La poesia del giorno....

qweedy

Well-known member
Ogni tanto
sai come mi salvo?
rimango con me
fin dall'inizio, fino alla fine,
mi invito alla passeggiata
tra le stradine di collina
sciolgo i nervi a colpi di tramonti
tolgo il nervoso tra i grani mietuti
e cammino
con le mani in tasca
perché nessuno deve vedere
come dirigo l'orchestra silenziosa
del vento che mi porto dentro

ogni tanto mi salvo da solo
non esco
resto a casa
a far vedere al camino
di quante castagne sono capace
a far vedere alla sedia a dondolo
quanti libri mangio in una notte
a far capire a me stesso
che anche soli
si può essere tutto il resto

ogni tanto mi salvo
prendendomi con calma
mollo la presa
delle cose che tengo stretto
e lascio andare
chi decide di allontanarsi troppo
e mi avvicino
alle cose che tendono
a venirmi incontro

ogni tanto
sai come mi salvo?
rimango con me
fino a che la malinconia non finisce il turno di notte,
fino a che la gioia non attacca come la neve convinta
fino a che non inizio a rispondere
alle domande che mi faccio
-dove stai andando?
-non lo so!
-sei felice?
-è capitato!
-puoi farcela?
-ci provo!

ogni tanto mi salvo
che non mi importa dove vanno gli altri,
io rimango con me.

Gio Evan
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
C’E’

Procede per prove ed errori.

Si è voluta così.
Perfetta, in quanto mai finita.
Eterna perché sempre sbagliata.
Capace di narrare ogni nanosecondo un'epopea
disfacendo genomi ed altre bizzarrie.

E' seria nella sua inconsistenza.
Come pretendere di cogliere la linea
dall'interno di un miliardesimo di punto?

Scagliarsi fuori, pensare l'impensabile.
Smemorando la trama
affermare il disegno.

L'abbraccio che traccia percorsi neuronali
di accoglimento.
La stretta di mano della fratellanza.
Il gesto che solleva il ferito.
Il bacio sulla lacrima.

Adagiare piantine nel solco
assorti in qualcosa che riunisce
aria
seme
radice che conquista il terreno
foglia che spazia il giorno.

Straripare di sè per altri argini
attendere e non attendere il tempo fra i respiri
dilatare il momento toccandosi la mente
essere fonte
e un risalire inverso alla corrente.
(Pathurnia original)

 

qweedy

Well-known member

A galla

Chiari mattini,
quando l’azzurro è inganno che non illude,
crescere immenso di vita,
fiumana che non ha ripe né sfocio
e va per sempre,
e sta – infinitamente.

Sono allora i rumori delle strade
l’incrinatura nel vetro
o la pietra che cade
nello specchio del lago e lo corrùga.
E il vocìo dei ragazzi
e il chiacchiericcio liquido dei passeri
che tra le gronde svolano
sono tralicci d’oro
su un fondo vivo di cobalto,
effimeri…

Ecco, è perduto nella rete di echi,
nel soffio di pruina
che discende sugli alberi sfoltiti
e ne deriva un murmure
d’irrequieta marina,
tu quasi vorresti, e ne tremi,
intento cuore disfarti,
non pulsar più! Ma sempre che lo invochi,
più netto batti come
orologio traudito in una stanza
d’albergo al primo rompere dell’aurora.

E senti allora,
se pure ti ripetono che puoi
fermarti a mezza via o in alto mare,
che non c’è sosta per noi,
ma strada, ancora strada,

e che il cammino è sempre da ricominciare.

Eugenio Montale

415998244_776811887822755_6564301463673965426_n.jpg
 
Ultima modifica:

Shoshin

Goccia di blu
Nel profumo dei fiori
Il fiume si allarga in uno stagno
Svanisce in trasparenza
Nell'ombra dolce dei vecchi olmi
E l'acqua dormiente con le sue profondità oscure
Ferma
Calma
Nella sua sosta incerta davanti al mare
Riflette il mio volto
Rilassato
Per un attimo rubato al tempo


Robert Notenboom


Cammino avvolta da una strana luce
che si fa strada tra le nuvole basse.
Leggo questa poesia che mi è stata
inviata da una persona che mi vuol bene.
È un tutt'uno con ciò che mi circonda.
Mi sento molto piccola al centro del tutto.
 

qweedy

Well-known member
Silenzio

Perdonami se spesso al tuo silenzio
non so risponder che col mio silenzio.
Vedo trascorrer come un triste fiume
il tuo dolore, e simile mi faccio
a te, muta corrente, e ti accompagno
lungo il tuo stanco, affaticato andare.

Lalla Romano, Poesie, Einaudi
 

Shoshin

Goccia di blu
Come il mare

Anche lei era come il mare
non si arrendeva mai al sole
né le importava di sedurlo.
Era bella poco prima dell'alba
o poco dopo il tramonto.


Titos Patrikios
 

qweedy

Well-known member
Incondizionato

Disposta a provare solitudine,
scopro connessioni ovunque;
fronteggiando la mia paura,
incontro la guerriera che è in me;
aprendomi alla perdita,
ottengo l'abbraccio dell'universo;
arrendendomi al vuoto,
trovo pienezza sconfinata.

Ogni stato d'animo che evito mi insegue,
ogni stato d'animo che accetto mi trasforma,
e si trasforma esso stesso
in radiosa e preziosa essenza.

Mi inchino a chi ha deciso che così fosse,
a chi ha creato questo gioco magistrale.
Giocarlo è delizia purissima,
onorarne la forma è vera devozione.

Jennifer Paine Welwood
 

Shoshin

Goccia di blu
Sai chi mi disegna i passi?
Chi mi detta di partire di tornare di sostare?
Chi mi dice «lascia»?
Chi mi dice «prendi»?
Una luce pulsante
la sua vita è la sua intermittenza
la mia è manovrata dalle sue oscillazioni
la tenuità di un segno a matita
sempre provvisorio perché non mi sopravviva.
Seguo l’evidenza della luce che non vedo
ma sulla pelle avverto: sí, sí, sí.

Chandra Candiani da 'Pane del bosco.' Einaudi
 

Pathurnia

if you have to ask what jazz is you'll never know
Se avessi il drappo ricamato del cielo,
Intessuto dell’oro e dell’argento e della luce,
I drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte
Dai mezzi colori dell’alba e del tramonto,
Stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi:
Invece, essendo povero, ho soltanto sogni;
E i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;
Cammina leggera, perché cammini sui miei sogni.

WILLIAM BUTLER YEATS
 

qweedy

Well-known member
Bambina mia,
Per te avrei dato tutti i giardini
del mio regno, se fossi stata regina,
fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.
Tutto il regno per te.

E invece ti lascio baracche e spine,
polveri pesanti su tutto lo scenario
battiti molto forti
palpebre cucite tutto intorno.
Ira nelle periferie della specie.
E al centro,
ira.

Ma tu non credere a chi dipinge l’umano
come una bestia zoppa e questo mondo
come una palla alla fine.
Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e
di sangue. Lo fa perché è facile farlo.
Noi siamo solo confusi, credi.
Ma sentiamo. Sentiamo ancora.

Sentiamo ancora. Siamo ancora capaci
di amare qualcosa.
Ancora proviamo pietà.
Tocca a te, ora,
a te tocca la lavatura di queste croste
delle cortecce vive.
C’è splendore
in ogni cosa. Io l’ho visto.
Io ora lo vedo di più.

C’è splendore. Non avere paura.
Ciao faccia bella,
gioia più grande.
L’amore è il tuo destino.
Sempre. Nient’altro.
Nient’altro. Nient’altro.

Mariangela Gualtieri
 

Shoshin

Goccia di blu
La neve difende la propria solitudine
non vuole finestre illuminate
accanto a sé
solo lei deve risplendere.
Non vuole impronte umane
su di sé
solo cani, gatti, volpi
e cornacchie devono lasciare impronte
essi hanno il suo stesso silenzio
dentro di loro
come la luna e le stelle.

Gunvor Hofmo
 

qweedy

Well-known member
Un po' amara:

L'arte di perdere

L'arte di perdere non è difficile da imparare;
così tante cose sembrano pervase dall'intenzione
di essere perdute, che la loro perdita non è un disastro.

Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta il turbamento
delle chiavi perdute, dell'ora sprecata.

L'arte di perdere non è difficile da imparare.

Poi pratica lo smarrimento sempre più, perdi in fretta:
luoghi, e nomi, e destinazioni verso cui volevi viaggiare.

Nessuna di queste cose causerà disastri.

Ho perduto l'orologio di mia madre.
E guarda! L'ultima, o la penultima, delle mie tre amate case.

L'arte di perdere non è difficile da imparare.

Ho perso due città, proprio graziose.
E, ancor di più, ho perso alcuni dei reami che possedevo,
due fiumi, un continente.

Mi mancano, ma non è stato un disastro.

Ho perso persino te (la voce scherzosa, un gesto che ho amato).

Questa è la prova. È evidente,
l'arte di perdere non è difficile da imparare,
benché possa sembrare un vero disastro.

ELIZABETH BISHOP
 

qweedy

Well-known member
Si costruiscono zattere anche
per non salvarsi, per non
raggiungere approdi ma
perderli, e lo si fa
intenti, odiandosi quasi
serenamente, sapendo che
Penelope non aspetta
al di là del mare,
e nient’altro
che mare
c’è.

Alessandro Ricci
da L'editto finale
 

qweedy

Well-known member
Disposta a provare solitudine,
scopro connessioni ovunque;
fronteggiando la mia paura,
incontro la guerriera che è in me;
aprendomi alla perdita,
ottengo l'abbraccio dell'universo;
arrendendomi al vuoto,
trovo pienezza sconfinata.

Ogni stato d'animo che evito mi insegue,
ogni stato d'animo che accetto mi trasforma,
e si trasforma esso stesso
in radiosa e preziosa essenza.

Mi inchino a chi ha deciso che così fosse,
a chi ha creato questo gioco magistrale.
Giocarlo è delizia purissima,
onorarne la forma è vera devozione.

Jennifer Paine Welwood
 

Shoshin

Goccia di blu
Inverno

La neve scricchiola come pane caldo
e la luce è limpida come lo sguardo di certi esseri umani,
e penso al pane e agli sguardi
mentre cammino nella neve.
Oggi è domenica e mi sembra
che il mattino non sia soltanto sulla terra
ma che sia entrato dolcemente nella mia vita.
Vedo il fiume come acciaio scuro
scendere attraverso la neve.
Vedo il biancospino: fiammeggia il rosso,
frutto acido di gennaio.
E il querceto, sulla terra bruciata,
resiste in silenzio.

Oggi, domenica, la terra è simile
alla bellezza e alla necessità
di ciò che amo di più.



Antonio Gamoneda
 

Shoshin

Goccia di blu
Come onorare la musica
ascoltarla senza agire
senza sequenze di commenti
come tacere non di fronte
ma dentro la musica
come lasciare che mi disfi
il cuore e mi scombini il pensiero.
Un paesaggio sonoro
ci affronta ovunque e ci invita:
essere musica è fuga dal rumore
è orecchio sinfonico
verso la voce del silenzio
verso la conta
di quello che resta.

Chandra Candiani da 'Pane del bosco.' Einaudi
 

Shoshin

Goccia di blu
Una stella

Prendi la tua penna stasera e disegna la tua stella splendente
dopo vai a letto
Alla stella spunteranno le ali
e lascerà il foglio bianco all'alba


Mohamed Ghozzi
 

qweedy

Well-known member
Di tutto ciò che si colse nei giorni pieni
cosa è abbastanza durevole da resistere ancora?
Un po' di stupore. Forse vive solo
un gesto e poco nel ricordo.
Ci fu il vento, la sera, di tante primavere
rimase solo un suono, e il giorno più lontano
è quello appena trascorso.

Questa si chiama vita, quest'altra si chiama morte.

Günter Eich
da Poesia n.310
 

Shoshin

Goccia di blu
Poesia Zingara

Non aspettatevi da me frasi brillanti
ma la ruvida lingua delle foglie.
La lingua lenta della luna
e delle notti.
Altri sapranno. Altri capiranno.
Altri governeranno le parole.
Io conosco soltanto frasi d’era
e la traccia che il vento
lascia tra le messi.


Bronislawa Wais "Papusza"

Breve storia di Papusza
dal web


Bronisława Wajs, meglio nota come Papusza (Lublino, 17 agosto 1908 – Inowrocław, 8 febbraio 1987) è stata una poetessa e cantante polacca di etnia rom.

Conosciuta con il suo nome gitano Papusza, Bronisława nacque da una famiglia di arpisti e fu la prima e forse più famosa poetessa rom dopo la Seconda Guerra Mondiale. Espresse con passione la portata delle sofferenze del suo popolo durante la guerra ma anche l'amore per la vita e per la natura.

È cresciuta con la sua famiglia in Polonia come parte di una kumpania o di una banda di famiglie. Papusza ha imparato a leggere scambiando polli in cambio di lezioni con gli abitanti dei villaggi locali. Ciò era mal visto, e ogni volta che Papusza veniva trovata a leggere veniva picchiata e il libro distrutto. Si sposò in una cerimonia tradizionale a 15 anni con un arpista molto più anziano e riverito, di nome Dionizy Wajs. Papusza era molto scontenta del matrimonio e prese a cantare come sfogo per le sue frustrazioni, con suo marito che spesso la accompagnava con l'arpa. Poco dopo aver imparato a cantare, ha iniziato a comporre le sue ballate e le sue canzoni basate sul racconto e sulla tradizione cantautorale dei rom polacchi.

Nel 1949 fu notata dal poeta polacco Jerzy Ficowski che riconobbe immediatamente il suo talento. Molte delle sue poesie parlavano di "Nostos" (greco per "un ritorno a casa"), un tema comune nella poesia dei romani. Sebbene i rom lo usassero per descrivere il desiderio di tornare sulla strada aperta, Ficowski lo interpretò come il desiderio di Papusza per una vita sedentaria. Papusza pubblicò diverse sue poesie in una rivista chiamata Problemy insieme a un'intervista con il poeta polacco Julian Tuwim. Sebbene da un lato il poema abbia reso Papusza nota per la prima volta tra il pubblico polacco, dall'altro l'intervista e, soprattutto, il minidizionario romanì-polacco ad esso collegato, hanno causato una svolta negativa nella vita della poetessa, accusata di rivelare i segreti della sua cultura nativa ai gadjos (non-rom). Le sue attività furono associate da alcuni rom ai movimenti simultanei del governo comunista polacco che trovò il suo culmine nel settembre 1952, noto in vari modi come "Azione C", o "Il grande arresto", che mirava a creare il primo censimento dei polacchi Sinti e Rom, la loro registrazione e assegnazione obbligatoria delle carte d'identità. Le accuse a Papusza e Ficowski come sostenitori, anche involontari, dell'insediamento forzato di Rom, non sono neppure rare, sebbene la legge che impone il divieto di vagabondaggio fu introdotta solo nel 1964. Una legislazione simile apparve anche in paesi vicini come la Cecoslovacchia (1958), la Bulgaria (1958) e la Romania (1962). La stessa Papusza si stabilì nella città polacca occidentale di Gorzów Wielkopolski, trascorrendo gran parte del resto della sua vita in una casa in via Kosynierów Gdyńskich che oggi porta una targa a lei dedicata.
 
Alto