatorio", XXIII, 85-87).
 

elesupertramp

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Poichè oggi ho mangiato le prime susine della stagione, mi è tornata in mente questa poesi di Bertold Brecht, che ho studiato alle elementari.


Il susino
nel cortile c'è un susino
quant'é piccolo non crederesti
gli hanno messo intorno una grata
perchè la gente non lo pesti.
se potesse crescerebbe
diventar grande gli piacerebbe.
ma non servono parole
quel che gli manca è il sole.
che è un susino appena lo credi
perchè susine non ne fa.
eppure è un susino e lo vedi
dalla foglia che ha

1934
 

LowleafClod

e invece no
Ascolta, disse la mia anima,
scriviamo per il mio corpo (in fondo siamo una cosa sola)
versi tali
che se, da morto, dovessi invisibilmente tornare sulla terra,
o in altre sfere, lontano, lontano da qui,
e riassumere i canti a qualche gruppo di compagni
(in armonia col suolo, gli alberi, i venti, e con la furia delle onde),
io possa ancora sentire miei questi versi,
per sempre, come adesso che, per la prima volta, io qui segno il mio nome
firmando per l’anima ed il corpo.

Walt Whitman
 

Luisa

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BALZAC

Penso a Balzac con la sua cuffia da notte
dopo trenta ore passate allo scrittoio,
con la testa che gli fuma,
la camicia da notte che gli si attacca
alle cosce pelose mentre
si gratta, indugiando
alla finestra aperta.
Fuori, sui boulevard,
le grasse mani bianche dei creditori
lisciano baffi e cravatte,
giovani signore sognano Chateaubriand
e passeggiano coi giovanotti, mentre
carrozze vuote passano sferragliando, odorose
di grasso e di pelle.
Come un imponente cavallo da tiro, Balzac
sbadiglia, soffia, si trascina
al gabinetto
e, buttando da una parte l'orlo della camicia,
dirige un gran getto di piscio
nel vaso da notte primo Ottocento.
Un venticello s'impiglia
nei pizzi delle tende. Aspetta! Un'ultima scena
prima di dormire. Gli sfrigola il cervello mentre
torna allo scrittoio - la penna,
il calamaio, i fogli sparsi.

(Raymond Carver)
 

zanblue

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"Tu"

"Sei venuta a cercare il mio ruggito,la mia corporatura:hai guardato e hai visto che sono solo un ragazzo.
Hai preso,hai tolto il cuore e così semplicemente,ti sei messa a giocare come una bambina a palla.
E tutte ,come davanti ad un miracolo:" Amare uno così? Ma ti si avventa contro!"
Sarà una domatrice,una che viene da un serraglio!
Io invece esulto,no niente giogo! Impazzito di gioia,saltavo ,come un'indiano a nozze,saltavo tanto mi sentivo allegro,tanto leggero!"

Vladimir Majakovskij​
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
Il vecchio sul lungomare

Sul lungomare quel vecchio
dischiude le borse degli occhi
e guarda le ragazze.

Si sofferma ogni pomeriggio in quel luogo
occhi chiusi contro il sole
fin quando arrivano i passi.

Sono ormai più di quarant'anni
e ancora ne attende il ritorno...
la riconoscerà, ancor oggi.

Il tempo ha velato il volto di Lei;
l'abito, quei passi
ora certo cambiati.

Di traverso le ragazze lo schivano,
s'aggiustano le gonne, rinsaldano la presa sulle borse,
s'affrettano, passato l'argine.

La riconoscerà, dopotutto; difficilmente
capiterà d'incontrare diciottenni
nate nel novecentoquattro.

Douglas Livingstone (Sudafrica)
 

alessandra

Lunatic Mod
Membro dello Staff
La poesia
non è un modo di esprimere un'opinione.
E' un canto
che sale da una ferita sanguinante
o da labbra sorridenti.

Kahlil Gibran
 
Nuda sei semplice (Cento sonetti d'amore, XXVII)

Nuda sei semplice come una delle tue mani,
liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente,
hai linee di luna, strade di mela,
nuda sei sottile come il grano nudo.
Nuda sei azzurra come la notte a Cuba,
hai rampicanti e stelle nei tuoi capelli,
nuda sei enorme e gialla
come l'estate in una chiesa d'oro.
Nuda sei piccola come una delle tue unghie,
curva, sottile, rosea finché nasce il giorno
e t'addentri nel sotterraneo del mondo.
come in una lunga galleria di vestiti e di lavori:
la tua chiarezza si spegne, si veste, si sfoglia
e di nuovo torna a essere una mano nuda.

- Pablo Neruda
 
Preghiera della sera

Vivo seduto, come un angelo alle mani
Di un barbiere, impugnando un ruvido bicchiere,
Collo e ipogastro curvi, una "Gambier" tra i denti,
Sotto i cieli rigonfi di vele trasparenti.

Come caldi escrementi di un vecchio colombaio,
Mille sogni procurano dolci bruciature;
Poi d'improvviso il cuore triste è come un alburno,
Che macchia l'oro giovane e scuro delle linfe.

E poi, quando ho ingoiato i miei sogni con cura,
Io mi volto, bevuti più di trenta bicchieri,
E mi concentro per mollar l'acre bisogno:

Dolce come il Signore del cedro e degli issòpi,
Io piscio verso i cieli bruni, in alto e lontano,
E con l'approvazione degli enormi eliotropi.


Verlaine
 

Mofos 4ever

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Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.
E', quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
Che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Nè io ... che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don ... Don ... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra ...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era ...
sentivo mia madre ... poi nulla ...
sul far della sera.

La mia sera-Giovanni Pascoli
 

Mofos 4ever

New member
Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L'artigiano a mirar l'umido cielo,
Con l'opra in man, cantando,
Fassi in su l'uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua
Della novella piova;
E l'erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passegger che il suo cammin ripiglia.

Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand'è, com'or, la vita?
Quando con tanto amore
L'uomo a' suoi studi intende?
O torna all'opre? o cosa nova imprende?
Quando de' mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d'affanno;
Gioia vana, ch'è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.

O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
E' diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D'alcun dolor: beata
Se te d'ogni dolor morte risana.

La quiete dopo la tempesta-Giacomo leopardi
 

Mofos 4ever

New member
« D'in su la vetta della torre antica,

Passero solitario, alla campagna
Cantando vai finché non more il giorno;
Ed erra l'armonia per questa valle.
Primavera dintorno
Brilla nell'aria, e per li campi esulta,
Sì ch'a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti;
Gli altri augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero ciel fan mille giri,
Pur festeggiando il lor tempo migliore:

Tu pensoso in disparte il tutto miri;
Non compagni, non voli,
Non ti cal d'allegria, schivi gli spassi;
Canti, e così trapassi
Dell'anno e di tua vita il più bel fiore.
Oimè, quanto somiglia
Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
Della novella età dolce famiglia,
E te german di giovinezza, amore,
Sospiro acerbo de' provetti giorni,
Non curo, io non so come; anzi da loro
Quasi fuggo lontano;
Quasi romito, e strano
Al mio loco natio,
Passo del viver mio la primavera.
Questo giorno ch'omai cede la sera,
Festeggiar si costuma al nostro borgo.

Odi per lo sereno un suon di squilla,
Odi spesso un tonar di ferree canne,
Che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s'allegra.

Io solitario in questa
Rimota parte alla campagna uscendo,
Ogni diletto e gioco
Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
Steso nell'aria aprica
Mi fere il Sol che tra lontani monti,
Dopo il giorno sereno,
Cadendo si dilegua, e par che dica
Che la beata gioventù vien meno.

Tu solingo augellin, venuto a sera
Del viver che daranno a te le stelle,
Certo del tuo costume
Non ti dorrai; che di natura è frutto
Ogni vostra vaghezza
A me, se di vecchiezza
La detestata soglia
Evitar non impetro,
Quando muti questi occhi all'altrui core,
E lor fia voto il mondo, e il dì futuro
Del dì presente più noioso e tetro,
Che parrà di tal voglia?
Che di quest'anni miei? Che di me stesso?
Ahi pentirommi, e spesso,

Ma sconsolato, volgerommi indietro. »

Il passero dolitario-Giacomo Leopardi
 
Le conchiglie

Verlaine

Ogni incostrata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.

Una dell'anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

Un'altra imita te nei tuoi languori
E ne pallori tuoi quando, stanca
Ce l'hai con me perchè ho gli occhi beffardi.

Questa fa specchio e come in te s'avvolge
La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;

Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.
 

zanblue

Active member
Scompartimento

L'altra sera sul treno (l'ultimo sempre pieno) una ragazza,
dando ogni tanto un'occhiata rapida in giro,scherzava a voce alta sui suoi
amori finiti male,sul suo nuovo lavoro nello studio di un avvocato,su quanto
lei era brava -però il lavoro:triste- e si faceva i conti in tasca in pubblico,
lira per lira.

Quando si mettono a nudo in questo modo,di fronte a gente mai vista,e la vita
-la loro-te la mettono in piazza come quella di chiunque,così ridotta all'osso,sono
talmente belle certe persone,talmente pure che ti fanno tremare.

Parlano come se fossimo tutti di tutti.Si mettono nelle mani di chi è lì
come un cane che si lascia stringere il muso dal padrone,con le orecchie abbassate
e gli occhi chiusi.

A sentirle parlare,anche tu chiudi gli occhi:sprofondare vorresti.e invece cresci,
dentro diventi ripido,sconfinato e potente
come quel niente che le ha fatte nascere.

Umberto Fiori​
 

luxi

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C'è un tempo per ogni cosa, ora cerco essenze. Sfrondare i libri delle inutili parole. Potare come pulire, ammirare lo scheletro che sostiene.
Forse per questo cerco poesie in questo periodo. Il mio contributo:



Eugenio Montale
I limoni


Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro:
più chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest'odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l'odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.

Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
il tedio dell'inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l'anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d'oro della solarità.
 
Une saison en enfer
(Una stagione all’inferno, 1873)


Un tempo, se ben ricordo, la mia vita era un festino, in cui si aprivano tutti i cuori, tutti i vini scorrevano.
Una sera, ho fatto sedere la Bellezza sulle mie ginocchia.
- E l'ho trovata amara. - E l'ho insultata.
Mi sono armato contro la giustizia.
Sono fuggito. O streghe, miseria, odio, è a voi che è stato affidato il mio tesoro!
Riuscii a far svanire dal mio spirito tutta l'umana speranza.
Su ogni gioia, per strangolarla, ho fatto il balzo sordo della bestia feroce.
Ho invocato i carnefici per mordere, morendo, il calcio dei loro fucili.
Ho chiamato i flagelli per soffocarmi con la sabbia, col sangue.
La sventura è stata il mio dio. Mi sono disteso nel fango.
Mi sono asciugato all'aria del delitto. E ho giocato brutti tiri alla follia.
E la primavera mi ha portato il riso orrendo dell'idiota.
Ora, essendomi trovato di recente sul punto di fare l'ultimo crac!
Ho pensato di cercare la chiave dell'antico festino in cui forse potrei ritrovare l'appetito.
Questa chiave è la carità. - Questa ispirazione dimostra che ho sognato!
«Tu resterai iena, ecc.», ribatte il demonio che mi ha incoronato di così amabili papaveri.
«Giungi alla morte con tutti i tuoi appetiti, e il tuo egoismo e tutti i peccati capitali.»
Ah! ne ho avuto fin troppo: - Ma, caro Satana, te ne supplico, una pupilla meno irritata! e in attesa di qualche piccola vigliaccheria ritardataria, voi che amate nello scrittore l'assenza di facoltà descrittive o istruttive, strappo questi pochi turpi foglietti dal mio taccuino di dannato.

 
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